Vai al contenuto

Dromaius novaehollandiae

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Emù
Dromaius novaehollandiae
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseAves
SuperordinePaleognathae
OrdineCasuariiformes
FamigliaCasuariidae
GenereDromaius
SpecieD. novaehollandiae
Nomenclatura binomiale
Dromaius novaehollandiae
Latham, 1790[2]
Sinonimi
  • Casuarius novaehollandiae Latham, 1790
  • Dromiceius novaehollandiae (Latham, 1790)
  • Casuarius australis Shaw, 1792
  • Dromaius ater Vieillot, 1817
  • Dromiceius emu Stephens, 1826
  • Casuarius diemenianus Jennings, 1827
  • Dromiceius major Brookes, 1830
  • Dromaeus irroratus Bartlett, 1859
  • Dromaeus ater (Blyth, 1862)
Sottospecie
Areale

     Area di nidificazione

     Area di dispersione

L'emù (Dromaius novaehollandiae Latham, 1790[5]) è un grande uccello appartenente alla famiglia Casuariidae,[6] e rappresenta il secondo uccello vivente più alto al mondo dopo il suo parente ratite, lo struzzo. È endemico dell'Australia, dove è il più grande uccello autoctono e l'unico membro esistente del genere Dromaius. L'areale dell'emù comprende gran parte dell'Australia continentale, mentre le sottospecie insulari che abitavano le isole di Tasmania, Kangaroo Island e King Island si estinsero a seguito dell'insediamento dei coloni europei nelle isole nel 1788.

Gli emù sono uccelli dalle piume morbide, marroni, dal lungo collo e zampe, che possono raggiungere fino a 1,9 metri di altezza. Come tutti i ratiti gli emù sono incapaci di volare, ma sono eccellenti corridori, e un emù in corsa può raggiungere anche i 48 km/h; si nutrono di una gran varietà di piante e insetti, e possono trascorrere intere settimane senza mangiare. Bevono di rado, assumendo la maggior parte dell'acqua dalle piante e dagli insetti di cui si nutrono, bevendo quanta più acqua possibile quando se ne presenta l'occasione.

La stagione degli accoppiamenti si svolge durante i mesi di maggio e giugno, ed in questo periodo le femmine si battono tra di loro per accoppiarsi con un maschio. Le femmine possono accoppiarsi più volte e deporre diverse covate in una singola stagione. Come per la maggior parte dei ratiti, è il maschio a covare le uova; durante questo periodo il maschio mangia o beve poco perdendo notevolmente peso. Le uova si schiudono dopo circa otto settimane e i piccoli vengono nutriti dai padri. I pulcini crescono in fretta e raggiungono le loro dimensioni adulte nel giro di sei mesi, ma possono rimanere con il padre fino alla prossima stagione riproduttiva. L'emù è un'importante icona culturale in Australia, e per questo compare sia sullo stemma che su varie monete australiane. L'uccello ha un posto di rilievo anche nella mitologia indigena australiana.

L'uccello è sufficientemente comune per essere classificato come specie a rischio minimo dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). Nonostante ciò, alcune popolazioni locali sono elencate come in pericolo, mentre le tre sottospecie insulari, come l'emù della Tasmania, si sono estinte intorno al 1800. Le minacce più comuni includono la predazione delle loro uova, gli incidenti stradali e la frammentazione dei loro habitat.

L'etimologia del nome comune "emu" è incerta, ma si pensa che derivi da una parola araba per grande uccello che fu poi usata dagli esploratori portoghesi per descrivere il casuario dell'Australia e Nuova Guinea.[7] Un'altra teoria è che derivi dalla parola "ema", usata in portoghese per denotare un grande uccello simile a uno struzzo o a una gru.[8][9] In Victoria, alcuni termini per indicare l'emù erano Barrimal nella lingua Dja Dja Wurrung, myoure in Gunai e courn in Jardwadjali.[10] L'uccello era noto come murawungo birabayin dagli Eora e Darug del bacino di Sydney.[11]

L'emù venne formalmente riportato dagli europei quando degli esploratori raggiunsero la costa occidentale australiana, nel 1696, durante una spedizione guidata dal capitano olandese Willem de Vlamingh che stava cercando i sopravvissuti di una nave scomparsa due anni prima.[12] Gli uccelli erano già conosciuti dagli europei, quando i primi esploratori si insediarono sulla costa orientale prima del 1788.[8] Gli uccelli furono menzionati per la prima volta sotto il nome di "casuario della Nuova Olanda" in Voyage to Botany Bay di Arthur Phillip, pubblicato nel 1789 con la seguente descrizione:[13][14]

