- "«Noi Hobbit dovremmo rimanere uniti, ed è ciò che faremo. Io parto, e se non vogliono, che m'incatenino! Vi deve pur essere qualcuno provvisto d'intelligenza nella comitiva». «Allora non verrai certo scelto, Peregrino Tuc!»,"
- —Pipino e Gandalf, Il Signore degli Anelli, libro II, cap. III, "L'Anello va a Sud".
Peregrino Tuc, detto Pipino (Pippin), fu un hobbit della Contea appartenente alla Famiglia Tuc che visse a cavallo tra la Terza e la Quarta Era. Cugino di primo grado di Meriadoc Brandibuck, era inoltre lontano parente di Frodo Baggins in quanto Gerontius Tuc, suo trisavolo paterno, era il bisnonno materno di quest'ultimo.
Nato nel 2990 TE da Paladino II, all'età di 29 anni accompagnò Frodo nella sua fuga dalla Contea divenendo poi uno dei membri della Compagnia dell'Anello. Rapito dagli Uruk-hai assieme al cugino Merry, partecipò all'Attacco degli Ent a Isengard e successivamente si recò a Gondor assieme a Gandalf, dove Denethor lo nominò Guardia della Cittadella.
Combatté nella Battaglia del Morannon e, in seguito, contribuì a scacciare i Ruffiani di Sharkey dalla Contea. Dopo la Guerra dell'Anello visse nella Contea divenendone il Conte nel 13 QE alla morte del padre.
Nel 63 QE intraprese con il cugino Merry un viaggio verso sud per visitare Éomer di Rohan prima della sua morte, dopodiché proseguì verso Gondor. Morì a Minas Tirith e fu sepolto assieme al cugino nelle Tombe dei Re.
Nomi e etimologia[]
In Ovestron era noto come Razanur Tûk, che significa letteralmente "Straniero" e nel volume Peoples of Middle Earth viene rivelato essere il nome di un leggendario viaggiatore hobbit. Il nome Peregrino deriva invece da un termine latino (peregrinus) che, oltre ad indicare una persona straniera, è usato per riferirsi anche ai viaggiatori; il termine inglese Pilgrim ha la stessa origine.
Descrizione[]
In quanto membro della Famiglia Tuc, Pipino appartiene alla stirpe hobbit dei Paloidi e viene descritto con i capelli ricci e castano chiari, quasi dorati; almeno inizialmente è presentato come il più piccolo dei quattro mezzuomini protagonisti, essendo anche il più giovane tra di loro, ma dopo aver bevuto l'Acqua degli Ent crebbe di diversi centimentri, tanto da diventare, assieme a suo cugino Merry, uno degli hobbit più alti della storia, arrivando a misurare ben 138cm.
A differenza dei cugini Frodo e Meriadoc, Pipino appare come ingenuo e avventato, anche se forse ciò è dovuto essenzialmente alla sua giovane età, tanto che Gandalf arriverà più volte a definirlo più o meno bonariamente "sciocco"; nel corso della sua avventura tuttavia seguirà un percorso di maturazione che gli farà prendere consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità. È comunque una persona leale e fedele, che farebbe di tutto per i suoi amici e le persone a lui care, arrivando persino ad affrontare nemici molto più grossi di lui.
Biografia[]
Origini[]
Peregrino nacque nella Contea da Paladino II e Eglantina Banks nel 2990 TE (1390 CC). Fin da piccolo coltivò un ottimo rapporto con i cugini Bilbo e Frodo Baggins, nonostante i genitori non incoraggiassero questa amicizia. Ebbe tre sorelle maggiori di nome Perla, Pimpernel e Pervinca.
Quando aveva 11 anni, nel 3001 TE (1401 CC), Peregrino partecipò alla Festa di Compleanno di Bilbo, dopo la quale scomparve dalla Contea, lasciando a Frodo Casa Baggins e l'Anello. Crescendo divenne grande amico del cugino Meriadoc Brandybuck, tanto che si recava spesso nella Terra di Buck ed era un cliente affezionato della locanda la Pertica D'Oro.
La Guerra dell'Anello[]
La fuga dalla Contea e il viaggio fino a Brea[]
Pipino fece parte della "congiura" ordita da Merry e con l'aiuto di Sam e Grassotto Bolgeri per convincere Frodo a non lasciare da solo la Contea. Aiutò quindi Frodo a lasciare Casa Baggins il 30 Settembre 3018 TE, accompagnandolo assieme a Sam lungo il tragitto da Hobbiville a Crifosso, dove dovevano incontrarsi con Merry e Grassotto.
