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Giovanni Alfredo Cesareo

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Giovanni Alfredo Cesareo

Giovanni Alfredo Cesareo (1860 – 1937), poeta, saggista, critico letterario, drammaturgo e senatore italiano.

Ernesto Renan

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  • Ernesto Renan fu, tra i filosofi e i pensatori del secolo decimonono, uno dei più letti e ammirati, ma uno de' meno amati. Anche i suoi amici trovano nell'opera sua qualcosa d'annebbiato e di discorde; né riescono a acquetarsi nel complesso delle sue teorie su la vita sensibile e soprasensibile. La grande azione, esercitata su gli spiriti sedotti e convinti, da altri saggi, come l'Hegel e lo Schopenhauer in Germania; il Darwin e lo Spencer in Inghilterra; il Cousin in Francia; il Gioberti, per qualche tempo, in Italia, non è stata, né sarà esercitata mai dal Renan: l'odierna Francia intellettuale tiene del pessimismo tedesco o del positivismo inglese; ma del Renan poco o punto. (p. 5)
  • [...] Ernesto Renan non ebbe forza o attitudine o coraggio di creare un sistema. La sua abile debolezza fu quella di non avere propriamente una filosofia, e di non concludere mai. [...]. Egli fu, non un eroe, ma un curioso della scienza; e riuscì piacevole, ma non convincente. (p. 5)
  • Gli uomini che hanno avuto maggior seguito, nelle rivoluzioni religiose, filosofiche, civili, sono stati quelli che hanno potuto esporre, subito, piena e determinata, una teoria delle cose, che ne permettesse d'abbracciare, anche in confuso, ma d'un colpo d'occhio, l'unità indistruttibile. I fedeli, i discepoli, la moltitudine innocente e inesperta, non critica, crede: e allora basta al Maestro una parola, detta con quell'accento che malleva e infonde la sincerità e la serietà della convinzione, perché tutti gli traggan dietro, gli tendan le braccia e i cuori, lieti persino d'andare a morire con lui. (p. 6)

Gaspara Stampa donna e poetessa

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  • Tutto sommato, la prima giovinezza di Gaspara Stampa fu né più né meno che quella d'una qualunque ragazza di famiglia agiata, d'ingegno curioso ed aguzzo, spensierata, gioconda, vivace senza malizia, onesta senza saccenteria. Che de' calabroni le ronzassero intorno, si capisce. (p. 23)
  • A un Bonetto, che doveva esser teologo, propose la Stampa, secondo il vezzo accademico del tempo, un doppio quesito: se il male che vien dall'amore è maggiore o minore del bene, e perché Amore sia dipinto nudo, cieco e con la faretra: anche questo può dare un'idea dei perversi ragionamenti che si facevano in casa della poetessa. (p. 29)
  • Il canzoniere di Gaspara Stampa, a parte il suo valore propriamente poetico, di cui per ora non intendiamo trattare, è uno fra i documenti più immediati e sinceri dell'anima femminile.
    Qui c'è ben altro che il decoroso convenzionalismo di Veronica Gàmbara e le fredde pietosarie della Marchesa di Pescara. Qui, pur tra i richiami al Petrarca e a' petrarchisti del tempo, il Bembo, il Varchi, il Della Casa, c'è un cuore che arde, freme, si convelle, si spiana, offrendo soffi ognor nuovi e improvvisi di realtà viva alla fantasia che li trasforma in figurazioni chiare e armoniose. (p. 34)
  • Eppure tale [savia, costumata e pudica], per noi moderni, Gaspara Stampa non fu. Vissuta in un tempo quando la libertà del costume era, più che tollerata, quasi invidiata e encomiata, si lasciò sedurre, accecata all'ardore d'una prima e violenta passione, da un uomo senza scrupoli, il quale, dopo averne ottenuto per frode ciò che voleva, la tradì e l'abbandonò. E dopo, principiò con un altro, forse sperando di riscattare il suo fallo nel matrimonio o in un legame libero con eguali doveri; una relazione amorosa, che fu troncata sul nascere. (p. 54)
  • [...] il canzoniere di Gaspara Stampa è, senza dubbio, non ostanti i residui o i rimessiticci di petrarchismo, quanto di più perfetto abbia la poesia amorosa dopo il Petrarca e avanti Ugo Foscolo. (p. 58)
  • [...] l'affermazione che Gaspara Stampa sia stata una cortigiana, vien proprio da un errore di metodo, appunto perché risulta da un sillogismo doppiamente fallace, in cui: primo, il termine maggiore non chiude il minore: – le cortigiane amavano i ricevimenti e i diporti, coltivavan la musica, avean degli amanti; Gaspara Stampa amava i ricevimenti e i diporti, coltivava la musica, avea degli amanti, dunque la Stampa era una cortigiana; – secondo, è falsa la maggiore, falsa la minore, e la conseguenza non ha senso comune. (p. 58)

