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sabato 2 novembre 2024

Senza titolo

Penso che l'inferno abbia un contenuto etico superiore a quello del paradiso. Non perché vi siano puniti peccati e altri malcelati alibi per esercitare il potere assurdo e ingiustificato, se non con questi mezzucci, dei viventi su altri viventi, ma perché non mette in pace neanche i superstiti ad un lutto. È quella costante tensione, quello stato di continua agitazione, opposto alla pace, così mediocremente intesa, che crea e costruisce l'edificio etico. Contrariamente al paradiso l'inferno costringe i viventi al continuo, eterno misurarsi con il dolore. Lo stesso, sia pure in diversa misura, si può dire del purgatorio. Qui c'è l'ausilio della speranza che rende questo luogo del pensiero forse più a misura d'uomo, creatura a tempo che mal s'accorda con l'eternità e che dei due poli dell'eterno, inferno e paradiso, sceglie volentieri il più comodo. Non è un caso se, dei tre regni dell'oltretomba, il purgatorio è stato quasi dimenticato. Anche il purgatorio è uno spazio di responsabilità, qui è richiesto ai credenti di pregare per la salvezza dei propri cari ma una volta raggiunta quella agognata salvezza, ogni tensione etica svanisce, chi amiamo è libero dal dolore e noi possiamo finalmente pensare i nostri cari in pace, nel regno della grande serenità. E con la loro serenità guadagniamo la nostra, perché quella perseguiamo sotto l'ipocrita bandiera del paradiso, con buona pace anche dell'amatissimo Dante che non poteva avere del suo paradiso la banale visione da mercato delle grazie che poi è diventato. Grande desolazione etica che fa dei defunti strumento delle preghiere dei superstiti, mercato della serenità dove scambiamo la nostra per quella di chi non c'è.

Il lutto è elaborato, il dolore trasfigurato, la pace è raggiunta.

Questa non è una riflessione sui morti, che riposino in pace come diciamo e speriamo, ma una riflessione sui vivi o supposti tali.

PS forse c'è questa necessità, sia pure rimossa perché necessariamente faticosa, di un fondamento etico nelle letture che oggi facciamo delle rappresentazioni dei regni dell'oltretomba. Nella stessa Divina Commedia fino alle pitture del giudizio finale, c'è una tensione nella cantica dell'inferno o nelle rappresentazioni dei dannati che è immensamente più coinvolgente di quanto non accada con le rappresentazioni dei beati. Forse è una lettura contemporanea ma proprio questo la rende consona al mio discorso.

mercoledì 30 ottobre 2024

I nuovissimi mostri

I nuovi mostri, il libro di Oliviero Beha di qualche anno fa (2009), prendeva le mosse dal funerale, più alla lettera dalla bara, di Sandro Curzi per condurre un’analisi spietata della decadenza nazionale, nello specifico di quella specie in via di estinzione che va sotto il nome di “intellettuali”. Non so dire se dallo scritto di Beha sono passati abbastanza anni perché il processo di estinzione possa dirsi concluso, certamente di passi avanti ne abbiamo fatti, su quale strada o ciglio di baratro giudicheranno i posteri. Oggi, davanti alla bara di Sandro Curzi, Beha avrebbe scritto della fragorosa risata dei vincenti e del malcelato dolore dei perdenti. Stupore! Chi può vincere o perdere davanti a un cadavere? Domanda oziosa se non si attraversa la valle dell’infantile trasposizione, dove tutto si declina in “chi vince” e “chi perde” e se sei con i primi ridi, se sei con i secondi piangi, non per il morto ma perché hai perso. Il cadavere è un arredo di scena, necessario per la parte in atto. Della vita del morto, della sua biografia, dei suoi sogni, delle sue ansie morali non importa e non deve importare nulla a nessuno, altrimenti il dolore, quello vero, annichilirebbe i seguaci del bipartito, chi ride e chi piange. Basterà un riferimento stanco al morto, magari ai suoi ultimi giorni, giusto per dare l’occasione a quelli che piangono di far sentire il loro “l’avevo detto anni fa”, per darsi un tono di profetico pasolinismo e ritornare al pianto odierno, quello facile, quello che vorrebbe far passare il dramma barocco per tragedia greca!


Ma che delirio è questo? È quello che accade dopo ogni elezione da un po’ di anni, con sempre meno elettori che vanno a votare. Rileggete le poche righe qui sopra pensando alle elezioni in Liguria. L’affluenza poco inferiore al 46%, meno della metà degli aventi diritto al voto. Diritto al voto! Anni fa il voto era considerato anche dovere civico ma ormai è concetto antico per pochi nostalgici, sepolto sotto le macerie vere del malcostume e presunte del “sono tutti uguali”, alibi per un popolo (o massa) complice che vuole farsi passare per vittima. Il cadavere della democrazia non ancora freddo è già nella bara. Un cadavere che per i nasi più sensibili già comincia a puzzare, nonostante le accorate proteste dei confratelli che fanno tornare in mente le pagine dei fratelli Karamazov quando il corpo senza vita di Zosima comincia a emanare quell’acre odore di putrefazione. Ma come? Il corpo di un santo che puzza? Che scandalo!