Durante il tragitto incapparono, senza essere scorti, in uno dei Nazgûl e stavano per essere raggiunti, ma ebbero la fortuna di incontrare alcuni Noldor guidati da Gildor che gli tennero compagnia durante la notte e li ospitarono in uno dei loro rifugi tra gli alberi. Giunti a Crifosso dopo aver incontrato il Vecchio Maggot, Pipino e gli altri misero Frodo al corrente della congiura e l'hobbit non ebbe altra scelta che portarli con sé.
Su idea di Merry i quattro compagni decisero di evitare la strada principale, per timore d'incontrare i Nazgûl, e optarono quindi per attraversare la Vecchia Foresta. Tuttavia la traversata rischiò di trasformarsi in tragedia: infatti dopo essersi perduti a causa della malefica magia della Foresta, il Vecchio Uomo Salice catturò Merry e Pipino minacciando di stritolarli; solo il provvidenziale intervento di Tom Bombadil impedì che la situazione degenerasse.
I quattro Hobbit furono dunque ospiti di Tom per un paio di giorni e poi decisero di ripartire alla volta di Brea. Per arrivare alla cittadina però, occorreva attraversare le Tumulilande e qui accadde un'altra avventura spiacevole: Pipino e i suoi compagni furono catturati dallo Spettro dei Tumuli, il quale li avrebbe probabilmente uccisi se Frodo non avesse intonato la canzone Aiuto Tom Bombadil!, evocando quindi Tom che scacciò lo spettro e li liberò dall'incantesimo.
Fu in questa occasione che i quattro hobbit ottennero le Lame dell'Ovesturia. Per evitare incidenti furono dunque scortati da Tom in vista di Brea, dopodiché l'allegro individuo si congedò da loro per ritornare nella Vecchia Foresta dalla sua Baccador.
La formazione della Compagnia e il viaggio fino a Lothlórien[]
Per approfondire, vedi le voci Consiglio di Elrond e Scontro sulla Tomba di Balin. |
La morte di Boromir e il rapimento[]
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Amon Hen. |
Durante la sosta presso le Cascate del Rauros, Boromir, posseduto dalla brama dell'Anello, spaventò Frodo che decise di sparire ed incamminarsi da solo alla volta di Mordor. Quando Boromir porta al campo la notizia della scomparsa dell'hobbit, Pipino, senza attendere le disposizioni di Aragorn, si lanciò nella foresta assieme a Merry e agli altri membri della Compagnia chiamando a gran voce Frodo.
Mentre si aggiravano nel boschi alla ricerca dell'amico lui e Merry incapparono in un folto gruppo di orchi e Uruk-hai nascosti nella boscaglia per tendere un agguato alla Compagnia. Scoperti, i due hobbit cercarono di fuggire ma vennero circondati e costretti a difendersi: sguainate le loro spade amputarono diverse mani e braccia (gli orchi avevano infatti ordine di prenderli vivi), ma probabilmente sarebbero stati comunque sopraffatti se non fosse sopraggiunto Boromir che, suonando il suo corno, piombò sui nemici e ne uccise diversi per poi allontanarsi con i due hobbit cercando di portarli in salvo.
Tuttavia i tre non fecero però molta strada e vennero nuovamente circondati: dopo un'eroica resistenza Boromir fu gravemente ferito e si accasciò a terra contro un albero mentre Pipino e Merry, quest'ultimo ferito di striscio alla testa, furono disarmati e legati per essere portati a Isengard. I due amici furono passati da orco ad orco come sacchi di patate, facendo solo brevissime pause; durante una di queste gli Uruk-hai si incontrarono con un gruppo di orchi provenienti da Mordor, con i quali ebbero un violento alterco in quanto i secondi avrebbero invece voluto portare i due prigionieri da un Nazgûl che li attendeva presso il fiume, così da condurli poi da Sauron. La discussione fu risolta sbrigativamente da Uglúk che decapitò un paio di orchi, per poi riprendere la marcia.
Gli orchi infatti avevano fretta di condurre i prigionieri al loro padrone e in più sapevano di essere inseguiti da Aragorn, Legolas e Gimli. Ad un certo punto della marcia Uglúk obbligò i due hobbit a camminare per discendere un ripido pendio e Pipino, approfittando della nebbia che nel frattempo si era alzata, riuscì ad eludere la sorveglianza quel tanto che bastava per far cadere la sua spilla elfica, riuscendo a fornire ad Aragorn la prova che erano ancora vivi.
