Alla Consulta l’estensione della liquidazione al socio illimitatamente responsabile
Il socio non può contestare la sussistenza dei requisiti in capo alla società
L’apertura della liquidazione giudiziale a carico di una snc, sas e sapa, ai sensi dell’art. 256 del DLgs. 14/2019 (identicamente al previgente art. 147 del RD 267/42), investe anche i soci illimitatamente responsabili, pur se non persone fisiche.
È necessario, tuttavia, che ricorra una duplice condizione, ossia che il rapporto sociale non si sia sciolto da oltre un anno e, ulteriormente, l’insolvenza sia determinata, in tutto o in parte, da debiti esistenti alla data di cessazione della responsabilità illimitata (art. 256 comma 2 del DLgs. 14/2019, analogamente al previgente art. 147 comma 2 del RD 267/42).
Pertanto, posta la verifica positiva di tali condizioni e, ulteriormente, convocati i soci interessati (art. 256 comma 3 del DLgs. 14/2019 di cui già al previgente art. 147 comma 3 del RD 267/42), ne consegue l’automatica apertura della liquidazione giudiziale a loro carico.
Con l’ordinanza n. 204 del 3 ottobre 2024, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2024, il Tribunale di Matera, sebbene con riferimento alla previgente disciplina dell’art. 147 del RD 267/42, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato articolo con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., ove non si preveda la possibilità che i soci possano dibattere anche sui requisiti di “fallibilità” della società, quantomeno al fine di sottrarsi all’estensione della stessa nei loro confronti.
Si rileva, infatti, che nella fase istruttoria, propedeutica all’apertura della liquidazione giudiziale (ex fallimento), non vi è litisconsorzio necessario tra la società e i soci illimitatamente responsabili. Questi ultimi, infatti, possono opporsi unicamente all’estensione dell’apertura della procedura nei loro confronti, dimostrando che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 256 comma 2 del DLgs. 14/2019 (ex art. 147 comma 2 del RD 267/42); non possono contestare, invece, il fondamento della dichiarazione di apertura della procedura in capo alla società.
Come rilevato, per un verso, ciò non esclude che il socio possa comunque impugnare il provvedimento, sebbene circoscrivendolo al proprio interesse di non subire l’estensione; per altro verso, l’unica garanzia processuale per il socio sembra limitarsi alla necessità ex art. 256 comma 3 del DLgs. 14/2019 (ex art. 147 comma 3 del RD 267/42) che il tribunale ne disponga la convocazione.
Tale obbligo non genera alcuna contraddizione visto che risponde solo alla tutela del proprio interesse di socio ma non al generico interesse di difesa della società avverso all’apertura della liquidazione giudiziale (ex fallimento) che, legittimamente, spetta esclusivamente a chi la rappresenta.
In altri termini, i soci non sono legittimati a contestare il fondamento dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale a carico della società (ex fallimento), la cui natura “erga omnes” si estende anche nei confronti dei soci, attuali e precedenti, potendo questi, di contro, opporsi solo alla loro personale “liquidazione giudiziale”, sulla scorta delle condizioni che attengono alla sussistenza del vincolo sociale (dimostrandone l’estraneità).
L’apertura della liquidazione giudiziale a carico del socio, dunque, si caratterizza, allo stesso tempo, per una relativa autonomia rispetto alle vicende della società, benché effetto dipendente e accessorio all’apertura della procedura a carico della stessa.
La disciplina della liquidazione giudiziale (ex fallimento) del socio illimitatamente responsabile porrebbe, secondo i giudici, delle criticità in merito alla possibile violazione del diritto di difesa del socio, costituzionalmente sancito agli artt. 24 e 111 Cost.
Innanzitutto, il socio in nessun caso è legittimato a contestare la sussistenza dei requisiti necessari per l’apertura della procedura, sebbene da questa derivi la successiva apertura anche nei suoi confronti.
Inoltre, il socio subisce una sostanziale “capitis deminutio”, poste le rilevanti conseguenze giuridiche e personali che discendono dall’apertura della procedura, rispetto alle quali la sola possibilità di dimostrare che non ricorrono i presupposti necessari (ex art. 256 comma 2 del DLgs. 14/2019 già art. 147 comma 2 del RD 267/42) sembra risultare sostanzialmente poco significativa e statisticamente irrilevante, dato l’esiguo numero di casi.
Diversamente, ove alla disciplina dell’estensione della liquidazione giudiziale dovesse darsi un’interpretazione costituzionalmente orientata, ciò potrebbe condurre a ritenere che il socio sia legittimato ad approntare la propria difesa anche attraverso la contestazione dei presupposti necessari per l’apertura della procedura in capo alla società.