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Iefte

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«E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti; per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.»

Iefte (talvolta Jefte, o Jephta; dall'ebraico יפתח Yiftach) è un personaggio biblico della tribù di Manasse menzionato nel Libro dei Giudici, che servì come giudice di Israele per un periodo di sei anni (Giudici 12,7[1]) e liberò gli Israeliti dalla oppressione degli Ammoniti, che da 18 anni li sottoponevano a continue scorrerie e rivendicavano il possesso dei territori transgiordani, il Galaad[2].

Iefte
Ritorno di Iefte raffigurato con la figlia che lo accoglie con il suo tamburello, di Giovanni Antonio Pellegrini.
Giudice d'Israele
PredecessoreIair
SuccessoreAbesan

Prima di intraprendere la guerra, Iefte pronunciò a Dio il voto che gli avrebbe immolato il primo che fosse uscito a venirgli incontro («... e io l'offrirò in olocausto"».(Giudici 11,30-31[3]). Al suo ritorno vincitore la prima che gli si fece incontro fu la sua unica figlia[2]. La Bibbia riporta semplicemente che «egli fece di lei secondo il voto che aveva fatto» (Giudici 12,40[4]) e questo viene tradizionalmente interpretato nel senso che la figlia di Iefte sia stata immolata da Iefte[2], alcuni studiosi però interpretano diversamente questo passo, e sostengono che, in realtà, sia stata dedicata al servizio di Dio in un tempio[5].

Il racconto biblico

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«Poi i figli d'Israele...abbandonarono l'Eterno e non lo servirono più»

Iefte fu giudice nella regione montuosa a est del Giordano, il Galaad. In quel tempo gli Israeliti stavano tornando alla vecchia fede dopo un periodo di adorazione di altre divinità come Baal, Astarte e altre.

Essendo figlio illegittimo di una prostituta[6], venne allontanato dai fratellastri, che non volevano potesse pretendere parte dell'eredità paterna. Iefte si trasferì nella regione di Galaad nel comprensorio di Tob, dove raccolse attorno a sé una banda di avventurieri e mercenari, dediti a scorrerie, diventando così esperto nell'arte della guerra.

Iefte, raffigurato nel Promptuarii Iconum Insigniorum di Guillaume Rouillé

Gli abitanti della regione erano in quel tempo obiettivo delle scorribande di predoni Ammoniti, che con i loro continui furti di bestiame perpetuati da oltre 18 anni, causava loro gravi perdite economiche. Gli Israeliti chiesero a Dio di essere liberati degli Ammoniti, che stavano radunando il loro esercito nel Galaad. Gli anziani di Israele contattarono Jefte ed ottennero che prendesse lui il comando delle operazioni militari, promettendo di tenerlo come giudice anche nel seguito.

Jefte cercò in un primo momento la mediazione, inviando un messaggero al re di Ammon per denunciare le loro scorribande nei territori di Galaad. In tutta risposta questì accampò una scusa provocatoria, rispondendo che gli Ammoniti erano autorizzati a fare razzie perché le terre che ora occupava Israele erano in effetti state sottratte agli stessi Ammoniti. Iefte fece notare che quella tesi non corrispondeva a verità perché quel territorio era stato tolto agli Amorrei grazie all'aiuto di IHWH (Numeri 21, 21-31[7]; Deuteronomio 2,24-37[8]). Era, inoltre, molto strano che per 300 anni a Israele non era stata contestata nessun'occupazione abusiva, e che lo si facesse solo ora (Giudici 11,19-27[9]).

Iefte aveva ormai capito che la guerra con gli Ammoniti era inevitabile, ma ebbe fiducia che Dio non avrebbe revocato il dono di quelle terre fatto a Israele trecento anni prima. Chiese, inoltre, a Dio la sua guida per combattere quel popolo senza scrupoli, pronunciando un voto. In cambio della vittoria su quel popolo pagano, vittoria che secondo Iefte in tutti i casi sarebbe stata attribuita solo e unicamente al Dio di Israele, lui era disposto a "sacrificare" il primo e chiunque gli fosse venuto incontro al suo ritorno dalla battaglia.

