Levante (cantante)
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Levante, pseudonimo di Claudia Lagona (1987 – vivente), cantautrice e scrittrice italiana.
Citazioni di Levante
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- [«Eri felice da bambina?»] Da morire. Ho avuto un'infanzia bella e affollata. Papà era ferroviere, ci portava al mare sulla Tipo bianca. Ricordo il caldo atroce e noi 4 fratelli dietro, io ero la più piccola, incastrati. Lui amava tanto la musica, cantavamo come dei pazzi, sulla strada verso il mare. Ridendo.[1]
- Perché si dice una donna con le palle? Una donna è forte, potente: la donna non ha le palle. Il maschilismo è anche una questione di linguaggio.[2]
- Fin da piccola ho sempre detto di non essere una cantautrice, ma un'autrice che canta. Amo la musica, mi ha salvato la vita, è la mia colonna sonora, ma le parole mi hanno dato qualcosa di potente. Le peso e hanno un peso. [...] Amo tantissimo cantare, ma, se un giorno perdessi la voce, sarei ancora salva.[3]
- Negli anni in cui l'ho frequentata, Milano mi ha conquistata, ogni volta di più. Perché è veloce e io sono veloce, mi piace che la gente abbia un obiettivo da rincorrere. E poi, per quanto veloce, è una città italiana e quindi è un paesino, dove incontri l'amico che ti conosce.[3]
- [Su Giorgia Meloni] Presentandomi a voi dicendo a gran voce "sono una donna, sono una madre, sono cristiana" — senza un lontanissimo cenno di umiltà (soprattutto sul tema della fede) — chi potrebbe sentirsi escluso dal mio urlo orgoglioso che suona come una verità assoluta? Unica visione possibile. Mi vengono in mente le donne che non sono madri, le donne che non sono cristiane (ma certo, anche tutti gli uomini). Se poi facessi un distinguo tra gli immigrati di serie A ("i Venezuelani cristiani di origine italiana") e quelli di serie B (i poveri Cristi di tutte le religioni? Chissà!) starei forse continuando un discorso di esclusione? Se poi elogiassi Mussolini dicendo che "è stato un grande politico" (e utilizzassi un simbolo fascista per l'immagine del mio partito) starei calpestando la dignità, la sofferenza e la storia di quante persone? Se parlassi di "devianze" per riferirmi a disturbi alimentari che affliggono migliaia di giovani e non, quanta gente ferirei? Se mi schierassi contro l'aborto senza difendere il diritto delle donne a disporre del proprio corpo? Non proseguirò questo elenco, ho un po' di nausea. Fortunatamente nulla di cui sopra somiglia al mio modo di vivere e di rapportarmi agli altri. [...] sono una donna, sono una madre e provo ad essere un'umana degna di essere tale [...][4]
Violetta Bellocchio, rollingstone.it, 16 aprile 2017.
- Sono una persona solitaria, comunque. Che soffre la solitudine, ma che ne ha una grandissima necessità [ride, ndr]. Non ci posso fare niente, sono doppia... Mi addolora, ma allo stesso tempo io in mezzo alla folla non riesco a stare. Nonostante io sia una persona socievolissima, molto generosa, che ama il contatto, poi ho il bisogno di allontanarmi. Vi voglio bene, ma vado a casa.
- Certe volte mi chiedo quanto sia fortunata la gente a fare un lavoro normale. A me mancano, i lavori normali, mi piacciono. Ho fatto la cameriera, soprattutto. Da subito ho cominciato a lavorare con la musica, però mi sono pagata Manuale facendo pasticcini. Per quanto fossi frustrata dalla maleducazione degli altri, allo stesso tempo mi divertiva.
- Io sono disordinata, ma dal disordine è incredibile come io riesca a tirare fuori delle cose che sembrano studiate.
- [Sugli hater] Non è che se mi incontri per strada hai il coraggio di dirmi quello che mi dici in rete, non è che mi spintoni e mi dici "oh, cessa..." e non lo fai perché non si fa. Devi essere educato, anche se io non ti vedo. Perché tanto, io sai cosa faccio, io me li vado a guardare tutti. [«Davvero?»] Assolutamente. Vado a guardare le facce da culo che dicono certe cose. E poi cosa scopro? Che sei uno sfigato, un frustrato, che in verità tu vorresti essere me. Io tutto quello che ho fatto l'ho fatto nella pulizia totale, senza mai chiedere favori, ho messo avanti il talento e la musica. I saputelli con me possono andare a casa. Quando mi muovono delle critiche costruttive sono la prima a rispondere, ma la maleducazione non l'accetto.