Per tornare al libro di Beha, questi sono i nuovissimi mostri, quelli che un confronto vero e costante sulla morte della democrazia non lo hanno fatto e non lo vogliono fare. Quelli dei sorrisi a sessantaquattro denti perché il/la leader ha scelto bene il candidato, come quelli della faccia triste perché lo hanno scelto male, come fosse una partita di serie C dove l’attaccante non era all’altezza del centrocampista e l'allenatore va cambiato. Continuiamo così, continuiamo a giocare questa partita truccata, poi tutti al funerale a gozzovigliare tra risate e pianti in nome del popolo italiano.

venerdì 30 agosto 2024

Eros e auto

Date le attuali condizioni di impossibilità di determinare con esattezza arbitraria la posizione sessuale e la quantità di moto erotico senza un errore superiore alla misura, entrare in auto equivale a indossare un guanto anticoncezionale per fare sesso sicuro! Lo spostamento dell'oggetto del desiderio erotico ha investito gli interni dell'auto di fattezze vaginali, mentre l'esterno diventa surrogato penico per corpi cavernosi in cerca di identità. Il guidatore, vestito interamente il corpo-fallo del dispositivo protettore, tra scocca e airbag, dà sfogo alla foja penetrativa con occhio sgranato e piede pesante che dall'acceleratore spruzza di liquido germinale il cilindro stantuffato dal pistone nel tripudio eiaculatorio che dall'albero motore si trasmette ai centri del piacere. Non ha varianti sessuali l'atto impuro. Il maschio e la femmina si confondono nell'orgasmico brum brum, infantile prosecuzione del è mio è mio: possessivo qualificativo della specie umana dalla tenera età. È questa monosessualizzazione marziale che sfugge ai terrorizzati del genere, che si fanno distrarre da televisive Olimpiadi dell'inane e non vedono la priapica erezione delle auto che si allungano di un centimetro all'anno. Il maschio nell'auto realizza se stesso; può finalmente mostrare la sua autentica natura: un inguantato membro della società del benessere. La femmina non ha più motivo di contestare l'improvvida invidia penis, perché finalmente ne ha uno, anzi ne è uno. L'atto impuro dicevo, perché guidare è atto masturbativo e solitario, privo di qualsiasi potenza generativa. Il pedone incontrato per la via disturba la foja manuale e l'auto sbanda come bimbo sorpreso a fare marachella.
Ognuno guida solo! L'Essere-per-la-guida è davanti a noi, nessuno può sfuggire.

venerdì 26 luglio 2024

Contabilità à la carte

Da un po' di tempo è tutto un fiorire di "analisi" sui materiali che servono per fare le batterie delle auto elettriche, quanto inquinano, quanto costano ecc. ecc. Spesso queste analisi sono corredate da immagini improbabili ma efficaci a creare un senso di paura. Da parte degli stessi autori di queste analisi non abbiamo mai visto altrettanta acribia sul fronte delle auto a motore. Nessuno di questi neoecologisti, e spesso nel novero ci sono pure associazioni che sostengono di essere ambientaliste, che si sia preso la briga di fare conti altrettanto dettagliati sul materiale richiesto per costruire oleodotti, gasdotti, navi metaniere e petrolifere, centrali di compressione, depositi e distributori di benzina, camion per trasportarla dal deposito al distributore, trivelle, piattaforme petrolifere, raffinerie, reagenti per abbattere emissioni, terre rare nelle marmitte catalitiche... Mi fermo?

La realtà non è affatto idilliaca, non lo è affatto, e qualsiasi tecnologia comporta rischi ambientali, sociali e politici. Non è infrequente dover ricordare quel maledetto secondo principio della termodinamica a chi disinvoltamente ne farebbe volentieri a meno!

A proposito di rischi sociali e politici, scusate la digressione, c'è qualcuno che sappia dimostrarmi che i paesi produttori di petrolio sono paradisi della democrazia e dei diritti sociali e civili?

Insomma, per farla breve, io posso pure passare sulla contabilità ambientale alla bisogna, è roba per miserabili ma pazienza, ma che brandisca la giustizia internazionale chi non se n'è mai fregato un tubo di nessuno che non fosse parente di sangue, questo no. Questa roba qua non è solo roba da miserabili che "difendono le auto degli italiani", questa roba puzza di petrolio da lontano! Questa roba è figlia di interessi precisi.

Detto questo, benvengano tutte le analisi sul ciclo di vita delle auto elettriche ma prima di leggerle io darei una sbirciatina al curriculum vitae et studiorum di chi le fa e pretendo, sì pretendo, di trovare studi analoghi e altrettanto dettagliati sulle auto a motore e sui combustibili fossili. E soprattutto pretendo di trovare un rigoroso sostenitore di lunga data dei diritti sociali dei lavoratori, di qualunque nazionalità.

Buon futuro!

domenica 2 giugno 2024

Della res publica

Patria, nazione, nazionalismo. Sono concetti diversi, sebbene possano confondersi sui loro confini. La prima evoca una dimensione sentimentale e spirituale (la terra degli avi), laddove la seconda è carica di tensioni storiche e geografiche. La terza è una degenerazione prepolitica e tribale che assurge alla grande dimensione. In questo caso la storia diventa un pretesto in mano a un manipolo di bruti. 

La sinistra ha sempre sofferto la confusione tra questi termini e per rigettare il terzo ha sacrificato il secondo e spesso rinnegato il primo, aiutata in questo anche dalla sua cultura internazionalista, fieramente internazionalista. Questo ha lasciato campo aperto a ciurmatori professionisti che si definiscono patrioti pur discendendo da chi voleva svendere la patria all'invasore nazista con cui quei "patrioti" s'erano alleati. I veri patrioti sono stati i partigiani che quei traditori della patria hanno combattuto e sconfitto. I veri patrioti sono quelli che hanno promosso politiche a tutela della res pubblica, dei diritti di tutti, della sanità pubblica, dell'istruzione per tutti.

La sinistra deve imparare a gridarlo forte, rivendicando i concetti di nazione e patria evitando le degenerazioni degli imbecilli il cui motto è più Italia meno Europa, Salvini o Giorgia che si vogliano fare chiamare. 

Buona festa della Repubblica italiana 🇮🇹

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