La fuga e l'incontro con Barbalbero[]
Per approfondire, vedi la voce Scontro al confine della Foresta di Fangorn. |
Tuttavia non era destino che i due amici venissero soccorsi dai loro compagni: infatti le vedette di Rohan avevano individuato la truppa di Uruk-hai e si erano affrettati a darne notizia ad Éomer che, radunata la propria éored, si era messo al loro inseguimento, mentre alcuni arcieri a cavallo bersagliavano di frecce la colonna tenendosi a debita distanza. Alla fine gli orchi furono costretti in una collina in prossimità della Foresta di Fangorn, circondati dai Rohirrim. Approfittando della distrazione di Uglúk, impegnato a organizzare i suoi guerrieri per respingere gli attacchi dei Cavalieri di Rohan, l'orco di Mordor Grishnákh (il quale aveva tentato di far portare Merry e Pipino dal Nazgûl presso l'Anduin) prese i due hobbit e li portò al di fuori del cerchio, appartandosi con loro per perquisirli e recuperare ciò che i suoi padroni erano convinti che fosse in loro possesso. Involontariamente l'orco salvò la vita a Merry e Pipino poiché, quando i Rohirrim caricarono gli Uruk-hai, probabilmente sarebbero stati travolti dai cavalli nella confusione della battaglia; fortunosamente Grishnakh fu colpito da un giavellotto e poi travolto da un cavallo, permettendo così ai due amici, che nel frattempo si erano riusciti a liberare dalle corde, di fuggire.
Scampati agli orchi, Pipino e l'amico si inoltrarono nella Foresta di Fangorn cercando di allontanarsi il più possibile dai combattimenti. Una volta al sicuro ed essersi rifocillati con le acque dell'Entalluvio (che curarono le loro ferite e piaghe sofferte durante la prigionia), rimasero indecisi sul da farsi: tornare indietro non se ne parlava, mentre inoltrarsi nella foresta non sembrava la migliore delle scelte. Decisero quindi che la cosa più intelligente sarebbe stata seguire il corso del fiume fino ad uscire dalla foresta, così s'incamminarono; mentre proseguivano giunsero in prossimità di un promontorio, sul quale si trovava quello che a loro parve un vecchio albero simile ad un vecchio uomo, che decisero di scalare così da scrutare l'orizzonte e riuscire in qualche modo ad orientarsi. Una volta che si furono arrampicati ed ebbero osservato il panorama accadde però qualcosa di inaspettato: quello che avevano creduto un albero si animò e parlò con loro presentandosi come Barbalbero.
- "«Hai quasi avuto l’impressione che la Foresta ti piacesse! Molto bene! E’ un modo gentile di parlarne», disse una voce estranea. «Voltatevi, affinché veda i vostri visi. Ho quasi l’impressione che non mi piacciano, ma non voglio essere frettoloso. Voltatevi!». Due grosse mani dalle giunture nodose si posarono sulle loro spalle e li costrinsero dolcemente ma irresistibilmente a girarsi; poi, due lunghe braccia li sollevarono. I due Hobbit si trovarono a faccia a faccia con l’essere più straordinario che avessero mai visto. [...] Ma sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi. Occhi profondi che li osservavano, lenti e solenni, ma molto penetranti. Erano marroni, picchiettati di luci verdi. [...] «Hrum, Huum», mormorò la voce, una voce bassa e profonda come il suono di un violoncello. «Davvero molto strani! Niente fretta, è questo il mio motto. Ma se vi avessi veduti prima di udire la vostra voce, non avrei esitato a calpestarvi, scambiandovi per piccoli Orchi, e mi sarei accorto soltanto dopo del mio errore. Siete davvero molto strani. Radici e ramoscelli, molto strani!». Pipino, pur rimanendo strabiliato, non aveva più alcun timore. Quegli occhi gli incutevano una strana ansietà, ma nessuna paura. «Ti prego», domandò, «dicci chi sei, e che cosa sei!». Scorsero allora negli occhi una strana espressione, una specie di infinita stanchezza; il pozzo profondo ne era ricoperto. «Hrum, beh!», rispose la voce; «ebbene, io sono un Ent, o perlomeno è così che mi chiamano. Sì, Ent è la parola esatta. Sono io, l’Ent, direste voi, nel vostro modo di parlate. Fangorn è il nome che mi danno alcuni, ed altri Barbalbero. Barbalbero può andare»."
