Arnolfo di Metz
Arnolfo di Metz (Lay-Saint-Christophe, 13 agosto 582 – Remiremont, 18 luglio 641) è stato consigliere di diversi sovrani merovingi e vescovo di Metz; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Arnolfo di Metz vescovo della Chiesa cattolica | |
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Incarichi ricoperti | Vescovo di Metz |
Nato | 13 agosto 582 a Lay-Saint-Christophe |
Nominato vescovo | 611 |
Consacrato vescovo | post 8.X.614[1] |
Deceduto | 18 luglio 641 (58 anni) a Remiremont |
Sant'Arnolfo di Metz | |
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Sant'Arnolfo di Metz raffigurato come protettore dei produttori di birra | |
Vescovo | |
Nascita | 13 agosto 582 a Lay-Saint-Christophe |
Morte | 18 luglio 641 (58 anni) a Remiremont |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 18 luglio |
Patrono di | produttori di birra |
Origine
modificaArnolfo era discendente da una famiglia di antica origine, nobilissima e valorosissima[2], mentre, secondo altre fonti, era figlio di Arnoaldo di Metz[3], vescovo di Metz e margravio della Schelda, appartenente alla dinastia gallo-romana dei Ferreoli, mentre per altre ancora, col supporto dello storico francese Christian Settipani, esperto di genealogie[4] era figlio di un nobile franco di Austrasia, Bodogiselo, considerato nel XII secolo come appartenente ad una linea collaterale dei Merovingi: sempre secondo lo studioso,[5] era la moglie Chrodoara a discendere dai Ferreoli, non Arnolfo.
Era pronipote di san Gandolfo, di un ramo cadetto dei merovingi e nobile dell'Austrasia e, alla fine della sua vita, vescovo di Tongres.
Biografia
modificaArnolfo entrò al servizio della corte di Austrasia sotto Brunechilde, presentato a corte dal parente Gandolfo[6], la quale reggeva il trono per suo nipote Teodeberto II (596-612). Era un fervente devoto, venuto probabilmente in contatto con i missionari irlandesi che in quel periodo operavano in prossimità dei Vosgi.
Nel 612 Arnolfo venne improvvisamente nominato vescovo di Metz (capitale dell'Austrasia), nonostante non fosse nemmeno sacerdote ed avesse moglie e figli, conservando gli incarichi a corte.
Dopo la morte del re dei franchi d'Austrasia e di Burgundia, Teodorico II, insieme al consuocero, Pipino di Landen, Arnolfo fu a capo della rivolta dell'aristocrazia e del clero di Austrasia che, nel 613, prima facilitarono l'ingresso in Austrasia del re di Neustria, Clotario II[7] e poi, si rifiutarono di combattere agli ordini del re d'Austrasia e Burgundia, Sigeberto II, nello scontro con le truppe del re di Neustria, Clotario II avvenuto sul fiume Aisne[8], mettendo così fine al governo autoritario della reggente dei regni d'Austrasia e Burgundia, la bisavola di Sigeberto II, Brunechilde e consegnando, in tal modo, i regni a Clotario II, che gli affidò l'educazione di suo figlio, Dagoberto, di cui divenne anche consigliere.
Nel 622, su pressione dei potentati austrasiani, Clotario II fu costretto a proclamare re d'Austrasia suo figlio Dagoberto[9], che era ancora sotto la tutela di Arnolfo di Metz e di Pipino di Landen, Maestro di palazzo del regno d'Austrasia.
Collaborò a governare l'Austrasia, con Pipino di Landen, che, dopo il suo ritiro, collaborò con Cuniberto, arcivescovo di Colonia[10].
Nel 627 si ritirò nell'eremo di Remiremont, da San Romarico fondatore del monastero, nella Lorena, dove morì in fama di santità nel 641: il suo corpo venne traslato a Metz, dove venne sepolto nella basilica a lui intitolata ed è venerato come patrono. Le fonti, forse stereotipatamente ispirate alla vita di san Martino di Tours, riferiscono come egli fosse in procinto di rinunciare alla carica perché più attratto da una vita monastica. L'essere vescovo della capitale dava ad Arnolfo anche importanti cariche amministrative, secondo il modello allora diffuso in Europa occidentale con le comunità cittadine raccolte attorno ai vescovi.
Arnolfo governò Metz con molto equilibrio e, nella chiesa da lui governata apportò diverse modifiche.
Negli Annales Xantenses si fa riferimento ad Arnolfo come santo dicendo che morì nel 640[11] a Remiremont, dove fu sepolto. In un secondo tempo il corpo fu traslato a Metz, nella chiesa dei SS. Apostoli, che nel 717 venne denominata basilica di Sant'Arnolfo.
Dal matrimonio del figlio Ansegiso con Begga, figlia di Pipino di Landen, nacque Pipino di Herstal, bisnonno di Carlo Magno[2][12]: per questo, Arnolfo è considerato il capostipite della dinastia Carolingia che viene anche chiamata "Arnolfingia".
Soprattutto i suoi discendenti, attraverso la carica di Maestro di palazzo, che era ormai ereditaria, governarono il regno dei Franchi, ininterrottamente dal 687 al 751.
Di lui scrisse, su richiesta del vescovo di Metz Angilramno, Paolo Diacono nella sua opera Gesta Episcoporum Mettensium[13][14].
Matrimoni e discendenza
modificaArnolfo sposò l'aristocratica Doda[15], della dinastia gallo-romana dei Ferreoli, dalla quale ebbe tre figli[2][16]:
- Clodolfo (*610 †697), succedette al padre come vescovo di Metz;
- Ansegiso (*615 † Parigi, 685), consigliere di Sigeberto III sposò Begga, figlia di Pipino di Landen dall'unione dei quali nacque Pipino di Herstal[11];
- Walchiso (*? †?), fu il padre di san Vandregisilo[17].