La battaglia contro gli Ammoniti si risolse con una loro schiacciante sconfitta, per cui Iefte, quando tornò a casa, mantenne la promessa votiva fatta a Dio.
La narrazione biblica di tale guerra riporta, però, erroneamente gli Ammoniti invece dei Moabiti e, come osservano gli esegeti della Bibbia di Gerusalemme[10], "questo riassunto della storia di Iefte è una composizione secondaria che utilizza Nm20-21 e Dt2, e che confonde gli Ammoniti con i Moabiti; il territorio conquistato da Israele (vv 13.26) era appartenuto a Moab"; anche gli studiosi della Bibbia Edizioni Paoline[11] ritengono che "nel riassunto della storia di Iefte vengono confusi gli Ammoniti con i Moabiti nel quadro delle tradizioni riportate in Nm20-21 e Dt2".

La figlia di Iefte di Pieter de Witte

Secondo il racconto di Giudici, dopo questi avvenimenti, il giudice Iefte incontrò l'opposizione degli Efraimiti, israeliti anch'essi, che accamparono la scusa e la falsa accusa di non essere stati chiamati per unirsi agli abitanti di Galaad nella guerra contro gli Ammoniti. Una menzogna, Iefte infatti aveva rivolto anche alla tribù di Efraim quell'invito. Ne conseguì una disputa e quindi una guerra, con il risultato che gli Efraimiti furono sconfitti da Iefte in due riprese, l'ultima con la sconfitta e l'annientamento di 42.000 Efraimiti.

Il personaggio nella Bibbia

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Nel Primo libro di Samuele Iefte è assimilato a Gedeone, Barak e Samuele, definiti "liberatori" di Israele, mandati da Dio (Primo Libro di Samuele 12,11[12]). Anche nella Lettera agli Ebrei Iefte viene annoverato nel «...folto nuvolo di testimoni» fedeli dell'antichità (versetti 11,32 e 12,1). Questi testimoni, esemplari nella fede, non lo furono sempre dal punto di vista morale. L'attenzione con cui la Bibbia sottolinea le loro mancanze, anche quando esse sono irrilevanti per il seguito della narrazione rispecchia la teologia deuteronomistaː il popolo di Israele può essere salvato soltanto da IHWH, i condottieri che operano di fatto questa salvezza sono solo strumenti nella mano di Dio.

Nel caso di Iefte, perciò, non vengono taciute né le umili origini, né il comportamento da avventuriero in gioventù, né la ferocia con cui furono trucidati 42000 efraimiti. Solo quando opera come liberatore chiamato da Dio per salvare Israele egli cerca di operare pacificamente.

Il voto di Iefte, sacrificio o dedicazione a Dio?

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Rappresentazione del sacrificio cruento della figlia di Jefté in un'opera di Dionigi Gerolamo Donnini - Fondazione Pietro Manodori

Biblisti, apologeti e accademici, danno interpretazioni controverse al termine "olocausto", conseguente al voto fatto dal giudice Iefte, controversia quindi sulla reale sorte toccata a sua figlia.

Il termine "olocausto" infatti, è inteso da alcuni[13] in senso letterale, un vero e proprio sacrificio umano, per cui la figlia di Iefte venne uccisa e quindi sacrificata al Dio biblico alla stessa maniera di come venivano sacrificati gli animali, ovvero per scannamento.

D'altra parte, secondo Ethelbert William Bullinger, questo sarebbe stato il solo e unico caso di sacrificio umano a Dio in tutta la Bibbia[14]. In realtà, nella Bibbia, Dio dice che tutti i primogeniti maschi gli dovevano essere offerti in sacrificio, come i primogeniti degli animali: "Nessuna persona consacrata per voto di interdetto potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte." (Levitico 27,29); " Il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni primogenito tra i figli d’Israele, ogni primo parto, sia tra gli uomini, sia tra gli animali: esso appartiene a me»." (Esodo 13, 1-2); "Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io ho scelto i leviti tra gli Israeliti al posto di ogni primogenito che nasce per primo dal seno materno tra gli Israeliti; i leviti saranno miei, perché ogni primogenito è mio. Quando io colpii tutti i primogeniti nel paese d'Egitto, io mi riservai in Israele tutti i primogeniti degli uomini e degli animali; essi saranno miei. Io sono il Signore»" (Numeri 3, 11-13). Non corrisponde al vero che Dio era stato da sempre avverso a tali sacrifici e aveva giudicato severamente, fino all'annientamento, i popoli che seguivano tali pratiche sacrificando ai loro dèi donne e bambini. In "IL SACRIFICIO NELL’ISRAELE ANTICO", Costanza Ratti dell'Università di Bergamo[15] osserva che

