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Banco di Sant'Ambrogio

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Il Banco di Sant'Ambrogio è stato il "banco pubblico" dello Stato di Milano che esercitava sia la funzione di gestione della fiscalità e del debito pubblico come le moderne banche centrali, sia la raccolta del risparmio.

Delle leggi, contratti e governo del Banco di Sant'Ambrogio della eccellentissima città di Milano, 1600 circa
Delle leggi, contratti e governo del Banco di Sant'Ambrogio della eccellentissima città di Milano, 1730

Il Banco fu fondato nel 1593 e nel 1601 ricevette i primi statuti.

Nel 1698 gli statuti vennero modificati[1] e poi ancora nel 1758[2].

Nel 1786 fu assorbito dal "Monte di Santa Teresa", che a sua volta confluirà nel "Monte Napoleone".

L'organo gestorio dell'Istituto era rappresentato dalla "Congregazione", composta da dieci Governatori, due di diritto in quanto ricoprivano un'altra carica pubblica (il Vicario di Provvisione e il Regio Luogotenente), quattro scelti da due magistrature fra i propri membri (due dal Tribunale di Provvisione e due dalla Congregazione del Patrimonio), e quattro scelti dal Consiglio Generale.

Vi era poi il Consiglio Generale che prendeva le decisioni più importanti.

Sotto questi organi amministrativi, vi erano i dipendenti, al vertice dei quali erano il sindaco ed il ragionatto generale[2].

Il patrimonio del Banco di Sant'Ambrogio era costituito da tre componenti: il vero e proprio Banco di deposito, il Monte e le Molteplici.

Il vero e proprio Banco di Sant'Ambrogio era un banco di deposito, giro, sconto, e cambio come gli altri "banchi pubblici" italiani (ad esempio il Banco di San Giorgio e il Banco di Rialto).

Le somme date in deposito, non fruttavano interessi[2].

Poi c'era il capitale che dava diritto a dividendi distribuiti sulla metà dell'utile. Questo capitale era diviso in "luoghi", i cui titolari si chiamavano "luogatari"[2]. Almeno dal 1675 i "luoghi" erano titoli che circolavano al portatore[1].

Questo danaro veniva prestato allo Stato milanese in cambio di un tasso d'interesse inferiore a quello che avrebbero chiesto i grandi banchieri[1].

A partire dal 1639 lo Stato, per far fronte al proprio sempre maggiore debito nei confronti del Banco[1], cedette (o diede in garanzia[2]) ad esso la gestione di alcune entrate fiscali, in particolare dei dazi.

In effetti, il Banco non gestiva direttamente la raccolta e l'esazione dei tributi, ma, secondo l'uso dell'epoca, vendeva o, più spesso, dava in appalto l' "impresa" delle tasse[1].

A metà del Settecento quasi tutte le entrate dello Stato oramai erano state cedute al Banco di Sant'Ambrogio[2]. Finché nel 1771 il Ducato decise di riprendersi la gestione delle entrate fiscali, versando al Banco la corrispondente rendita[1].

Infine c'era il capitale suddiviso nelle cosiddette "molteplici". Era un capitale che doveva rimanere vincolato al Banco per almeno cinque anni e solo da quella data iniziavano a fruttare interessi[2].

  1. ^ a b c d e f voce "Sant'Ambrogio, Banco di" sulla Enciclopedia Italiana Treccani
  2. ^ a b c d e f g sito Lombardia Beni Culturali

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