- —Il Signore degli Anelli, libro III, cap. IV, "Barbalbero"
L'Attacco a Isengard e la rimpatriata con Aragorn, Legolas e Gimli[]
Per approfondire, vedi la voce Attacco degli Ent a Isengard. |
L'uso del palantír e il viaggio verso Gondor[]
Poiché era stato il primo a toccare la sfera lanciata da Grima dall'alto di Orthanc, Pipino si sentiva stranamente attratto da quell'oggetto pur non riuscendone a spiegarsi il motivo.
Durante la sosta notturna dunque il giovane hobbit approfittò del sonno che aveva colto i suoi compagni per prendere a Gandalf la sfera e studiarsela per conto suo: ciò che non poteva lontanamente immaginare era che la sfera non era altro che uno dei palantír e che questa era collegata direttamente all'Ithil-sfera in possesso di Sauron a Mordor, e questo era il mezzo con cui Saruman e l'Oscuro Signore si tenevano in contatto. L'hobbit ebbe dunque un contatto ravvicinato con Sauron che lo interrogò.
- "«"Così, sei tornato? Perché è passato tanto tempo senza che tu mi riferissi nulla?". Non risposi. Egli domandò allora: "Chi sei?". Continuai a tacere, ma mi sentivo straziare; e lui insisteva, tanto che infine dissi: "Un Hobbit". Allora parve che improvvisamente mi vedesse, e mi rise in faccia. Era crudele. Mi sentivo come trafitto da mille pugnali. Cercai di svincolarmi, ma lo udii esclamare: "Aspetta un momento! Ci rincontreremo presto. Di' a Saruman che quel gingillo non è per lui. Lo manderò a prendere immediatamente. Hai capito? Di’ solo questo!". Mi guardò con gioia perversa, e mi parve di essere tagliato in piccoli pezzettini. No, no! Non posso dire altro. Non ricordo più nulla»."
- —Pipino racconta il suo dialogo con Sauron, Il Signore degli Anelli, libro III, cap. XI, "Il Palantir".
L'arrivo a Minas Tirith, l'incontro con Denethor e la nomina a Guardia della Cittadella[]
- "«Attento alle tue parole, Messere Peregrino, non è questo il momento adatto all'insolenza degli Hobbit. Théoden è un vegliardo buono e gentile. Denethor è di tutt'altra razza, orgoglioso e perspicace, uomo di assai più alto lignaggio pur non essendo chiamato re»"
- —Gandalf mette in guardia Pipino su Denethor II, Il Signore degli Anelli, libro V, cap. I, "Minas Tirith"
Giunto a Minas Tirith assieme a Gandalf, Pipino viene preso a benvolere da Denethor (del quale tuttavia Gandalf gli suggerisce di diffidare) venendo nominato Guardia della Cittadella dal Sovrintendente.
Durante il periodo in città ebbe modo di stringere amicizia con Beregond, un soldato della guardia, e di assistere all'arrivo dei rinforzi dai feudi di Gondor. Fece inoltre conoscenza con Faramir e rimane impressionato dal coraggio del giovane capitano, stupendosi al tempo stesso della scarsa considerazione riservatagli dal padre.
L'Assedio di Gondor, la follia di Denethor e il salvataggio di Faramir[]
Per approfondire, vedi la voce Assedio di Gondor. |
Durante l'Assedio di Gondor Pipino, in quanto membro della Guardia della Cittadella, rimase di guardia all'ultimo livello di Minas Tirith accanto al Sovrintendente. Nel decorrere degli avvenimenti l'hobbit ebbe modo di rendersi conto della follia che aveva investito Denethor II dal ferimento del figlio: il Sovrintendente infatti, perduta ogni speranza, rifiutava di allontanarsi dal capezzale del figlio, cacciando chiunque si rivolgesse a lui in cerca di ordini.
Ad un certo punto, in preda alla disperazione, sciolse Pipino dal suo giuramento di fedeltà e ordinò ai suoi servitori di predisporre Faramir su una lettiga e seguirlo.