«Questa è una specie diversa per molti particolari da quelle generalmente conosciute, è un uccello molto più grande, più alto e ha un collo più lungo della norma. Lunghezza totale sette piedi e due pollici. Il becco non è molto diverso da quello del casuario comune; ma l'appendice cornuta, o elmo sopra la testa, in questa specie è del tutto assente: la testa e il collo sono pure coperti di piume, eccetto la gola e la parte anteriore del collo circa a metà, che non sono così ben piumati come il resto; mentre nel casuario comune la testa e il collo sono nudi e caruncolati come nei tacchini. Il piumaggio in genere è costituito da un misto di bruno e grigio, e le penne sono alquanto arricciate o piegate alle estremità allo stato naturale: le ali sono così corte da essere del tutto inutili per il volo, e anzi, sono appena distinguibili dal resto del piumaggio, se non fosse per un lieve risalto. Le lunghe spine che si vedono nelle ali della specie comune, non sono osservabili in questo, - né vi è alcuna apparenza di una coda. Le gambe sono robuste, proprio come nel casuario galeato, con l'aggiunta di una frastagliatura per tutta la loro lunghezza nella parte posteriore.»

Scheletro di emù

La specie venne nominata dall'ornitologo John Latham nel 1790 sulla base di un esemplare proveniente dall'area di Sydney, in Australia, un paese che all'epoca era conosciuto come Nuova Olanda.[2][15] Latham collaborò alla stesura del libro di Phillip, fornendo le prime descrizioni e nomi di molte specie di uccelli australiani; il nome del genere Dromaius deriva da una parola greca che significa "corridore", mentre il nome della specie, novaehollandiae, è il termine latino per Nuova Olanda, quindi il nome può essere tradotto come "piede veloce della Nuova Olanda".[16] Nella sua descrizione originale dell'emù del 1816, l'ornitologo francese Louis Pierre Vieillot usò due nomi generici, prima Dromiceius e poi Dromaius.[17] Da allora è stato un punto di contesa su quale nome dovrebbe essere usato; quest'ultimo è formato più correttamente, ma la convenzione tassonomica impone che il primo nome dato a un organismo è quello valido, a meno che non sia chiaramente un errore tipografico.[18] La maggior parte delle pubblicazioni moderne, comprese quelle del governo australiano,[4] usano Dromaius, con Dromiceius menzionato come ortografia alternativa.[4]

L'emù è stato a lungo classificato, con i suoi parenti più stretti i casuari, nella famiglia Casuariidae, parte dell'ordine dei ratiti Struthioniformes.[19] Una classificazione alternativa venne proposta nel 2014 da Mitchell et al., basata sull'analisi del DNA mitocondriale. Questa divide i Casuariidae nel loro ordine, i Casuariformes,[20] e include solo i casuari nella famiglia Casuariidae, collocando l'emù in una propria famiglia, i Dromaiidae. Il cladogramma mostrato di seguito fa parte del loro studio.[21]

Paleognathae recenti  

Aepyornithidae (uccello elefante)

Apterygidae (kiwi)

Dromaiidae (emù)

Casuariidae (casuario)

Dinornithiformes (moa)

Tinamidae (tinamou)

Rheidae (nandù)

Struthionidae (struzzo)

Al momento dell'insediamento europeo in Australia, sul continente erano presenti due diverse specie di Dromaius, più un'altra nota da resti fossili. Gli emù nani insulari, D. n. baudinianus e D. n. minor, originariamente presenti rispettivamente sull'isola dei Canguri e sull'isola King, si estinsero entrambi poco dopo l'arrivo degli europei.[7][22] D. n. diemenensis, un altro emù nano insulare della Tasmania, si estinse intorno al 1865. La sottospecie continentale, D. n. novaehollandiae, rimase invece comune. La popolazione di questi uccelli varia di decennio in decennio, essendo in gran parte dipendente dalle precipitazioni; nel 2009 si stima che ci fossero tra i 630.000 e i 725.000 uccelli.[23] Gli emù furono introdotti su Maria Island[24], al largo della Tasmania, e sull'isola dei Canguri al largo della costa dell'Australia meridionale, nel corso del 20º secolo. La popolazione di Maria Island si estinse a metà degli anni '90. Gli uccelli introdotti sull'isola dei Canguri hanno invece stabilito con successo una popolazione riproduttiva.[25]

Nel 1912 l'ornitologo australiano Gregory M. Mathews riconobbe tre sottospecie viventi di emù,[26] D. n. novaehollandiae (Latham, 1790),[27] D. n. woodwardi Mathews, 1912[28] e D. n. rothschildi Mathews, 1912.[29] Tuttavia, l'Handbook of the Birds of the World (HBW) sostiene che le ultime due non sarebbero valide; variazioni naturali nel colore del piumaggio e la natura nomade della specie supporterebbero l'idea che esista una singola rendono razza nell'Australia continentale.[30][31] Tuttavia, l'analisi del DNA dell'emù di King Island mostra che questo uccello è strettamente imparentato con l'emù continentale, ed andrebbe trattato come una sottospecie.[22]

