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Emiliano Mondonico

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Emiliano Mondonico, anni 80

Emiliano Mondonico (1947 – 2018), allenatore di calcio ed ex calciatore italiano.

Citazioni di Emiliano Mondonico

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  • La Juventus è la squadra che più di tutte rappresenta il calcio all'italiana. Critichiamo il nostro calcio e il nostro campionato, poi i risultati in Europa dicono il contrario. E la Juve è la massima rappresentante. La difesa a tre la facciamo solo noi.[1]

Interviste

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Citazioni in ordine temporale.

  • Non è Inzaghi ad essere innamorato del gol, è il gol ad essere innamorato di Inzaghi...[2]

Il giro del Mondonico

Intervista di Franco Montorro, Guerin Sportivo nº 5 (679), 3-9 febbraio 1988, pp. 76-78.

  • [«Ma allenare in provincia [...] è un'esigenza o una libera scelta?»] Forse è un modo di vivere il calcio. [...] Il calcio è fatto di provincialismo, cioè di autentici rapporti umani al di là delle tattiche o delle scoperte dell'acqua calda. In ogni proposta di lavoro ho sempre privilegiato gli uomini, le idee e la possibilità di gestire i rapporti società-squadra in una data maniera. [...] Perché il rapporto umano va sempre e comunque al di là del fattore economico e non ho mai esitato a privilegiare il primo. Credo anzi che il calcio non possa fare a meno di queste realtà; potrà cambiare tutto o niente, ma rimarrà immutata la maniera di scendere insieme in campo e di aiutarsi l'un l'altro.
  • [«C'era una volta il famoso calcio da oratorio. Perché continua a rimpiangerlo tanto?»] È soprattutto nostalgia per un certo tipo di gioventù sicuramente felice anche se non possedeva nulla. Oggi guardi negli occhi di tanti giovani e non trovi né serenità né allegria; eppure, in teoria, stanno molto meglio di una volta, e l'opinione generale li giudica molto più maturi. Invece si tratta di ragazzi che hanno saltato molti stadi della crescita, ed è un discorso valido anche sotto il profilo squisitamente calcistico. C'è troppa fretta, troppa voglia di arrivare a tutti i costi, di bruciare le tappe. Nel calcio tutto questo può benissimo essere sintetizzato nella mancanza della famosa tecnica da "oratorio", perché oggi si parla tanto di preparazione fisica, di corsa e si tralascia gran parte di quell'insegnamento tecnico che invece dovrebbe essere legato a un'età ben precisa. I ragazzi [...] corrono – corrono dentro e fuori dal campo – ma a una certa età possono trovarsi obbligati a ripassare certe cose che prima non avevano approfondito abbastanza.
  • [«Il "bravo allenatore" deve adattare le proprie idee al materiale che ha a disposizione oppure deve cercare di insegnare comunque il proprio credo ai giocatori?»] Deve riuscire in tutte e due le imprese; l'importante è rendersi conto per tempo di quello che realmente è il gruppo e di quello che può dare. Il "bravo allenatore" lo si riconosce dalla velocità con la quale capisce certe sfumature.
  • [«Perché le piace ripetere: "La mia squadra deve parlare bergamasco"?»] L'ho detto perché ritengo che ogni squadra debba integrarsi nell'ambiente in cui vive, senza stravolgere precedenti, consolidate abitudini. Ma vorrei anche che la mia squadra pensasse, parlasse, agisse come si fa a Bergamo, perché questo significa lavoro sodo, poche chiacchiere e l'intima convinzione di non essere superiori a nessuno, cioè umili. Ma nemmeno inferiori.

Intervista di Gianni Mura, la Repubblica, 24 marzo 1988.