- "Di nuovo giunsero dei messi alla camera della Torre Bianca e Pipino li fece entrare, perché avevano molta urgenza. Denethor distolse lento il capo dal volto di Faramir e li osservò in silenzio. «La prima cerchia della Città sta bruciando, sire», dissero. «Quali sono i tuoi ordini? Sei ancora tu il nostro Signore e Sovrintendente. Non tutti intendono seguire Mithrandir. Gli uomini fuggono dalle mura lasciandole indifese». «Perché? Perché fuggono quegli stolti?», esclamò Denethor. «Meglio bruciare prima che dopo, poiché in ogni caso bruciare dovremo. Tornate ai vostri falò! Ed io? Io mi avvio al mio rogo. Al mio rogo! [...] L’Occidente soccombe. Tornate indietro e ardete!». I messaggeri senza inchini né risposta si voltarono e fuggirono. [...] Poi, avvicinandosi con passo silenzioso a Pipino, abbassò su di lui il suo sguardo. «Addio!», egli disse. «Addio, Peregrino figlio di Paladino! E’ stato breve il tuo servizio, ed ora si avvicina la fine. Ti restituisco la libertà per quelle poche ore che rimangono. Va’ adesso, va’, a morire nel modo che preferisci, ed in compagnia di chi preferisci, fosse anche di quell’amico la cui follia ti ha condotto a questa fine. Chiama i miei servitori e poi va’. Addio!»."
- —Il Signore degli Anelli, libro V, cap. IV, "L'Assedio di Gondor".
Tuttavia Pipino, pur accettando rispettosamente le parole di Denethor, rifiutò di essere sciolto dal suo giuramento, sostenendo di riporre ancora speranza nelle parole di Gandalf, dopodiché eseguì l'ordine di chiamare i servitori. Accadde che si formò un mesto corteo con i fedeli servi di Denethor che trasportavano il letto di Faramir seguiti dallo stesso Sovrintendente e, per ultimo, il giovane Pipino. Quando il corteo imboccò la Strada dei Morti che conduceva alle Case dei Re, Pipino cominciò a preoccuparsi e a domandarsi quali fossero in realtà le intenzioni del suo signore. La risposta peggiore ai suoi timori divenne realtà quando, dopo che giunsero in uno dei sepolcri dei sovrintendenti, Denethor ordinò di adagiare Faramir su un letto di pietra e cominciare a raccogliere fascine e olio al fine di preparare un rogo per sé e il figlio. Compreso che Denethor era ormai definitivamente impazzito, l'hobbit capì di dover fare qualcosa per salvare la vita al giovane capitano di Gondor:
- "«Con il vostro permesso, sire!», disse Pipino e voltandosi fuggì terrificato dalla ferale dimora. [...] Sulla soglia si volse verso uno dei servitori che era rimasto di guardia alla porta. «Il tuo padrone non è in sé», disse. «Siate lenti! Non portate fuoco in questo luogo finché Faramir è ancora vivo! Non fate nulla, aspettate Gandalf!». «Chi è il padrone di Minas Tirith?», rispose l’uomo. «Sire Denethor o il Grigio Errante?». «Il Grigio Errante o nessun altro, a quanto pare», disse Pipino, e corse su per la via serpeggiante con tutta la velocità dei suoi piccoli piedi, attraversò la porta sotto gli occhi del portiere stupefatto e giunse finalmente nei pressi del cancello della Cittadella. La sentinella lo chiamò mentre passava, ed egli riconobbe la voce di Beregond. «Dove corri, Messer Peregrino?», gridò. «In cerca di Mithrandir», rispose Pipino. «Gli ordini di Sire Denethor sono urgenti e non tocca a me ritardarne l’esecuzione», disse Beregond; «ma dimmi presto, se puoi: che cosa sta accadendo? Dove è andato il mio Signore? Ho appena preso servizio qui, ma mi è stato detto che l’hanno visto recarsi in direzione della Porta Chiusa e che degli uomini lo precedevano portando su una barella Faramir». [...] Narrò rapidamente le strane parole ed azioni di Denethor. «Devo trovare Gandalf immediatamente». «In tal caso devi andare giù alla battaglia». «Lo so. Il Signore me ne ha dato libertà. Ma, Beregond, se puoi, fa’ qualcosa per impedire che accada qualcosa di terribile». «Sire Denethor non permette a coloro che vestono di nero e argento di allontanarsi dal proprio posto per alcun motivo, a meno che non lo ordini lui stesso». «Ebbene, devi scegliere fra gli ordini e la vita di Faramir», disse Pipino. «E comunque credo che abbiate a fare con un pazzo, e non con un sovrano. Devo scappare. Tornerò, se possibile»."