- Meno sono ragazza — quest'anno ne compio 30 — più mi rendo conto che fa sempre tutto più schifo. Prima ero meno interessata, sai come fanno i ragazzini che pensano, "andiamo a conquistare tutto". Me ne sono sempre un po' fregata di quello che mi accadeva intorno. Ora mi spaventa, un giorno magari darò vita a qualcuno e non vorrei che crescesse in mezzo a questo schifo.
- [...] ce n’è fin troppo, di maschilismo, anche da parte delle donne. Prendi una copertina come la mia [Nel caos di stanze stupefacenti], dove io sono una bambina in mutande e canottiera, ci sono copertine molto più volgari solo di faccia... e lo stesso ci sono donne che commentano, "ma c'era bisogno?" Sono così perché mi sono messa a nudo, ti sto parlando di solitudine, è una madonna spogliata quella, e queste stronze cresciute in famiglie sbagliate dicono "l'ha fatto per qualche like in più, per vendere qualche copia in più". Cretina, non si vendono più i dischi. Ma io mi posso confrontare con questa gente?
Dall'intervista di Valentina Colosimo a Vanity Fair Italia, 3 ottobre 2019; citato in vanityfair.it.
- Allora, i miei genitori erano entrambi siciliani trapiantati a Torino. Mio padre studiava Ingegneria meccanica e andava a riempire i thermos di caffè nel bar del mio futuro nonno materno, dove ad aiutare dietro il bancone c'era questa ragazzina di 15 anni: mia madre. Lui aveva dieci anni in più. La differenza d'età era tanta, i genitori di lei non erano favorevoli alla relazione. Così mamma e papà decidono di scappare. Ma — colpo di scena! — la notte della fuga, mia madre trova la porta chiusa con qualche mandata in più e non trova la chiave. Cosa poteva fare? Ormai era tutto deciso. Prende un lenzuolo, lo lega al termosifone e con quello si cala giù dal primo piano. Scappano insieme in Sicilia. Poteva andare malissimo, invece hanno avuto quattro figli.
- [...] è un soprannome che mi aveva dato un'amica siciliana. Potrei raccontare storie romantiche ma la verità è che quell'anno era uscito Il ciclone di Pieraccioni e uno dei personaggi si chiamava Levante. Un giorno mi ha chiamata scherzando: ehi Levante! Fine. Una vera breve storia triste. Però, a me piace cogliere i segni... [«Cogliamoli»] Il mio nome Claudia vuol dire la claudicante, la zoppa. E Levante vuol dire alzarsi in piedi. Era scritto nel mio destino che io dovessi abbandonare quel nome che un po' mi faceva arrancare, visto che la vita di Claudia è stata difficile da subito. Levante invece mi ha dato delle ali per risollevarmi, quando a nove anni la mia infanzia felice è stata interrotta dalla morte di papà.
- [«La musica le ha permesso di rialzarsi?»] Ho sfogato il mio dolore nelle canzoni. Tanto che le prime erano davvero tristi per una bambina di dieci anni: parlavano tutte di morte.
- Io dico che la vita è una merda, poi arriva mia madre che dice che la vita è bellissima perché ti dà sempre la possibilità di un riscatto. E ha ragione lei.
- Il compromesso è necessario, però fino a un certo punto, perché ho capito che l'amore richiede anche che ci si assomigli per incastrarsi bene. Quella credenza per cui "siamo così diversi che ci completiamo" è una cazzata. Ci vuole allenamento per essere felici in due ma perché facciamo lo stesso sport. Non è che io gioco a tennis e tu a pallavolo.
- [...] alla fine penso che la felicità non si debba mostrare troppo: per scaramanzia, perché non tutti ti vogliono bene, e perché, come mi ha insegnato mia mamma, non è elegante.
Intervista di Silvia Gianatti, donnamoderna.com, 20 agosto 2021.
- I traumi infantili sono inchiostro sulle vite degli adulti che diventiamo e muovono la nostra vita verso direzioni che non desideriamo.
- [«Hai paura di essere felice?»] La felicità ha a che fare con l'effimero, per me. La riconduco a qualcosa che inevitabilmente andrà via, all'improvviso, tradendomi. Ecco perché i cambiamenti repentini di una persona mi traumatizzano: se poi questa persona sparisce, vivo la cosa come la riproduzione fedele della morte di mio padre che ho dovuto affrontare da piccola. Io sono sopravvissuta, certo. Ma ho anche saputo vivere con le mie sole forze.
