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Ho mangiato “come Gesù” per una settimana

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In Matteo 11,19, si evince che stare a tavola a fare festa piacesse un botto a Gesù, tanto che, al contrario di Giovanni Battista, era quasi un “mangione e beone.”

Come molti italiani, sono nato in una famiglia piuttosto cattolica. Mia madre è catechista. Mio padre è nel coro chiesa. Pur non abitando più coi miei, sono ancora l’addetto al presepe ogni Natale. Devo inderogabilmente sorbirmi la messa alla vigilia anche se ho sonno. Un sacco di segni della croce ad ogni pasto. E forse è per questo che alla fine parlo un sacco con Gesù—e un sacco di gente pensa che parli da solo. Anche più volte al giorno.

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Gesù, come forse saprete, è una figura centrale del cristianesimo, sia uno dei personaggi più influenti della storia dell’umanità. Attualmente nei paesi occidentali il tempo scorre a partire dalla sua nascita (a. C, d. C.); nei secoli è stato tra i soggetti più rappresentati nell’arte (con tutti gli adattamenti del caso); i libri che parlano di lui, i Vangeli (ma soprattutto la Bibbia per intero), sono tra i più letti al mondo; in questi duemila anni la sua eredità culturale è andata ben oltre la Galilea, e la Giudea, i luoghi dell’attuale Palestina in cui era solito predicare. Lasciti che hanno ispirato La Divina Commedia, il Salvator Mundi di Leonardo, più recentemente il Codice da Vinci di Dan Brown e quei videogiochi in cui sei Gesù e puoi provare a realizzare miracoli.

Dato che anche a me piace un sacco pasteggiare ma principalmente con precotti, schifezza-impure-confezionate, con problemi meteorismo annessi, una collega un giorno mi dice che avrei “solo potuto imparare da Gesù” e dalla “sua alimentazione molto sana e senza conservanti.”

Avendo imparato in anni di catechismo un sacco di storie interessanti della Bibbia—schiavitù, fratricidi, uomini con più mogli, che nel frattempo mi han fatto venire un sacco di dubbi sull’assenza di donne tra le figure chiave della chiesa—posso affermare che Gesù fosse (come recentemente Papa Francesco) un rivoluzionario. Soprattutto a tavola.

Nel Vangelo di Marco, per esempio, si racconta come Gesù rivalutò e rese “puri tutti gli alimenti,” smentendo nella sostanza il Levitico, parte del Vecchio testamento, in cui si afferma che i credenti non potessero mangiare un sacco di roba, come il maiale e “la lepre, perché rumina.” In generale nel Nuovo Testamento, poi, si narra di episodi in cui pasteggiava con esattori delle tasse, peccatori e prostitute—facendo prendere un coccolone a quei bigotti dei “farisei e i loro scribi.” In Matteo 11,19, ancora, si evince che stare a tavola a fare festa gli piacesse un botto tanto che, al contrario di Giovanni Battista, fosse un “mangione e beone.”

Dato che anche a me piace un sacco pasteggiare ma principalmente con precotti, schifezza-impure-confezionate (come testimonia la mia vecchia rubrica Junk Good su Munchies) e problemi di meteorismo annessi, una collega un giorno mi dice che avrei “solo potuto imparare da Gesù” e dalla “sua alimentazione molto sana e senza conservanti.”

Così, accettata la sfida, mi ritrovo in mano “A tavola con Abramo, le ricette della Bibbia” (edizioni San Paolo), un ottimo ricettario in cui si propone “un modo inusuale” per testare “la tradizione gastronomica tramandata nella Bibbia” con “piatti descritti con precisione” o semplicemente “citati” nel “testo sacro.” Molti passi dei Vangeli descrivono la relazione tra Gesù e il cibo, ma un libro che parla nel complesso dell’alimentazione nella Bibbia (che copre un periodo piuttosto lungooo) mi è sembrato tra i più completi per provare “concretamente i sapori” delle “sacre scritture.”

Una volta presi tutti gli ingredienti necessari, mi accorgo di una questione auto-evidente: questa è la spesa più sana che abbia mai fatto in vita mia

Ad aiutarmi nell’impresa di scegliere, cucinare, fotografare e schiscettare per il lavoro le ricette giuste per l’intera settimana, c’è invece quella santa di Camilla. Con lei ci diamo appuntamento in un posto che sono sicuro a Gesù piaccia un sacco: l’Esselunga di Viale Papiniano, a Milano, famoso per essere il supermercato dove sboccia l’amore, e i single trovano la loro metà tra un cotechino e una candeggina in promozione, e poi chissà, magari si sposano.

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Questo pensiero mi fa venire in mente il passo delle Nozze di Cana raccontate nel Vangelo di Giovanni, in cui Gesù trasformò l’acqua in Vino, perché era finito. Così chiedo a Camilla di dirigerci subito verso i fustini d’acqua. Ma le vie del Signore sono infinite: ci troviamo prima davanti a un sacco di bottiglie di vino. E mi sento subito un po’ come Noè, primo viticoltore delle scritture, che prova per la prima volta il brivido dell’ubriachezza.

