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Zhao Liang

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Zhao Liang[1] (赵亮T, 趙亮S, Zhào LiàngP; Liaoning, 1971) è un regista e fotografo cinese.

La maggior parte delle sue produzione non è mai stata approvata dalla censura del governo cinese, tuttavia la presenza delle sue opere nel mercato pirata DVD lo ha reso celebre anche in madrepatria.[2][3][4]

Nasce a Dandong, provincia di Liaoning, Cina, nel 1971. Si laurea presso la Lu Xun Academy of Fine Art nel 1992 e si trasferisce a Pechino nel 1993, dove lavora sia come documentarista indipendente, sia come fotografo e videomaker. Inizia la sua carriera artistica come fotografo negli anni '90, prima di avventurarsi nella produzione di documentari.[5] I suoi primi due lavori sono Farewell, Yuanmingyuan (1995) e Paper Airplane (1997), pionieristici rispetto al film documentario cinese di quel tempo. Il primo narra gli ultimi giorni di un villaggio dell'arte prima della sua chiusura da parte dell'autorità governative e il secondo segue le vite dei giovani senza diritti in mezzo alla ripartizione del sistema socialista cinese nel 1990.[5]

Un precursore di un rivoluzionario movimento documentarista in Cina, la macchina da presa di Zhao Liang espone le lotte delle persone comuni provenienti da diversi segmenti della società cinese. Nel 2007, il suo Crime and Punishment (Zui yu fa) vince la Mongolfiera d'oro al Festival des 3 Continents a Nantes, Francia.

Nel 2009 ha presentato al Festival di Cannes il documentario Petition (Shang Fang), sul sistema giuridico cinese; il film, girato in un periodo di oltre 12 anni[6], descrive l'odissea di un cittadino cinese che si reca a Pechino per lamentarsi del comportamento di alcuni funzionari locali. Film che diede a Zhao Liang più visibilità e notorietà internazionale ma che fu censurato nella nativa Cina per essere stato presentato al festival senza il permesso.[7][8]

Nel 2010 il film Together (Zai yi qi), commissionato dal Ministero per la Salute, è uno sguardo sulla discriminazione nei confronti dei malati di HIV e AIDS in Cina.

Nel 2015 presenta in concorso al Festival di Venezia il documentario Behemoth (Beixi Moshuo), un viaggio "dantesco"[9] sullo sviluppo economico cinese ambientato nella regione cinese della Mongolia Interna.[10]

Il suo lavoro è stato esposto sia in festival cinematografici che in sale museali, tra cui Chinese Realities/Documentary Visions tenuto nel 2013 al MoMA di New York[11], dove il suo film punto di riferimento, Petition venne proiettato nella versione originale di cinque ore per la prima volta.[12]

Zhao Liang vive a Pechino.

Cortometraggi

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  • Bored Youth (2000)
  • Jerks, Don't Say Fuck (2001)
  • City Scene (Cheng shi Feng jing) (2004)

Riconoscimenti

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  1. ^ Nell'onomastica cinese il cognome precede il nome. "Zhao" è il cognome.
  2. ^ Edward Wong, Chinese Director’s Path From Rebel to Insider, su nytimes.com, The New York Times, 13 agosto 2011. URL consultato il 18 maggio 2016.
  3. ^ 赵亮 (艺术家、导演), su baike.baidu.com.
  4. ^ (EN) ND/NF Interview: Zhao Liang - Film Comment, su Film Comment, 17 marzo 2016. URL consultato il 21 maggio 2016.
  5. ^ a b widewalls, Zhao Liang, su WideWalls. URL consultato il 20 maggio 2016.
  6. ^ A. O. Scott, ‘Petition,’ a Zhao Liang Documentary - Review, in The New York Times, 13 gennaio 2011. URL consultato il 20 maggio 2016.
  7. ^ petition «  dGenerate Films, su dgeneratefilms.com. URL consultato il 20 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2016).
  8. ^ Richard Phillips, Petition: The Court of the Complainants—a potent Chinese documentary about injustice and state repression - World Socialist Web Site, su wsws.org. URL consultato il 20 maggio 2016.
  9. ^ Venezia72: “Behemoth” di Zhao Liang vince il premio della sostenibilità Green Drop Award, La Stampa, 11 settembre 2015
  10. ^ a b La Biennale di Venezia - Premi Collaterali della 72. Mostra, su labiennale.org. URL consultato il 20 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2016).
  11. ^ Chinese Realities/Documentary Visions | MoMA, su The Museum of Modern Art. URL consultato il 20 maggio 2016.
  12. ^ (EN) Chinese Realities / Documentary Visions at MOMA | Digicult | Digital Art, Design and Culture, su Digicult | Digital Art, Design and Culture. URL consultato il 20 maggio 2016.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Controllo di autoritàVIAF (EN24360855 · ISNI (EN0000 0000 4851 065X · ULAN (EN500463794 · LCCN (ENno2006098142 · GND (DE1017708134 · BNF (FRcb141159076 (data)