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Eustachio Manfredi

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Eustachio Manfredi

Eustachio Manfredi (Bologna, 20 settembre 1674Bologna, 15 febbraio 1739) è stato un matematico, astronomo e poeta italiano.

Nato a Bologna da Alfonso Manfredi, notaio originario di Lugo, e da Anna Maria Fiorini, frequentò le scuole dei Gesuiti e si laureò in giurisprudenza nel 1691 all'Università di Bologna. Contemporaneamente si dedicò agli studi scientifici (matematica e astronomia) e alla letteratura.

La sua attività scientifica è stata imponente. Nel 1699 ottenne la cattedra di matematica all'Università di Bologna. Nel 1704 venne nominato "sopraintendente alle acque del Bolognese"[1]. Nel 1711 divenne direttore dell'osservatorio astronomico di Bologna, e pertanto professore di astronomia, carica che conservò fino alla morte. Il 29 novembre 1707, assieme a Vittorio Francesco Stancari, scoprì la cometa C/1707 W1. Fra le opere in ambito scientifico si ricordano Ephemerides motuum coelestium (1715-1725), De transitu Mercurii per solem anno 1723 (1724) e De gnomone meridiano bononiensi (1736) e Instituzioni astronomiche (1749), opera postuma.

Fu anche un poeta molto rinomato ai suoi tempi. Fece parte dell'Accademia dell'Arcadia con il nome di Aci Delpusiano.[2]. Le Rime del Manfredi, uscite nel 1713 e poi in edizione definitiva postuma nel 1748 a cura dell'amico Giampietro Zanotti[3], sono generalmente d'occasione: appaiono infatti suggerite da vari avvenimenti dell'epoca (nascite, matrimoni, morti, ecc.), secondo un carattere peculiare della poesia arcadica, spesso appesantita dall'enfasi e dall'intellettualismo. La sua vena poetica si mostra in un gruppo di componimenti detti "per monaca", ispirati alla chiusura in convento di Giulia Caterina Vandi, una ragazza bolognese di cui Manfredi si era invaghito. Appartengono a questo gruppo la canzone "Donna, ne gli occhi vostri", giudicata il capolavoro di Manfredi, e numerosi sonetti di stile petrarchista.

Fu membro della Reale Accademia delle Scienze di Parigi dal 1726 e della Royal Society di Londra dal 1729[4].

Si deve a lui "la prima dimostrazione, pur se non cercata, del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole e, quindi, della realtà di un sistema eliocentrico".[5] In seguito a questa scoperta, la Chiesa ammise la scientificità del sistema galileiano e rimosse dall'indice molte opere di Galileo.

Ebbe tre fratelli (Gabriele, Emilio ed Eraclito) e due sorelle (Maddalena e Teresa). Sia Gabriele che Eraclito furono come lui professori presso l'Università di Bologna, il primo come matematico e il secondo come medico.[6] L'asteroide 13225 Manfredi è stato così chiamato in loro onore.

Elementi della geometria piana e solida e della trigonometria, 1755
  1. ^ Mario Di Fidio, Idraulici italiani (PDF), Fondazione Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, 2015. URL consultato il 15 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2021).
  2. ^ Emil Ottokar Weller, Index pseudonymorum, Lipsia, 1856, pag. 3
  3. ^ Rime di Eustachio Manfredi con un ristretto della sua vita ed alcuni lugubri componimenti recitati in occasione della sua morte. Bologna, Stamperia di Lelio dalla Volpe, 1748
  4. ^ *http://www.bo.astro.it/~biblio/Archives/Galleria/eustachio.html EUSTACHIO MANFREDI (Bologna 1674-1739)
  5. ^ http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/2002/031-GUALANDI.pdf Archiviato il 3 novembre 2014 in Internet Archive. Eustachio Manfredi e la prima conferma osservativa della teoria dell'aberrazione annua della luce di A. Gualandi e F. Bonoli, Dipartimento di Astronomia, Università degli Studi di Bologna
  6. ^ Ugo Baldini, Eustachio Manfredi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 68, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007. URL consultato il 5 gennaio 2017.
  • Francesco Ambrosoli, Manuale della letteratura italiana, Milano: per Antonio Fontana, 1832, vol. IV pp. 305–313.[1]
  • Bruno Maier, "Manfredi, Eustachio", in Vittore Branca, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino: UTET, 1973, vol. 2, p. 480-4.
  • Gian Pietro Zanotti Cavazzoni, "Ritratto di Eustachio Manfredi" in Francesco Ambrosoli, Manuale della letteratura italiana, Milano: per Antonio Fontana, 1832, vol. IV pp. 477–81 [2]

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