  • Avevo la tecnica, non il fisico. Assomigliavo a Peirò. È presuntuoso, dicevano, ha troppe pause. Invece erano paure. Prima di ogni partita mi tremavano le gambe, non ero sicuro di me. Non ho mai chiesto una mano a nessuno, il dialogo non era di moda. È narcisista, individualista, dicevano. Ero chiuso in me stesso. A 20 anni giocavo ancora all'oratorio, a 23 ero professionista. Ufficialmente, ma non dentro. Dovevo migliorare, ho trovato ostacoli, li ho rifiutati illudendomi che fosse un modo di superarli. Ero portato a incolpare gli altri delle mie manchevolezze. Quando era tornato il momento buono, ero capo-cannoniere in C, Luzzara mi disse che mi voleva la Juve, mi ruppi un ginocchio.
  • [Su Gianluca Vialli] L'ho visto la prima volta che aveva 14 anni e già si capiva che sarebbe diventato un campione: aveva tutto, il fisico, l'intelligenza, l'entusiasmo. Con me, Gianluca aveva il numero 8, che ho sempre riservato all'elemento più estroso [...]. La posizione sul campo, giocatori così sono loro a cercarsela. Costringere Vialli in un ruolo è sacrificarlo, lui deve andare dove vuole.
  • [«Ho letto che a Bergamo, come già a Cremona, ha dovuto incontrarsi con gli ultrà del tifo»] Ho voluto, non dovuto. C'era un clima pesante, volavano sassi, i giocatori erano condizionati. [...] Io non ho mai voluto criminalizzare gli ultrà, loro hanno il coraggio di proporsi come sono, col loro amore estremo, che può anche diventare odio, ma è amore. Ci vuole amore per andare in pullman a Lisbona o a San Benedetto del Tronto, senza chiedere una lira alla società. [...] Troppo facile parlare senza conoscere. [...] Io trovo normale parlare coi tifosi, anche ultrà, ma senza l'aria di scendere gli scalini.
  • Tanta gente è piena di vuoti.
  • Io preferisco allenare per vincere che allenare per non perdere, ma noi non scegliamo le nostre squadre, sono loro a scegliere noi ed è il bilancio, più che il tecnico, a fare la squadra. Io penso di essere stato fortunato, ho avuto soddisfazioni dai risultati, qualche delusione solo dai rapporti umani. Il calcio mi ha divertito, illuso, amareggiato, condizionato, maturato. Ormai lo vivo non come una professione ma come un modo di essere. [...] Da giovane ero convinto di essere un poeta del pallone, poi ho capito che il massimo della fantasia è essere semplici, essere se stessi, non mascherarsi mai.

Intervista di Luigi Guelpa, ilgiornale.it, 9 marzo 2017.

  • Mi riconosco nel calcio, in quello dove non devi farti condizionare. Il calcio è qualcosa di personale, è un'esperienza unica che va vissuta. Non è un sentito dire.
  • [Su Gianluca Vialli] [...] una forza della natura, ma soprattutto una persona vigorosa sotto tutti i punti di vista. A livello psicologico era uno straordinario motivatore, ed è stato sostenuto nelle sue scelte dalla famiglia. Sapevano che sarebbe diventato un campione, ma hanno voluto che prendesse un diploma, che diventasse un uomo prima ancora che un calciatore.
  • [«Chi non dovrebbe mai mancare nella sua squadra?»] Andrea Belotti, lo conosco fin dai tempi delle giovanili dell'Albinoleffe. Datemi lui in attacco e posso sfidare chiunque. [«Belotti è il nuovo Vialli?] È uno che ha sofferto più di Vialli per diventare quello che è, e quello che sarà.

Citazioni non datate

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  • Chi pecca, becca.[3]

Note

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  1. Da La Domenica Sportiva, Rai 2; citato in Alessandro Vignati, "Emiliano Mondonico: "La Juve è l'espressione migliore del calcio all'italiana di successo", tuttojuve.com, 20 aprile 2015.
  2. Dall'intervista 300 volte Inzaghi, Mondonico: «E’ il gol ad essere innamorato di lui...», ilsussidiario.net, 17 marzo 2009.
  3. Citato in Marco Sappino, Dizionario biografico enciclopedico di un secolo del calcio italiano, Dalai Editore, 2000, p. 2112. ISBN 88-8089-862-0

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