Carta italiana del restauro (1932)
La Carta italiana del restauro fu redatta nel 1932 dal Consiglio superiore per le antichità e belle arti, riprendendo la struttura e i contenuti della carta di Atene redatta l'anno precedente.
Struttura
[modifica | modifica wikitesto]Questo documento fu redatto allo scopo di conservare e preservare la grande quantità di opere d'arte architettoniche e non, presenti sul territorio nazionale, che rappresentano, e rappresentavano anche 80 anni fa, un patrimonio ineguagliabile nel mondo.
«Il Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti portando il suo studio sulle norme che debbono reggere il restauro dei monumenti [...perché...] edotto dalla necessità di mantenere e di perfezionare il primato incontestabile che in tale attività, fatta di scienza, di arte e di tecnica, il nostro paese detiene»
Questo è il primo passo della carta[1] che sotto l'influenza di Gustavo Giovannoni, cerca di dare forza a questo primo documento attingendo a concetti densi di valori storici ed estetici che gli organi della "cultura ufficiale" del regime fascista sfruttano e sanciscono nel documento.
Riassumendo, la "carta" si prefigge la conservazione attenta e minuziosa degli edifici storici, e detta alcune norme e principi da adottare in essa:
- Si deve dare massima importanza alle cure assidue di manutenzione e riconoscimento delle opere (si riprende l'idea di John Ruskin).
- Devono essere conservati tutti gli elementi aventi un carattere artistico o storico senza che, per adempiere al principio di unità stilistica, vengano esclusi alcuni elementi. Infatti con questa carta vengono banditi tutti i tipi di sventramenti, Giovannoni sosteneva che bisognava agire in maniera meno invasiva.
- Nelle aggiunte che si devono fare necessariamente il criterio da seguire deve essere quello che gli elementi aggiunti devono avere un carattere di nuda semplicità e di rispondenza allo schema costruttivo.
- Queste aggiunte devono essere designate o con materiale differente da quello primitivo o con l'adozione di cornici di sviluppo o con l'applicazione di sigle o epigrafi che verificano e danno informazioni sul lavoro di restauro effettuato.
Finalità del restauro
[modifica | modifica wikitesto]Sono quindi quelle di conservare i monumenti come documenti d'arte e storia tradotti in pietra. Per questo si rifiutano proposte di ripristino, limitandosi a ristabilire solo l'unità di linea (cioè le sagome, i volumi, non i dettagli e i particolari stilistici) di un edificio. L'accento è posto anche sull'importanza della manutenzione, che può permettere di rimandare il restauro vero e proprio rinviandolo al più tardi possibile.
Giovannoni non ha fiducia nelle possibilità dell'architettura moderna, è convinto che nel restauro sia preclusa ogni possibilità d'incontro tra antico e nuovo; quando pensa all'aggiunta, quindi, prende in considerazione un intervento neutro, distinto dall'originale per materiale e lavorazione.
Nonostante lo sforzo di Giovannoni il documento rimase allo stato di semplice circolare amministrativa, incapace di agire sulle azioni dello stesso ministero con il potere/dovere sulla tutela del patrimonio.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Benito Paolo Torsello, Che cos'è il restauro? - Nove studiosi a confronto, Venezia, Marsilio Editori, 2005. ISBN 88-317-8645-8
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Gustavo Giovannoni
- Restauro architettonico
- Conservazione preventiva
- Carta del restauro di Atene
- Carta di Venezia
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Il testo della "Carta italiana del restauro" sul sito InfoRestauro.org