In ogni caso, una volta presi tutti gli ingredienti necessari, mi accorgo di una questione auto-evidente: questa è la spesa più sana che abbia mai fatto in vita mia, c’è molta meno plastica del solito, i piatti che andremo a realizzare sono semplici, e purtroppo non c’è traccia di patate (fritte) o pomodori (trasformati in Ketchup) perché la scoperta dell’America è ancora molto lontana.

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La spesa come la farebbe Gesù

Ora, non so come mi sia imbarcato davvero in questa avventura, ma ho pure chiesto in giro ad alcuni amici cattolici e a miei se trovassero questo esperimento offensivo per loro—perché non è affatto questo il mio intento. Piuttosto divulgativo, derivante da una genuina curiosità e con un pizzico di bonaria ironia.

“Ti farebbe solo bene,” mi han detto.

Quindi, dopo questa settimana avrei trovato una rinnovata spiritualità? I miei brontolii allo stomaco sarebbero diminuiti? Avrei perso peso dato che non mangio sano? Qui di seguito, trovate una colazione, più i pranzi fatti durante una settimana, a cui ho alternato alla sera i piatti del pranzo del giorno precedente.

E sì, se ve lo state chiedendo, all’epoca di Gesù non esistevano, come le conosciamo oggi, le posate.

La colazione

Latte o Yogurt/ fichi secchi o frutta (uva)/succo di melagrana/miele

mangiare come gesù

Trascorrere la prima colazione baciato dalla luce del Padre—che per il dogma della Trinità è sempre Gesù—l’ho vissuto un po’ come una investitura divina. Ma in balcone, seppur attorniato da allori, mi è sembrato in realtà di pasteggiare come un hipster salutista qualunque.

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Come riportato nel ricettario, ai tempi di Gesù l’apicoltura non esisteva e il miele non si trovava mica su uno scaffale, ma in maniera fortuita. E, molto più probabilmente, nelle scritture viene definito miele anche “uno sciroppo denso e dolce derivato dalla lunga cottura di fichi, datteri, carrube e uva,” simile al “vincotto di fichi” pugliese.

mangiare come gesù

Ma ho ingurgitato pure un succo di melagrana, per le scritture “simbolo di fertilità e abbondanza,” che alla mia faringe è sembrato solo carente di zuccheri e privo di gioia. Quindi direi che ho comunque pagato lo scotto delle mie scelte. Chiedo ancora scusa alla mia coinquilina pugliese.

Primo pranzo

Il Pesce (preferibilmente di lago) alla griglia

A Gesù è capitato di moltiplicare, riempire reti e arrostire dozzine di pesci. Dopo la Resurrezione, in una delle sue apparizioni, chiese ai discepoli, che “credevano di vedere un fantasma” e “pieni di paura,” se avessero da mangiare. “Gli offrirono una porzione di pesce arrostito” e “lo mangiò davanti a loro” (Lc 24,42-43).

Anche a me piace un sacco il pesce, però fresco spesso costa e una volta cucinato impregna tutto quanto per giorni, se abiti in un cunicolo come me. Quindi di solito, vado di scatolette di tonno. Ma per Gesù ho deciso di passare sopra a tutto. E questo è il risultato:

pesce grigliato dieta gesù

In realtà—anche per uno che cucina poco—ho scoperto che è piuttosto semplice aprire un branzino (già pulito), metterci dentro delle fette di limone, poggiarlo sopra una piastra, e condire tutto con un po’ di odori, olio e sale.

Mangiarlo, se invece non sei pratico nel togliere le lische, è un po’ una scommessa sulla tua vita terrena.

Lisca pesce

Secondo pranzo

Spezzatino di Vitello, vino, porro, zucca e pane non lievitato

Come raccontato in The Food and Feasts of Jesus: Inside the World of First Century, il “pane quotidiano” era fondamentale nella dieta di una persona del I secolo in Medio Oriente. Per i cristiani è diventato, poi, metafora del bisogno di nutrimento spirituale e non; e nel mio caso, per una ricostruzione il più fedele possibile, l’ho scelto rigorosamente non lievitato e come utile sostituto della forchetta.

E fin qui tutto ok, posso spezzarlo:

Spezzare il pane gesù
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Lo spezzatino di vitello, invece, rappresenta un tema molto delicato quanto la sua ora e mezza di cottura: secondo alcune teorie, infatti, Gesù sarebbe stato vegetariano. Questo pensiero minoritario è stato rafforzato da alcune affermazioni del Papa emerito Benedetto XVI, secondo cui Gesù non avrebbe mangiato l’agnello, tipica pietanza della Pasqua ebraica, durante l’Ultima Cena. L’inghippo, però, per alcuni sta probabilmente nella comprensione delle parole di Bendeetto XVI: a livello metaforico in questo caso sarebbe stato, infatti, proprio lo stesso Gesù “il vero Agnello immolato per il bene di tutti.”