I dati comparativi e le numerose attestazioni bibliche hanno portato alla constatazione diffusa che tra l’VIII e il VII sec. a.C., su influenza cananea, sacrifici di bambini furono effettivamente celebrati anche dagli israeliti. La pratica venne poi proibita e stigmatizzata come culto straniero ai tempi di Giosia.

Quello della figlia di Iefte, secondo alcuni esegeti, è stato un reale sacrificio umano. Ad esempio, nel "Nuovo Grande Commentario Biblico"[16] si afferma che Iefte "costringe la sua unica figlia a sottostare ad un voto che non aveva nessuna ragione di essere, e la sacrifica, non fermato neanche da un messaggero divino per proporgli una vittima sostitutiva (cf. invece Gen 22 [Vedi: "Sacrificio di Isacco"]) [...] La figlia di Iefte muore senza figli e lascia la casa del padre senza eredi. Il suo tempo di lamento (o lei stessa) divenne una tradizione e un modello per le donne israelite"; anche la Bibbia di Gerusalemme[17] concorda e annota che "non bisogna attenuarne il senso: Iefte immola sua figlia (versetto 39 [Giudici11,39[18]]) per non mancare al voto che ha fatto (versetto 31). I sacrifici umani saranno sempre condannati in Israele (cf. già Gen 22), ma il narratore riporta l'avvenimento senza alcun biasimo, anzi sembra che l'accento sia messo sulla fedeltà al voto emesso" e l'interconfessionale Bibbia TOB[19] precisa che "una volta pronunziato, il voto deve essere mantenuto e Iefte pensa di non potervisi sottrarre nonostante le circostanze. Il narratore tuttavia non si pronunzia sulla moralità di questo voto [ma] il rigore del voto, che qui appare inviolabile, si attenuerà col tempo". Il commento della Bibbia Edizioni Paoline[20] rileva inoltre come "una volta pronunciato, il voto doveva essere mantenuto ad ogni costo. I sacrifici erano praticati sin dai tempi antichi dai Semiti ed anche dagli Ebrei, cf Gn22,1-19: 2Re16,3; 17,17. [...] Iefte si comporta come un uomo del suo tempo" ma in seguito "combattuta dai profeti, questa pratica aberrante fu proibita dalla legge"; tali studiosi - in merito al sopracitato versetto 39 (Giudici11,39[21]): "Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli fece di lei quello che aveva promesso con voto." - sottolineano ancora: "Versetto molto delicato. L'orrore del fatto è coperto sotto la riserva delle parole"[22].

Il voto: un sacrificio animale?

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Si è ipotizzato che Iefte, nel pronunciare il suo voto, si riferisse a un sacrificio animale anziché a una persona. Quindi l'animale che per primo fosse uscito da casa sua, sarebbe stato sacrificato.

Contesto e usanze israelite, ad avviso di alcuni apologeti, non confortano questa tesi.

Il voto di Iefte in effetti recitava: «Chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi incontro» (Giudici, 11:31) Ma:

  1. Gli Israeliti non avevano animali per i sacrifici in casa.
  2. Di che reale valore sarebbe stato un sacrificio animale in cambio di una vittoria, tanto da potersi considerare "un voto" di un certo peso, visto che gli Israeliti sacrificavano regolarmente animali a Dio?

Il voto: un sacrificio umano?