- —Il Signore degli Anelli, libro V, cap. IV, "L'Assedio di Gondor".
Dopo aver convinto Beregond a disobbedire agli ordini del Sovrintendente e a guadagnare tempo impedendo che gli ordini di Denethor fossero eseguiti celermente, Pipino corse ai livelli inferiori a chiamare Gandalf, e lo trovò impegnato a dirigere le difese della città, con le truppe di Gondor che si apprestavano a compire una sortita in aiuto dell'esercito di Rohan, giunto proprio in quel momento a prestare soccorso alla città assediata. Pipino raggiunse trafelato lo Stregone, spiegandogli che Denethor era impazzito ed era necessario il suo intervento; inizialmente Gandalf era riluttante, poiché, disse, se si fosse attardato ad occuparsi di Denethor molti avrebbero probabilmente perso la vita fuori dalle mura della città. Tuttavia, quando Pipino gli disse che nella sua follia il Sovrintendente avrebbe ucciso anche Faramir, non ebbe un attimo di esitazione e si diresse con Pipino alle Case dei Re onde impedire la tragedia. L'hobbit e lo Stregone riuscirono a giungere in tempo, grazie anche all'intervento di Beregond che, lasciato il suo posto, aveva raggiunto le Case dei Morti e impedito che Denethor si chiudesse nel mausoleo, anche se a costo di uccidere due dei servitori di Denethor.
- "E mentre Gandalf e Pipino balzavano innanzi udirono dall’interno della Casa dei Morti la voce di Denethor che gridava: «Presto, Presto! Fate ciò che vi ordino! Uccidete questo rinnegato! O devo farlo io stesso?». Ed in quell’istante la porta che Beregond teneva socchiusa con la mano sinistra fu spalancata con violenza, mentre dietro di lui si vide ergersi il Sire della Città, alto e crudele; una luce avvampava come fuoco nei suoi occhi, ed egli teneva in mano una spada sguainata. Ma Gandalf con un salto fu in cima alle scale e gli uomini caddero riversi coprendosi gli occhi, perché il suo arrivo era come la venuta improvvisa di una luce bianca in un luogo oscuro, e grande era il suo furore. Alzò la mano e d'un colpo la spada di Denethor volò per aria e sfuggendogli di mano cadde alle sue spalle nell’ombra della casa; e Denethor indietreggiò alla vista di Gandalf, come stupefatto."
- —Il Signore degli Anelli, libro V, cap. VII, "Il Rogo di Denethor".
Riuscirono dunque a salvare Faramir dal tentativo di Denethor di darsi fuoco assieme al figlio, ma esistettero comunque impotenti al suicidio del Sovrintendente di Gondor che, ritenendo ormai tutto perduto, si lasciò bruciare sulla pira tenendo in mano in Palantír di Minas Tirith.
Dopo la fine della Battaglia dei Campi del Pelennor, Pipino scese nelle ultime cerchie della città per cercare Merry il quale aveva combattuto tra le schiere dei Rohirrim, aiutando Éowyn a sconfiggere il Re Stregone. Tuttavia l'hobbit, come anche la Principessa di Rohan, era stato infettato dall'Alito Nero, sebbene in maniera più leggera rispetto ad Éowyn, ed ora girovagava confuso e con la mente annebbiata; fu appunto durante questo deambulare che Pipino ritrovò l'amico, precipitandosi a prestargli aiuto e a condurlo alle Case di Guarigione, venendo aiutato in questo da Gandalf, dove quella sera stessa Aragorn, entrato in incognito in città, potè curare l'infezione dovuta all'Alito Nero del Re Stregone.
La Battaglia del Morannon e la sconfitta di Sauron[]
Per approfondire, vedi le voci Battaglia del Morannon e Incoronazione di Re Elessar. |
Quando i capi delle forze del Bene decisero di marciare verso i cancelli del Morannon, Pipino entrò a far parte della spedizione.
Arrivato davanti all'ingresso della fortezza di Sauron, è lui che grida di orrore quando la Bocca di Sauron mostra la Cotta di Mithril di Frodo. Durante la battaglia che ne seguì salvò la vita a Beregond, riuscendo ad uccidere un capitano degli Olog-hai, il cui cadavere tuttavia cadde su di lui bloccandolo e lasciandolo mezzo soffocato. Venne salvato da Gimli dopo la battaglia che ne riconobbe il piede e lo trasse da sotto la carcasse del troll.