La vita di Giacomo Leopardi

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  • La Fanny Ronchivecchi, moglie al dottor Antonio Targioni-Tozzetti, [...], era una bella, intellettuale e galante signora di poco più che trent'anni; e accoglieva in casa propria il fiore dei dotti e de' letterati, che si trovavano allora in Firenze. La signora, che doveva aver letto il volume de' Canti [del Leopardi], si compiaceva d'intrattenere il poeta su la commozione profonda che le suscitavano i versi di lui, e il poeta, a sua volta, tremava in segreto per la dolcezza di quella lode profferita da una bocca così piena di seduzioni. (pp. 124-125)
  • Giacomo [Leopardi] entrò in un salotto, ove l'aria era tutta impregnata de' fiori traboccanti da' grandi vasi di porcellana dipinta; e la bella creatura [Fanny], in una tunica di stoffa violacea, sedeva sur un divano coperto di pelli preziose. Ella stese la mano piccola e bianca al poeta; lo fece sedere accanto a sé; gli chiese un gran piacere, del quale gli sarebbe rimasta assai grata: bramando di possedere una raccolta d'autografi d'uomini illustri, pregava il suo amico che gliene procacciasse. Il suono delle parole non diceva di più; ma la fiamma degli occhi arditamente fissi in quelli di Giacomo, il sorriso delle labbra mollemente dischiuse in atto di segreta persuasione, il fascino ch'emanava dalla bella persona alquanto curvata verso di lui, l'impaccio leggiero della conversazione, parea promettere altro. Il poeta sentì come un tuffo nel sangue; chinò gli occhi; offrì balbettando tutte le lettere d'amici suoi ch'ei custodiva gelosamente nella sua Recanati; soggiunse che si sarebbe adoperato con ogni sua forza per appagare il desiderio di lei. Mentr'egli parlava, la signora si prendea fra le braccia le sue bambine e, baciatele su la bocca, se le premeva sul seno, acconsentendo alla vista del mal cauto visitatore il collo candidissimo e ignudo sotto il volume della nera capigliatura.
    Quando Giacomo, in preda a una straordinaria esaltazione, uscì di quella casa, egli era innamorato morto di quella donna. (pp. 125-126)
  • La signora [Fanny] che, senz'alcun dubbio, non ostante i tardivi dinieghi, s'era accorta di quella passione [del Leopardi], non si faceva uno scrupolo di seguitare a attizzarla, per il vanitoso compiacimento di vedere a' suoi piedi un tant'uomo; ma d'altra parte, quando si trovava dinanzi quel povero gobbo, mezzo cieco, dal viso giallo e spelato di pulzellona, non le bastava l'animo d'immaginare ch'ella potesse sopportarne più che la tacita adorazione e i complimenti ossequiosi. (p. 130)

Saggi di critica

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  • [Clodia] La cronaca rosa narrava parecchie avventure dell'elegante matrona: tra le altre si diceva che fanciulla avesse fatto le prime campagne di Venere col proprio fratello. Del rimanente Clodia era tal donna leggiadra da stregare un Catone. (pp. 13-14)
  • Piena di bizzarrie, leggiera, amante de' piaceri, ardente, capricciosa, [Clodia] doveva affascinare come il peccato; senza contare l'ingegno brillante educato alle varie discipline di moda, e la smania di poetare. Catullo l'amò. Ella toccava i trentatré anni, egli i ventisei. Cominciò dal lodarle il passerino. Clodia piegò dinante a quel Veronese appassionato e fantasioso. (p. 14)
  • Nell'orazione [Pro Caelio] di Tullio [Marco Tullio Cicerone], la figura di Clodia grandeggia sfavillante di luce sinistra. Finito il processo, Clodia si trovò a tale d'abiezione in faccia a tutta Roma, che stimò bene di smascherarsi affatto e di abbandonarsi alla corrente del vizio. Dopo la gioventù dorata vennero gli amanti delle piazze, i servi, la plebe. (p. 22)

Saggio su l'arte creatrice

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  • Lo spirito crea l'opera sua in un'espressione interiore infinita e totale, dove ogni elemento, anche il suono, il colore, la parola, la linea, tutto è creazione: quando poi vuole comunicarla, s'aiuta del segno fisico; ma allora al lavoro della creazione viene in soccorso la tecnica, ch'è volontà dell'espressione esteriore o comunicativa. (p. 14)
  • In arte la creazione pur del mostruoso è sempre creazione, e quindi bellezza, mentre nella realtà il piacere pur della perfezione fisica è sentimento, e quindi fatto pratico. (pp. 55-6)
  • L'artista perfetto riesce a una così piena oggettivazione del proprio fantasma da obbedir egli alla legge di questo , da contemplarlo , ascoltarlo e seguirlo , come una cosa estranea al suo spirito. (p. 72)

Incipit di Ottobre

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Il mio core è a te daccanto,
Il mio core qui non è:
M'empie gli occhi a un tratto il pianto,
E non so non so perché.

Bibliografia

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  • G. A. Cesareo, Ernesto Renan, in Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti, terza serie, volume XLII della raccolta volume CXXVI, Direzione della Nuova Antologia, Roma, 1892, pp. 5-32.
  • G. A. Cesareo, Gaspara Stampa donna e poetessa, Società editrice F. Perrella, Napoli, 1920.
  • Giovanni Alfredo Cesareo, La vita di Giacomo Leopardi, Remo Sandron Editore, Palermo, 1902.
  • Giovanni Alfredo Cesareo, Ottobre, A. Pigna, Milano, 1883.
  • Giovanni Alfredo Cesareo, Saggi di critica, A. Gustavo Morelli Editore, Ancona, 1884.
  • G.A. Cesareo, Saggio su l'arte creatrice, Zanichelli, Bologna 1919.

Altri progetti

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