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Anche se generalmente l'interpretazione della prima tradizione cristiana ed ebrea è stata che la figlia di Iefte sia stata sacrificata a Dio, alcuni scioccati dall'idea hanno ipotizzato che il voto di Iefte non dovesse essere interpretato in modo così letterale[13].

Una delle principali domande che alcuni importanti biblisti si sono posti è stata: poteva essere mai possibile, che l'amorevole Dio della Bibbia avesse accettato un sacrificio umano, pratica da Lui osteggiata e aspramente da sempre condannata? Secondo loro inoltre se quello di Iefte fosse stato realmente un sacrificio umano, questo potrebbe considerarsi l'unico sacrificio umano a Dio. Essi dicono che in tutte le Sacre Scritture non troviamo nessun altro racconto di un altro sacrificio umano. La sua unicità nel racconto dell'intera Bibbia, dovrebbe suscitare secondo alcuni, il dubbio se anche quello di Iefte fosse davvero un sacrificio umano.

Quanto coerente sarebbe stato il Dio della Bibbia, che condanna e annienta gli amalechiti, proprio per la loro pratica di sacrifici umani, e poi ne accetta uno da un suo fedele servitore come fu Iefte, che era stato utilizzato da Dio proprio per punire quelli amalechiti per quello stesso tipo di pratica? Inoltre, la figlia di Iefte era innocente, poteva mai una legge giustificare la sua uccisione, anche se offerta come olocausto a Dio?

Una pagina del Dictionnaire de la Bible di Fulcran Vigouroux

Se Iefte, un servitore che aveva operato fino ad allora sotto la potenza dello spirito di Dio (Giudici, 11:29) fosse stato un personaggio che avesse compiuto un'azione sconsiderata, come mai Samuele, nel Vecchio Testamento, lo chiama "liberatore mandato da Dio" (1° libro di Samuele, 12:11) e Paolo nel Nuovo Testamento lo cita come un "esempio" eccelso di fede da seguire? (Ebrei, 11:32-34) Il biblista e teologo Ethelbert William Bullinger in una sua pubblicazione che analizzava «...il gran nuvolo di testimoni...» di Ebrei 11[14][23] ammette che Iefte era un uomo non solo di grande fede, ma versato nella legge di Dio, lo dimostra il suo messaggio al re ammonita, per cui conosceva esattamente che cosa Dio gradiva e che cosa aborriva nell'adorazione che lo riguardava.

La fede basata sulla conoscenza dei propositi di Dio viene messa in risalto, secondo Bullinger, anche da ciò che scrive Paolo su di lui nella sua Lettera agli Ebrei, capitolo 11, dove Iefte è considerato esempio di fede: «Che avrebbe sacrificato sua figlia, e che Dio non avrebbe riprovato con una sola parola di disapprovazione un sacrificio umano è una teoria incredibile ed inaccettabile. E solo una umana interpretazione, su cui i Teologi hanno differito in tutte le età, e la quale non è mai stata raggiunta con un esame accurato del testo», così come fece, secondo Bullinger invece, il filosofo, grammatico e commentatore biblico ebreo Rabbi David Kimhi Radak nell'esaminare e tradurre il termine "voto".

In questa analisi Bullinger conclude: «Possiamo concludere dall'intero volume delle Scritture, come pure dai Salmi 106:35-38, Isaia 57:5 ecc. che il sacrificio umano era un'abominazione agli occhi di Dio; e non possiamo immaginare che Dio l'avrebbe accettato, o che Iefte avrebbe offerto, sangue umano. Sostenere questa idea è una diffamazione su Jehovah come pure su Iefte».[14]

Anche l'accademico, teologo e apologista Fulcran Vigouroux nel suo Dictionnaire de la Bible sostiene lo stesso punto di vista di Bullinger, sostenendo che il voto di Iefte non riguardava il sacrifico umano della figlia.[13]

D'altronde The Catholic Encyclopedia sostiene un punto di vista diverso, giudicando quel periodo in cui avvennero gli avvenimenti raccontati nel libro biblico di Giudici, un periodo in cui non esisteva alcuna etica di comportamento, una condizione "eticamente barbara" e trasgressiva,[24] un clima in cui quindi, il sacrificio umano da parte degli abitanti di Galaad era credibile e praticabile.

