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Jürgen Moltmann

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Jürgen Moltmann nel 2016

Jürgen Moltmann (1926 – 2024), teologo luterano tedesco.

Intervista Claudia di Milani, Jesus, settembre 2007, club3.it

  • Dopo il crollo dell'Unione Sovietica non si è più vista alcuna contraddizione nei confronti del mondo capitalistico democratico dell'Occidente. Nel frattempo abbiamo però fatto esperienza di altre contraddizioni, in particolare tra il mondo occidentale e il mondo islamico: non siamo quindi affatto arrivati alla fine della storia. Inoltre, dal punto di vista teologico, solo la venuta di Cristo pone fine alla storia: fino a quel momento non siamo contenti.
  • Il protestantesimo è solo la mia provenienza, l'ecumenismo è il mio futuro. Per questo non mi interessa se uno è cattolico, ortodosso o metodista: voglio formulare una teologia cristiana, perciò traggo volentieri spunto anche dal mondo cattolico e da quello ortodosso.
  • Johann Baptist Metz e io nel 1967-1968 abbiamo inaugurato il significato politico della nuova teologia di fronte ad Auschwitz. Non deve più accadere nel cristianesimo che non si reagisca apertamente a un tale crimine contro l’umanità. Ci dobbiamo intromettere là dove viene venerata la morte e distrutta la vita: questo intendevamo per teologia politica. Non volevamo una politicizzazione della teologia, ma una sorta di teologia profetica.
  • E a chi si deve credere dopo Auschwitz, se non a Dio? Se si dicesse "Dopo Auschwitz non si può più credere in Dio", allora Hitler avrebbe annientato non solo il popolo ebraico, ma anche il Dio d'Israele: e che il Dio d'Israele rida di Hitler, io non lo credo proprio. Questa non è un'idea mia, ma del mio amico Emil Fackenheim, il quale dice che dopo Auschwitz bisogna credere in Dio, altrimenti si darebbe una vittoria postuma a Hitler.
  • Cristo non è morto solo per i peccatori, ma anzitutto per le vittime dei peccatori.
  • Cristo ha vissuto la morte nell'abbandono, il Padre è sopravvissuto alla morte del Figlio: questa è la situazione del Venerdì santo, che Hans Urs von Balthasar ha descritto in maniera così approfondita e a cui la Pasqua dà risposta.
  • Dell'uomo moderno ho l'impressione che non ami la vita nel modo corretto: per questo fa esperimenti con embrioni e feti, come se fossero il primo stadio della vita umana e non degli esseri umani veri e propri.
  • L'amore per la vita deve essere così forte da farci protestare contro la morte anche quando non riguarda noi personalmente [...].
  • Non esiste un pensiero in solitudine, il pensiero teologico è sempre un dialogo [...].

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