- Sono autrice di tutti i testi del mio repertorio e compositrice di tutte le musiche, ma la maggior parte delle volte sui giornali vengo definita "cantante". Io ero la ragazza un po' maschiaccio, quella con la maglietta bianca, i pantaloncini e le scarpe da cantiere. Ho destato l'attenzione e sono arrivata al grande pubblico gridando "Che vita di merda". Mi guardavo intorno e di cantautrici come me ce n'erano davvero poche, quindi mi confrontavo sempre con un mondo maschile che negli anni ho scoperto essere anche maschilista.
Dall'intervista di Susanna Macchia a Vogue Italia, novembre 2021; citato in vogue.it.
- [Sulla maternità, «un momento magico, di grande trasformazione. Cosa ti spaventa e cosa invece ti esalta?»] Mi esalta la vita. Mi sento una casa e mi faccio grande per accogliere la vita. Mi sento anche potente. E nonostante non desiderassi questo potere, la sensazione che provo è di sentirmi fortunata. E completa. Non avrei mai pensato di dirlo. Non mi mancava niente nella vita. Ma se non fosse successo forse mi sarebbe mancato qualcosa anche senza la consapevolezza della mancanza. Dall'altra parte mi spaventa abbandonare la vecchia me, il mio vecchio corpo, il fatto che possa non tornare a essere come prima. È una trasformazione repentina, in cui tutto di me si espande per accudire, assistere, accompagnare. Ecco, questa è l'unica vera preoccupazione. Che forse era più forte prima che scoprissi di diventare madre. Mi chiedevo: "ma io, lo vorrò mai fare?". Adesso la paura c'è, ma non è un tormento. Mi guardo allo specchio e mi dico: "Vabbè, questi jeans li metterò tra due anni".
- [...] comprare casa è stato un grande passo nel mondo degli adulti: ti costringe ad abbandonare quella parte più spensierata di te... a favore del mutuo!
- [«Cosa rappresenta per te il palco?»] È una parte di me di cui non posso fare a meno. Ho cantato per una vita intera, chiusa dentro una stanza, ed era liberatorio, salvifico. Quando però sono salita su un palco e ho iniziato a sentire le persone cantare le mie canzoni, ho capito che la mia vera salvezza era quell'emozione. Quando non vivo il palcoscenico mi sento a metà.
Dall'intervista di Giulia Caminito a Sette, 28 gennaio 2022; citato in corriere.it.
- [«Spera che anche sua figlia sarà una capatana, una capitana come era lei da bambina quando si faceva notare già alle recite scolastiche?»] Sto pregando tutti i giorni perché lei non mi somigli e somigli al padre. Io sono nata prepotente e poi a nove anni, dopo la morte di mio padre, sono diventata una bambina addolorata. Quando mio padre muore, mi crolla addosso la famiglia, ognuno prende la sua strada, viviamo momenti molto bui e io divento la madre di mia madre. Sono cresciuta più introversa. Auguro a mia figlia di essere morbida, meno leader e più parte del gruppo. Non essere come me: la bambina fastidiosa che vuole comandare. Mi detesto rivedendomi nei filmini delle recite e provo vergogna.
- [«Quando ha iniziato a cantare e come si è smarcata poi da alcune maestre "ingombranti"?»] Ho iniziato prestissimo. Il primo provino l'ho fatto a tredici anni e da Catania siamo arrivate ad Ariccia, dove c'era un festival a cui mi aveva iscritta mia zia Tiziana — ha sempre creduto in me. Si chiamava il Festival degli sconosciuti. Salgo sul palco, ho le dita massacrate perché suonavo da poco la chitarra, e faccio i miei due pezzi da sei minuti l'uno. Teddy Reno mi dice alla fine che sono brava, ho talento, ma sono troppo "consoliana". Il punto è che io sono figlia di quegli ascolti, c'è stata Consoli nella mia musica e poi l'ho abbandonata, come si lasciano i maestri per diventare sé stessi.
- Mia madre è rimasta incinta la prima volta a diciassette anni e ha continuato arrivando a quattro figli, e ha sempre fatto la casalinga perché mio padre aveva un buon lavoro. Questa cosa mi fa impazzire perché mia madre è piena di talento ed è intelligentissima. So che non le è pesato e che lo ha scelto, ma questa scelta pesa su di me. Non sarò quel tipo di madre, non sarò quella che si sacrifica.
