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Mario Camerini

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Mario Camerini

Mario Camerini (Roma, 6 febbraio 1895Gardone Riviera, 4 febbraio 1981) è stato un regista e sceneggiatore italiano.

Nato a Roma da Camillo, noto socialista, avvocato, originario dell'Aquila, e da Laura Genina, di famiglia altoborghese, iniziò a lavorare per il cinema dal 1913 come sceneggiatore. Successivamente divenne assistente alla regia di Roberto Roberti a cui si legò profondamente, diventando in futuro il padrino del figlio Sergio Leone[1], era inoltre cugino di Augusto Genina, anch'egli regista di punta del cinema italiano durante il ventennio fascista.

Dopo l'esordio nella regia con Jolly (1923), Camerini si impose all'attenzione del pubblico e della critica, sul finire degli anni venti, con alcuni film muti fra cui Kif Tebbi (1928) e soprattutto Rotaie (1929), una drammatica storia d'amore presentata poco più tardi anche in Germania con notevole successo, che vide l'esordio dell'attore Guido Celano e che nel 1931 venne ridistribuito in versione sonora.

Nel 1932 diresse un giovane e debuttante Vittorio De Sica in Gli uomini, che mascalzoni..., garbata e accattivante commedia sentimentale d'ambientazione piccolo-borghese che aprì la sua cosiddetta "pentalogia borghese":[senza fonte] seguirono infatti altri quattro film dello stesso genere, sempre ambientati nel mondo della piccola borghesia, come Darò un milione (1935), Ma non è una cosa seria (1936), Il signor Max (1937) e I grandi magazzini (1939), quasi tutti interpretati dalla coppia Vittorio De Sica - Assia Noris. Quest'ultima, russa di origine, diventò, in quegli anni (1940-1943), moglie del regista.

Camerini si concesse una divagazione nella commedia farsesca con Il cappello a tre punte (1934), con Eduardo e Peppino De Filippo ed una nel cinema di propaganda fascista con Il grande appello (1936), con Camillo Pilotto e Roberto Villa, sulle conquiste africane del fascismo, film che però in seguito il regista ripudiò, dichiarandosi pentito di averlo realizzato.

Oltre alle commedie romantico-borghesi del filone dei telefoni bianchi (di cui fu il regista più rappresentativo), Camerini si cimentò egregiamente anche con altri generi come il melodramma sentimentale, con il film T'amerò sempre, girato in due versioni: la prima del 1933 con Elsa De Giorgi, Nino Besozzi e Mino Doro, e la seconda del 1943 con Alida Valli, Gino Cervi ed Antonio Centa, e con i film in costume, tra cui spiccano Una romantica avventura (1940) con Assia Noris, Gino Cervi e Leonardo Cortese, e soprattutto la versione cinematografica de I promessi sposi (1941), con Gino Cervi e Dina Sassoli, che fu uno dei film di maggior successo del cinema italiano dell'epoca fascista.

Nel dopoguerra continuò a dirigere commedie romantiche, melodrammi sentimentali e film mitologici e d'avventura, tra cui La figlia del capitano (1947), tratto dall'omonimo romanzo di Puškin, con Amedeo Nazzari ed Irasema Dilian, e il kolossal Ulisse (1954), tratto dall'Odissea di Omero e interpretato da Kirk Douglas, Silvana Mangano e Anthony Quinn, che fu il campione d'incasso in Italia dell'annata 1954-1955.

La sua ultima opera è del 1972, un episodio della serie di Don Camillo (Don Camillo e i giovani d'oggi) con Gastone Moschin, dopodiché si ritirò dall'attività registica.

Morì nel 1981, due giorni prima di compiere 86 anni[2], lasciando la moglie Tulli Hruska, sposata nel 1946, e le due figlie, Laura e Anna Maria.

Mario Camerini con Anchise Brizzi durante una ripresa esterna de I promessi sposi del 1941

Sceneggiatore

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Aiuto regista

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  1. ^ Sergio Leone e Noël Simsolo, C'era una volta il cinema, Milano, Il Saggiatore, 1999.
  2. ^ È morto il regista Camerini, inventò i "telefoni bianchi", La Stampa, 5 febbraio 1981

Voci correlate

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Altri progetti

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