Il teologo e studioso biblico Adam Clarke (1762-1832), nel suo Commentario del libro biblico di Giudici sostiene invece che non ci fu nessun sacrificio umano proprio perché erano le stesse precise leggi di Dio date ad Israele a vietarlo. Dopo aver esaminato i diversi tipi di sacrifici compiuti in quel tempo, umani per i pagani ed animali per gli israeliti, in una sua importante opera,[25] il teologo sostiene che Iefte non avrebbe potuto sacrificare sua figlia per le seguenti ragioni e considerazioni:

Figlia di Iefte con tamburello - in un'illustrazione di Jacques Joseph Tissot
  1. Il sacrificio di bambini al dio ammonita Moloc era considerato da Dio un abominio. In diversi e innumerevoli occasioni Dio esprime il suo odio verso tale pratica. Esisteva "una legge precisa", che vietava i sacrifici umani a Moloc, riportata in Levitico, 20:2,3 e che prevedeva verso i trasgressori la pena di morte. Inoltre quella pratica era considerata una profanazione del suo nome santo. Se questo era vero per i sacrifici fatti agli dei pagani, il sacrificio umano della figlia di Iefte fatto a Dio stesso, non poteva essere altro che considerato un abominio maggiore, più grande e più dissacrante. Inoltre non c'è nessun precedente nel Vecchio Testamento che riguardi quella pratica abominevole.
  2. Isacco non rappresenta il precedente di un sacrificio umano, per lui non ci fu alcun sacrificio, Dio mandò un angelo a fermare la mano di Abramo. Il suo sacrificio fu proposto solo come prova della fede del patriarca.
  3. Che Iefte potesse uccidere in tutta autonomia la figlia, sacrificandola a Dio violava un'altra precisa legge. Nessun padre con un figlio dissoluto e impenitente, secondo la espressa legge contenuta in Deuteronomio, 21:18-21, poteva prendere decisioni per punizioni importanti, senza che il figlio fosse stato prima giudicato da un tribunale costituito nei tempi biblici dagli anziani del luogo. Anziani che dovevano raggiungere in tutti i casi un giudizio condiviso. A maggior ragione alla luce di quella legge biblica, Iefte non solo non poteva arrogarsi il diritto di togliere la vita alla figlia con la sola sua autorità, a una figlia per di più che non aveva commesso alcun errore, a una figlia innocente.
  4. Anche sul valore del voto Clarke fa notare una contraddizione. La Mishnah, ovvero la legge tradizionale degli ebrei, al ver. 212 asseriva, che se un ebreo dedicava suo figlio o la figlia, il suo schiavo o schiava, ebrei, tale voto di dedicazione non sarebbe stato valido. Nessun uomo poteva dedicare ciò che non era suo.

Questi argomenti, ad avviso di Clark, sono decisivi contro la supposizione che Iefte fece un sacrificio umano. Inoltre il sacrificio, che ad avviso di Clark consistette nel voto di celibato della figlia, per soddisfare quella legge, non poteva essere fatto contro la volontà della figlia stessa, così com'è dimostrato dalla storia e dalla considerazione che la figlia di Iefte ebbe dalle figlie di Israele per aver adempiuto il suo dovere filiale. Considerazione che come la storia di Giudici dimostra, veniva manifestata ogni anno in una commemorazione di quattro giorni in ricordo della sua scelta.