Intervista di Stefania Saltalamacchia, cosmopolitan.com, 17 febbraio 2023.
- Non posso negare di essere sempre stata un'anima nostalgica. Il passato per me, come per tanti altri, è la cosa più semplice da guardare, perché non lo devi immaginare, è già accaduto, è molto più facile guardarsi indietro. Per immaginare il futuro, invece, ci vuole un grande impegno [...]
- [...] una madre ha qualcosa di divino, ma è semplicemente un essere umano. Il problema è poi fare i conti con questa dualità. La difficoltà di una donna è dover essere grande come un Dio ma allo stesso tempo avere i limiti di ogni essere umano, le debolezze e le paure.
- In generale gli uomini che ho incontrato nella mia vita hanno contato. Ho cercato dei padri probabilmente in ognuno di loro, ho cercato mio padre un po' ovunque in realtà, però sono sempre stata più forte di loro. Alcuni me li sono proprio mangiati, se devo dire la verità, ma hanno sempre avuto un ruolo di supporto, raramente mi sono lasciata mettere i piedi in testa o limitare nelle mie libertà. Solo gli uomini a cui non ho dato tutto quello che volevano hanno cercato di farmi del male. Ho sempre agito senza soccombere o almeno ci ho provato.
- [Sugli hater] Le critiche online mi fanno sempre riflettere perché tentano di nascondersi sotto una sorta di libertà che non amo particolarmente. In realtà non si chiama nemmeno libertà, la chiamerei vigliaccheria, è insultare senza esporsi più di tanto. Siamo ancora nell'era preistorica del digitale, dobbiamo imparare a comportarci.
Citazioni tratte da canzoni
[modifica]Nel caos di stanze stupefacenti
[modifica]Etichetta: Carosello Records, 2017, prodotto da Levante e Antonio Filippelli.
- Se parte la rivolta | combatto con lo scudo dello schermo, | le armi da tastiera, | il giorno sto in trincea, lancio opinioni fino a sera. (da Non me ne frega niente, n. 4)
- Non me ne frega niente, se mentre | rimango indifferente il mondo crolla e non mi prende, | non me ne frega niente, se mentre | la gente grida aiuto io | prego non capiti a me. (da Non me ne frega niente, n. 4)
- Scivola come immergere il sapone, | vuoi darmela a bere la tua vanità, | goccioli charme e non mi va di infradiciarmi l'anima, | tu che ti lagni dei miei pochi impegni in tema di premure e di filosofia | ma non mi sfiora più un istante | neanche l'idea di chi tu sia. (da Pezzo di me, n. 8)
Magmamemoria MMXX (Deluxe Edition)
[modifica]Etichetta: Parlophone/Warner Music Italy, 2019.
- Ciao tu, animale stanco, | sei rimasto da solo, non segui il branco, | balli il tango mentre tutto il mondo | muove il fianco sopra un tempo che fa | tikibombombom. (da Tikibombom, n. 2)
Se non ti vedo non esisti
[modifica]- Certe cose possono saperle soltanto gli occhi. (p. 48)
- Nutella, fai un giro intorno al bordo per assaggiarne un po' ma non lo affondi nella crema in modo che il peccato di gola rimanga incompiuto. (p. 50)
- Mi sono fermata quell'istante prima della fitta al petto, quell'istante prima della lacrima che fa traboccare il pianto. (p. 88)
Note
[modifica]- ↑ Dall'intervista di Silvia Gianatti, Levante: «L'amore ti sorprende quando non sei pronto», donnamoderna.com, 4 dicembre 2019.
- ↑ Dall'intervista di Simona Voglino Levy, Levante: «A Sanremo canto la discriminazione di genere», rollingstone.it, 22 gennaio 2020.
- ↑ a b Da Carla Ferron, Intervista a Levante: le parole sono importanti, amica.it, 23 aprile 2021.
- ↑ Da un post sul profilo ufficiale instagram.com, 26 agosto 2022.
Bibliografia
[modifica]- Levante, Se non ti vedo non esisti, Rizzoli, 2017. ISBN 88-586-8725-6
Altri progetti
[modifica]Opere
[modifica]- Nel caos di stanze stupefacenti (2017)
- Magmamemoria (2019)