Il ritorno alla Contea, la battaglia di Lungacque e la morte di Saruman[]
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Lungacque. |
Dopo il matrimonio di Aragorn ed Arwen e dopo i funerali di Théoden i quattro Hobbit tornarono alla Contea, che trovarono devastata e invasa dai "Ruffiani" agli ordini di Saruman, il quale all'epoca risiedeva a Casa Baggins e si faceva chiamare Sharkey.
Pipino fu uno dei più impavidi tra coloro che ispirarono gli hobbit alla rivolta: dopo aver battuto i primi Ruffiani inviati a sedare le prime avvisaglie di sollevazione, Pipino corse a Tucboro per cercare rinforzi tra i suoi parenti Tuc ritornando con un centinaio di agguerriti hobbit desiderosi di scacciare Sharkey e i suoi uomini. Nella decisiva battaglia è tra coloro che combatterono in prima linea, anche in virtù della propria esperienza militare guadagnata sul campo di battaglia durante la Guerra dell'Anello.
La Quarta Era e il conteato[]
Dopo la fine della Guerra dell'Anello Peregrino sposò Diamante di Lungo Squarcio nell'anno 6 QE, dalla quale ebbe un figlio che chiamò Faramir in onore del Sovrintendente di Gondor.
Nel 13 QE (1434 CC) suo padre morì ed egli divenne il 32° Conte della Contea, venendo in seguito nominato Consigliere del Regno del Nord da Re Elessar assieme ai suoi amici Merry e Sam. In seguito divenne noto come Peregrino "Il Magnifico" e assieme all'amico Merry scrisse un trattato di storia contenente buona parte delle vicende storiche della Terra di Mezzo, oltre ad ampliare grandemente la biblioteca dei Grandi Smial.
Nel 63 QE intraprese assieme a Merry un viaggio che li portò prima a Edoras, dove dettero l'ultimo saluto al loro amico Re Éomer prima che questi morisse, per poi dirigersi a Minas Tirith dove morirono pochi anni dopo. Per decreto di Re Elessar le loro tombe furono poste nella Rath Dínen assieme a quelle degli eroi di Gondor e, dopo la morte del Re, furono collocati accanto al suo sepolcro.
Curiosità[]
- Peregrino all'inizio degli eventi de Il Signore degli Anelli ha ventotto anni ed è il più giovane membro della compagnia.
- È imparentato con due membri della compagnia in quanto Merry è suo cugino di primo grado, mentre Frodo è il bisnipote di Gerontius Tuc, trisavolo paterno di Peregrino.
- Nel libro de Il Signore degli Anelli Pipino forse uno dei pochi personaggi, assieme ad Aragorn, Saruman e Denethor, ad avere un incontro ravvicinato con l'Oscuro Signore grazie al palantír.
- Peregrino è più alto rispetto agli altri Hobbit. Questo perché, esattamente come Meriadoc Brandibuck, ha bevuto l'Acqua degli Ent.
Adattamenti[]
Il Signore degli Anelli (1978)[]
Nell'adattamento animato di Bakshi il personaggio dell'Hobbit è doppiato da Dominic Guard.
In questo adattamento risulta abbastanza fedele al personaggio delineato nel romanzo, seppur con lievi modifiche che tuttavia non ne inficiano la validità.
Nel film Pipino non partecipa ad alcuna congiura ma si unisce quasi immediatamente a Frodo assieme al cugino Merry.
Il Ritorno del Re (1980)[]
Nel film animato del 1980, l'hobbit Pipino è doppiato dall'attore Sonny Melendez.
In questo adattamento si discosta in parte dalla figura del romanzo e funge in alcune parti da narratore.
Inoltre lo si vede combattere con un arco durante la Battaglia del Morannon, benché non venga mai fatto cenno nel romanzo a ciò.
Trilogia de Il Signore degli Anelli (2001-2003)[]
Nella Trilogia di Peter Jackson il personaggio di Pipino è stato interpretato dall'attore scozzese Billy Boyd.
Nel film la caratterizzazione del personaggio è abbastanza differente rispetto al romanzo, in quanto il regista ha preferito enfatizzare la parte comica e ridicola del personaggio, ma nel complesso segue abbastanza fedelmente le vicende narrate nel romanzo, anche se è stata omesso il suo scontro con il troll nella Battaglia del Morannon.