Il voto di dedicazione della figlia di Iefte simile a quello dei netinei

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Se il voto di Iefte, ad avviso di alcuni studiosi e biblisti, non fu cruento e non ci fu alcuna uccisione, in che cosa consisté allora l'offerta del giudice d'Israele? Fu un voto di dedicazione promosso da Iefte per sua figlia al servizio di Dio, l'appartenenza a una categoria di persone che ricorda i netinei. Un moderno commentatore biblico, Samuel Landers, sostiene infatti (in Did Jephthah Kill his Daughter di Biblical Archeology Review), che tutte le evidenze bibliche dimostrano che la figlia di Iefte non fu materialmente sacrificata in un olocausto a Dio, bensì fu a Lui dedicata con un voto che prevedeva il nubilato come quello dei netinei.[26] I "netinei" (in ebraico: הַנְּתִינִים, "i dati") era il nome dato agli assistenti del Tempio dell'antica Gerusalemme o nel Tabernacolo dell'epoca pre-monarchica. Il termine è applicato in forma verbale ai Gabaoniti nel libro biblico di Giosuè. Il sostantivo si trova invece 19 volte nel testo masoretico della Bibbia ebraica, una volta in 1 Cronache 9, poi in Esdra e Neemia, e sempre al plurale[27] (Esdra 2:43,70,. 7:07, 24 , 08:17, 20; Ne 3:26; 07:46, 60, 73; 10:29). I Lessici biblici sono concordi nell'affermare che "Netinei" deriva dalla radice semitica NTN, "dare".[28]. Quindi negli anni della sua dedicazione, secondo questo punto di vista, la vergine figlia di Iefte servì presso un santuario a Dio come assistente ed aiutante, così come facevano proprio i netinei.

Iefte nella musica

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Chemosh, divinità ammonita?

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Nel versetto 11,24 Jefte cita Chemosh come dio degli Ammoniti, benché nella Bibbia questi sia il dio di Moab (Numeri 21:29[31]; Geremia 48:7,13,46[32]), mentre il dio degli Ammoniti viene indicato come Milkom o Moloch (1 Re 11:5,7,33[33]), nomi che letteralmente significano "re". Chemosh, tuttavia, non era un dio esclusivamente dei moabiti e testimonianze del suo culto sono state trovate negli scavi di Ebla, di Ugarit e di una città neo-assira.[34] Ammon, quindi, era circondato da popoli che veneravano Chemosh. Nel 1906 gli studiosi della Jewish Encyclopedia, pur non essendo ancora stati effettuati questi scavi, avevano ipotizzato che Moloch e Chemosh potessero essere la stessa divinità, scelta anche dagli Ammoniti come divinità suprema e perciò da loro normalmente indicata con l'epiteto "re".[35] Anche i Moabiti nella stele di Mesha indicavano indifferentemente il loro dio Chemosh con il titolo di "Baal" (="signore"). Se errore vi fu, non era innaturale, poiché sia Chemosh che Moloch si svilupparono, in contesti e ambienti differenti, dalla stessa divinità primitiva, e possedettero molti degli stessi epiteti.[35]

La sostanziale identità, almeno dal punto di vista ebraico, degli dei pagani dei popoli circostanti è affermata nel versetto 10,6 del Libro dei Giudici in cui gli dei degli Aramei, dei Sidonii, dei Moabiti, degli Ammoniti e dei Filistei sono chiamati "i Baal" e "le Astarti", utilizzando il plurale del nome delle principali divinità cananee (baalim e astoreth). La scelta del nome Chemosh nel versetto 11,24, poi, potrebbe avere un significato dispregiativo; secondo Muller, infatti, la vocalizzazione ebraica è stata creata da quella corretta, conservata dalla traduzione greca e dai testi eblaiti e neo-assiri, utilizzando le vocali della parola "běʾôš" (= puzza) così come per Astarte l'ebraico ha creato il nome Astoreth, utilizzando le vocali della parola "bosheth" (=vergogna).[36]
Secondo altri studiosi, invece, ciò sarebbe dovuto a un vero e proprio errore dell'agiografo. Ad esempio, il commento della Bibbia di Gerusalemme[10] evidenzia che il racconto biblico "[Gdc 11,12-28] confonde gli Ammoniti con i Moabiti [e] Camos (v 24) è la divinità principale dei Moabiti; quella degli Ammoniti era Milcom". Anche quello dell'interconfessionale Bibbia TOB[37] osserva che "Camos [Chemosh] è in realtà il dio di Moab, cf. Nm 21,29".