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Spezzatino di Vitello

“Gesù vive in un contesto culturale non vegetariano, si nutre di pesce e lo cuoce per i suoi discepoli e ha mangiato l’agnello pasquale [anche se non nell’ultima],” spiegava in un intervento il docente di giudaismo e Antico Testamento Gianfranco Nicora.

“Basterebbe questo a smentire tutte le teorie (di tradizione prevalentemente essena) che vorrebbero che Gesù fosse vegetariano e aborrisse l’uccisione di qualunque animale,” si legge in un articolo ben documentato de LaPorzione.

Ma sempre secondo Nicora, nel “Regno dei Cieli, a cui la stessa Bibbia vuole condurre l’umanità […] la dieta sarà necessariamente vegetariana.”

Spezzatino di agnello

Il dibattito come vedete è aperto.

L’unica cosa certa, per il momento, è che lo spezzatino cucinato da Camilla era cotto da Dio—nel senso di a puntino.

Terzo pranzo

Le erbe amare

Al terzo giorno consumare le erbe amare, una pietanza dell’Ultima Cena e tutt’ora consumata durante la Pasqua ebraica, mi preoccupa parecchio. Ma il ricettario propone della cicoria cotta + capperi + olive + pistacchi, e nonostante tutto il risultato finale galvanizza le mie papille gustative ed è quasi instagrammabile:

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Unica cosa: questo esperimento senza posate mi sta un po’ allontanando dai miei colleghi. Nessuno vuole rivolgermi la parola in pausa pranzo.

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Foto di Roberta Abate.

Quarto pranzo

Ricotta di capra e cipolle al forno

Qui dobbiamo tornare un attimo al Vecchio Testamento. Quando durante l’esodo nel deserto, gli ebrei iniziarono a lamentarsi del fatto che, nonostante tutto, durante la schiavitù d’Egitto mangiassero abbondantemente. Cipolle comprese.

Dal canto mio mentre le taglio inizio un po’ a piangere, non perché stia empatizzando con loro, per i troppi polifenoli o perché stavolta sono solo in cucina, ma perché saranno davvero il mio pasto.

Mi scuso per l’orrore cromatico:

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Foto dell’autore.

Quinto pranzo

Bulgur in insalata

Come ammesso nel ricettario, questo piatto è un po’ una rivisitazione “del grano abbrustolito,” una “sorta di antico popcorn ottenuto facendo arrostire il grano su pietre roventi.”

Quindi quello che vedete è in pratica del bulgur bollito in acqua leggermente salata, olive, mandorle tostate e primo sale:

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Bulgur in insalata con olive, mandorle tostate e primo sale

Vorrei dirvi che non ne ho mangiato così tanto come in foto, ma era il miglior pasto che facevo da giorni, e poi mi aspettava la giornata successiva. Il d-i-g-i-u-n-o.

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Sesto pranzo

Il Digiuno

Se Gesù ha digiunato quaranta giorni e quaranta notti, mi dico che un singolo giorno posso riuscirci anche io. Ma avete idea di quanti panettoni arrivino di ora in ora in una redazione che si occupa di cibo? Eccola lì, la tentazione.

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L’autore si è rifiutato di farsi ritrarre nel giorno del digiuno. Grafica maglia di Juta.

Nel momento più drammatico della giornata, quando sto lì lì per cedere, decido quindi di giocarmi il jolly chiamata-mamma-catechista. Mi inizia a parlare subito del fatto che il Diavolo cercò di incitare Gesù a trasformare delle pietre in pane per farlo fallire nel suo intento spiritual-detox.

È stata angosciante e convincente allo stesso tempo.

Settimo pranzo

Minestra di lenticchie

Non so se dalle vostre parti si usi, ma dove sono cresciuto l’espressione “cedere qualcosa per una minestra di lenticchie” significa che sei stato fregato durante uno scambio—e lo scemo sei proprio tu.

Il tutto deriva dalla storia secondo cui nel Vecchio Testamento, come ricordato sempre nel ricettario, con grande maestria Giacobbe fregò il fratello Esaù, convincendolo a scambiare la sua eredità da primogenito per un piatto di lenticchie fumanti.

Giacobbe dovette in seguito scappare perché il fratello voleva letteralmente ammazzarlo, ma il mio esperimento prevede che debba mangiarle ‘ste lenticchie, cosa che non mi è piaciuta per niente.

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Selfie dell’autore.

Risultati della dieta di Gesù

  • Ho perso due chili e seicento grammi in una settimana.
  • Ho davvero pregato più spesso per chiedere se stessi facendo bene e scusarmi dei vestiti di scena brutti.
  • Mi sono ubriacato, per sbaglio, due-tre volte da solo per un bicchiere di vino di troppo.
  • Mi sento molto più in forze e ho molti meno brontolii allo stomaco.

Se tutto questo non è un segno divino (o del Sinaire forte), fate un po’ voi. Grazie Gesù, ora capisco perché sei così fisicato e in forma nei dipinti.

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