Le leggende
modificaSu Arnolfo esistono molti aneddoti leggendari:
La leggenda del pesce e dell'anello
modificaL'autore del Liber Episcopi Mettensibus cita questa leggenda:
Un giorno, in penitenza per alcuni peccati, si trovò a transitare su un ponte che attraversava la Mosella, e guardando le impetuose e profonde acque sottostanti, non avendo alcuna fiducia di ottenere il perdono, si estrasse l'anello dal dito e lo scagliò in quell'acqua profonda, dicendo: «Non mi riterrò assolto da tutte le mie colpe, finché non avrò recuperato questo anello che sto lanciando.».
Dopo alcuni anni, essendo (Arnolfo) divenuto vescovo, in un giorno di astinenza dalla carne, un pescatore portò del pesce per preparare la cena. Sventrando il pesce come era solito fare, colui che era preposto a tale operazione trovò quell'anello nell'intestino del pesce. Costui sorpreso dal fatto, ma non essendo a conoscenza della storia, consegnò l'anello al beato Arnolfo, che come vide l'anello immediatamente lo riconobbe e rese grazie a Dio onnipotente, sicuro della remissione dei suoi peccati, e da quel momento condusse una vita senza più cedimenti, ma si limitò maggiormente con lunghi digiuni[18].
La leggenda della birra
modificaUn'altra leggenda viene tramandata a proposito delle sue reliquie. Dopo la sua morte, suo nipote e successore come vescovo di Metz, Goerico, fece traslare le sue reliquie dall'abbazia di Remiremont a Metz. La traslazione veniva effettuata sotto forma di processione cui partecipavano circa 5.000 uomini, senza contare donne e bambini. Era il 18 luglio ed il caldo estivo rendeva insopportabile il cammino ed il trasporto delle pesanti reliquie con il loro contenitore. La processione si fermò in un paesello di nome Champigneulles e nell'unica osteria del luogo era rimasto un solo boccale di birra. Ciascuno si accostò il boccale alla bocca, sperando nel miracolo da parte del già venerato come santo, Arnolfo, ed il miracolo accadde: tutti bevvero ed il boccale non rimase mai vuoto.
Note
modifica- ^ Al concilio di Parigi, celebrato in questo giorno, non era presente alcun vescovo di Metz, segno che in quel periodo la sede era probabilmente ancora vacante.
- ^ a b c (LA) Liber de Episcopi Mittensibus, p. 264, 43-45
- ^ (LA) Domus Carolingiae genealogia, p. 309, 15-17
- ^ Christian Settipani e Katharine S. B. Keats-Rohan (a cura di), Onomastique et Parenté dans l'Occident médiéval, Oxford, Linacre College, 2000, p. 186, ISBN 978-1-900934-01-5.
- ^ Christian Settipani, La transition entre mythe et réalité, in Archivum, vol. 37, 1992, p. 38.
- ^ Karl Ferdinand Werner, Nascita della nobiltà. Lo sviluppo delle élite politiche in Europa, collana Biblioteca di cultura storica, traduzione di Stefania Pico e Sabrina Santamato, Torino, Giulio Einaudi editore, 2000, p. 272, ISBN 88-06-15288-2.
- ^ Fredegario, Pars quarta, XL.
- ^ Fredegario, Pars quarta, XLII.
- ^ Fredegario, Pars quarta, XLVII.
- ^ Fredegario, Pars quarta, LXXXV.
- ^ a b (LA) Annales Xantense, p. 34
- ^ Annales Marbacenses, p. 2 [1]
- ^ Paolo Diacono, Libro VI, 16, in Antonio Zanella (a cura di), Storia dei Longobardi, Vignate (MI), BUR Rizzoli, pp. 501–503, ISBN 978-88-17-16824-3.
- ^ Paolo Diacono, Cenni biografici su Paolo, in Antonio Zanella (a cura di), Storia dei Longobardi, Vignate (MI), BUR Rizzoli, p. 92, ISBN 978-88-17-16824-3.
- ^ Doda, secondo alcune fonti, era figlia di Arnoaldo di Metz, vescovo di Metz e margravio della Schelda.
- ^ (LA) Domus Carolingiae genealogia, p. 309, 13-14
- ^ (LA) Domus Carolingiae genealogia, p. 309, 14-16
- ^ (LA) Liber de Episcopi Mittensibus, p. 264, 15-28
Bibliografia
modificaFonti primarie
modifica- (LA) Fredegario, Fredegarii scholastici chronicum cum suis continuatoribus, sive appendix ad sancti Gregorii episcopi Turonensis historiam Francorum.
- (LA) Annales Xantenses.
- (LA) Annales Marbacenses.
- (LA) Monumenta Germaniae historica: Liber de Episcopi Mittensibus.
- (LA) Monumenta Germaniae historica: Regum Francorum genealogiae.
Letteratura storiografica
modifica- Christian Pfister, La Gallia sotto i Franchi merovingi. Vicende storiche, in Storia del mondo medievale, Cambridge University Press, 1999, pp. 688–711.
- Christian Pfister, La Gallia sotto i Franchi merovingi, istituzioni, in Storia del mondo medievale, Cambridge University Press, 1999, pp. 712–742.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Arnolfo di Metz
Collegamenti esterni
modifica- Arnòlfo (santo), su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Saint Arnulf of Metz, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Arnolfo di Metz, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.
- Arnolfo di Metz, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it.
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