  1. ^ Giudici 12,7, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ a b c Vincenzo Cavalla, Iefte, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
  3. ^ Giudici 11,30-31, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  4. ^ Giudici 12,40, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  5. ^ Moshe Reiss, Iephthah's daughter (PDF), in Jewish Bible Quarterly, vol. 37, n. 1, 2009.
  6. ^ Iefte, il figlio di una prostituta, su latheotokos.it.
  7. ^ Numeri 21, 21-31, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  8. ^ Deuteronomio 2,24-37, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  9. ^ Giudici 11,19-27, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  10. ^ a b Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 505, ISBN 978-88-10-82031-5.
  11. ^ La Bibbia Edizioni Paoline, 1991, p. 320, ISBN 88-215-1068-9.
  12. ^ 1Sam 12,11, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  13. ^ a b c Jephte (Iefte) in The Catholic Encyclopedia
  14. ^ a b c (EN) Did Jephthah really sacrifice his daughter ? An analysis of Judges 11:31, in Great cloud of witnesses in Hebrews 11, Kregel Publications, 1979, pp. 324-331. Ospitato su The Journal of Biblical Accuracy.
  15. ^ Costanza Ratti, IL SACRIFICIO NELL’ISRAELE ANTICO, Evoluzione dei rituali e delle credenze dall’età nomade all’epoca persiana (IV sec. a.C.) (PDF), su aisberg.unibg.it, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO, Scuola di dottorato in Antropologia ed Epistemologia della Complessità - XXVIII ciclo., p. 172.
  16. ^ Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 184, ISBN 88-399-0054-3.
  17. ^ Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 506, ISBN 978-88-10-82031-5.
  18. ^ Giudici11,39, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  19. ^ Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, p. 468, ISBN 88-01-10612-2.
  20. ^ La Bibbia Edizioni Paoline, 1991, p. 321, ISBN 88-215-1068-9.
  21. ^ Giudici11,39, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  22. ^ Anche lo storico e biblista Bart Ehrman - nell'osservare anch'egli come quello della figlia fosse un reale sacrificio umano - rileva che "nella Bibbia vi sono altri casi di sacrifici umani, ma sono sempre, esplicitamente o no, condannati. [...] Se viene proibita, evidentemente questa pratica era diffusa tra gli Israeliti: non vi è infatti motivo di vietare qualcosa che nessuno fa". (Bart Ehrman, L'Antico Testamento, Carocci Editore, 2018, pp. 150, 152, ISBN 978-88-430-9350-2.).
  23. ^ Il gran nuvolo di testimoni di Ebrei capitolo 11 Archiviato il 9 maggio 2008 in Internet Archive.
  24. ^ The Catholic Encyclopedia su Jephte (Iefte)
  25. ^ Commentario biblico di Adam Clark: Giudici capitolo XI
  26. ^ "Did Jephthah Kill his Daughter?", Solomon Landers, - Biblical Archaeology Review - agosto 1991.
  27. ^ Strong's Concordance
  28. ^ Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament o l'edizione inglese The Theological Dictionary of the Old Testament Vol.10 ed. Ringren, per N-T-N "Netinim", p102,105,106,107
  29. ^ Libretto dell'opera e traduzione, su coromortalisatis.it. URL consultato il 18 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2020).
  30. ^ Klaus Walter Littger (a cura di), «Jephthas Tochter». In: Schriften der Universitätsbibliothek Eichstätt, Universitätsbibliothek, Volume 57, Otto Harrassowitz Verlag, 2003, p. 152, ISBN 344704845X, ISBN 9783447048453 (Google libri)
  31. ^ Numeri 21:29, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  32. ^ Geremia 48:7,13,46, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  33. ^ 1Re 11:5,7,33, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  34. ^ H. P. Müller, voce in Dictionary of Deities and Demons in the Bible, K. van der Toorn, B. Becking e P. W. van der Horst (ed.), Leyde, Boston et Cologne, 1999, p. 186-189.
  35. ^ a b (EN) "Chemosh", voce della Jewish Encyclopedia, composta da Morris Jastrow Jr. e George A. Barton.
  36. ^ Dictionary of Deities and Demons in the Bible, 1999, p.187.
  37. ^ Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, p. 467, ISBN 88-01-10612-2.

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