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Chiesa di Santa Maria della Scala (Messina)

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Chiesa di Santa Maria della Scala
Chiesa di Santa Maria della Scala
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneSicilia
LocalitàMessina
Religionecattolica di rito romano
Arcidiocesi Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela
Inizio costruzione1347

La chiesa di Santa Maria della Scala è stata una chiesa della città di Messina, opera del 1347. Fu distrutta dal terremoto del 1908. L'aggregato monumentale chiesa - monastero sorgeva sulla piazza di San Giovanni Battista Gerosolimitano, sull'area compresa tra viale Boccetta e via XXIV Maggio.[1][2][3]

La sua fabbricazione risale al 1347 quando le monache Benedettine, che abitavano il monastero di Santa Maria della Valle fuori le mura, ai piedi delle colline di San Rizzo, nel greto del torrente San Michele, portarono in città, con grande pompa di popolo e di autorità, per porre fine ad una terribile pestilenza, l'immagine della Madonna della Scala di loro proprietà.[4]

La devozione del popolo messine era tale che l'armatore Antonio Falanga nel 1422 venne incaricato alla costruzione di una nave, con il contributo di un corrispettivo di 6 onze d'oro da parte di Nissim Bracha ebreo di Messina (anche a comprovare gli ottimi rapporti tra comunità ebraica e cittadini cristiani), a condizione di navigare in "quascumque parte vel locum Mundi" sotto il vessillo in poppa della Madonna della Scala.

Col tempo le suore vi si stabilirono, lasciando la Badiazza come residenza estiva, per poi abbandonarla del tutto dopo che il Concilio di Trento impose loro la rigida clausura.[1][5] La chiesa aveva due prospetti: il principale prospetto sulla via dei Monasteri, il laterale prospetto verso il Torrente Boccetta.

I prospetti erano ricoperti per buona metà dell'altezza da pietre bugnate, sistemate in modo da conferire all'insieme un che di pittoresco; le due porte erano assai antiche, specie la maggiore che apparteneva alla soppressa chiesa di Castellammare. Nel 1723 fu portato a compimento la facciata.[1]

Il terremoto della Calabria meridionale del 1783 causò il crollo della cupola che impose un lungo ciclo di restauri.

Epoca contemporanea

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Il terremoto di Messina del 1908 determinò gravissimi danni che culminarono con la demolizione dei manufatti superstiti. La speculazione edilizia ne decretò la definitiva demolizione nel 1976.

L'area su cui sorgeva il complesso fu ceduta per edificare l'isolato 374, la chiesa col medesimo titolo fu ricostruita nei pressi di Piazza Cairoli, senza utilizzare nessuno degli elementi superstiti, dall'architetto Antonio Zanca, di piccole dimensioni nelle immediate adiacente del palazzo della Standa.

Monastero di Santa Maria della Scala

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Grangia cittadina del monastero di Santa Maria della Valle, quest'ultimo considerato la sede "estiva", è inizialmente popolato dalle monache più anziane o più cagionevoli di salute.[1]

Per preservare l'immenso archivio, comprendenti le preziose pergamene attestanti i privilegi reali concessi, dalle purghe e dal fuoco purificatore usato per debellare i focolai d'epidemia di peste, le raccolte documentali furono segretamente imbarcate per essere trasferite nel porto di Catania e destinate al monastero di San Nicolò l'Arena per la custodia. Sventuratamente la nave naufragò prima dell'attracco e l'archivio andò irrimediabilmente perduto, compreso la concessione di Guglielmo II di Sicilia che conferiva alla badessa la podestà di eleggere il "Mastro di Fiera".[6]

  • 2 agosto Madonna della Scala, Solennità e funzione processionale documentata, riconducibile alla ricorrenza per la liberazione in seguito della temuta invasione delle armate ottomane capeggiate da Khayr al-Din Barbarossa del 1543.[1]
Madonna della frutta o Madonna col Bambino, maiolica.

Opere scampate ai terremoti oggi custodite al Museo regionale di Messina:

Il portale centrale, già appartenuto alla chiesa di Castellammare e proveniente da quel sito nel 1466, è stato ricomposto nel cortile interno assieme a quello laterale nella cui lunetta reca scolpita l'immagine della Madonna della Scala. Nella spianata giace smontata parte della facciata in bugne.

  1. ^ a b c d e f g Caio Domenico Gallo, pp. 212.
  2. ^ Placido Samperi, pp. 44.
  3. ^ Pagina 69, Giuseppe Martinez, "Icnografia e guida della città di Messina" [1] Archiviato il 30 ottobre 2018 in Internet Archive., Messina, Tipografia Ribera, 1882.
  4. ^ Caio Domenico Gallo, pp. 211.
  5. ^ a b c d Placido Samperi, pp. 327.
  6. ^ Placido Samperi, pp. 316.
  7. ^ a b c d Giuseppe Fiumara, pp. 65.
  8. ^ a b c Giovanna Power, pag. 23.
  9. ^ a b c Pagina 154, Guglielmo Capozzo, "Memorie su la Sicilia tratte dalle piu celebri accademie e da ..." [2], Volume III, Tipografia Bernardo Virzì, Palermo, 1842.
  10. ^ Pagina 56, Gaetano Grano, Philipp Hackert, "Memorie de' pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII sino al secolo XIX." [3] Archiviato il 10 novembre 2016 in Internet Archive., Messina, 1821.
  11. ^ Pagina 715, Gioacchino Di Marzo, "I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI; memorie storiche e documenti" [4], Conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana Lazelada di Bereguardo, Volume I e II, Palermo, Stamperia del Giornale di Sicilia.

Voci correlate

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Altri progetti

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