Piuma di emù (sopra) e primo piano della testa (sotto)

L'emù è il secondo uccello più alto del mondo, essendo superato in altezza solo dallo struzzo;[32] gli individui più grandi possono raggiungere un'altezza compresa tra i 150 e i 190 centimetri. Misurato dal becco alla coda, l'emù varia in lunghezza da 139 a 164 centimetri, con una lunghezza media dei maschi di 148,5 centimetri e una di 156,8 centimetri per le femmine.[33] Inoltre, l'emù è il quarto, o quinto, uccello vivente più pesante al mondo dopo le due specie di struzzo e le due specie più grandi di casuario, raggiungendo un peso medio leggermente maggiore di quello di un pinguino imperatore. Un emù adulto può pesare tra i 18 e i 60 kg, con una media di 31,5 e 37 kg, rispettivamente per i maschi e per le femmine.[33] Le femmine sono generalmente leggermente più grandi dei maschi e sostanzialmente più robuste a livello della groppa.[34]

Sebbene incapaci di volare, gli emù conservano ancora delle minuscole ali vestigiali, dotate di una corda alare di circa 20 centimetri, e ciascuna ala presenta un piccolo artiglio all'estremità.[33] Quando in corsa gli emù sbattono queste piccole ali, forse per stabilizzarsi quando si muovono velocemente.[8] Hanno un collo e gambe molto lunghe,[34] e possono raggiungere anche i 48 km/h, grazie alla potente muscolatura pelvica altamente specializzata.[33] I piedi presentano tre dita artigliate; gli emù sono unici tra gli uccelli in quanto i loro muscoli gastrocnemi nella parte posteriore della parte inferiore delle gambe presentano quattro pance anziché tre. I muscoli pelvici dell'emù contribuiscono in una proporzione simile alla massa corporea totale dei muscoli da volo degli uccelli volatori.[35] Quando cammina, l'emù fa passi di circa 100 centimetri, mentre quando in corsa, una falcata può coprire fino a 275 centimetri.[36] Le gambe sono prive di piume e la pianta dei piedi è costituita da cuscinetti cutanei spessi e imbottiti.[36] Come nei casuari, i piedi dell'emù sono armati di tre forti artigli che rappresentano la principale arma offensiva dell'animale, venendo primariamente usati durante i combattimenti intraspecifici per infliggere ferite agli avversari calciando.[37] Il dito e l'artiglio sono lunghi insieme 15 centimetri.[36] Il becco è piuttosto piccolo, misurando da 5,6 a 6,7 centimetri, ed è morbido, essendo adatto al pascolo.[33] Gli emù hanno un'ottima vista e udito, il che consente loro di avvistare e udire possibili minacce a metri di distanza.[38]

Il collo dell'emù è piumato solo per metà, mentre l'altra metà, testa compresa, è nuda o ricoperta da lanuggine nera. La pelle dell'emù è azzurro pallido e può essere intravista anche attraverso le piume sparse.[33] Presentano un piumaggio grigio-bruno dall'aspetto ispido,[7] mentre le rachidi e le punte delle piume sono nere. Le radiazioni solari vengono assorbite dalle punte e il piumaggio interno isola la pelle.[39] Questo impedisce agli uccelli di surriscaldarsi, consentendo loro di essere attivi anche durante le ore più calde del giorno.[40] Una caratteristica unica delle piume degli emù è la doppia rachide che emerge da un'unica rachide principale. Entrambe le rachidi hanno la stessa lunghezza, mentre la trama è variabile lungo tutta la lunghezza della piuma; l'area vicino alla pelle è piuttosto pelosa, mentre quelle più vicino all'estremità assomigliano a ciuffi d'erba.[8] I sessi sono simili nell'aspetto,[41] sebbene il pene del maschio possa intravisto quando questo urina e/o defeca.[42] Il piumaggio può variare di colore in base a fattori ambientali, conferendo all'uccello un mimetismo naturale: gli emù che vivono nelle aree più aride dal terreno rosso hanno una tinta rossiccia mentre gli uccelli che risiedono in condizioni umide hanno generalmente una tonalità più scura.[34] Il piumaggio dei pulcini è beige chiaro solcato da striature orizzontali marrone scuro. Intorno ai tre mesi, il piumaggio si inscurisce, soprattutto intorno alla testa e sul collo. Le piume del viso e del collo si assottigliano gradualmente per esporre la pelle bluastra. Il piumaggio adulto si sviluppa a circa quindici mesi.[30]

Gli occhi dell'emù sono protetti da membrane nittitanti. Queste sono palpebre secondarie traslucide che si muovono orizzontalmente dal bordo interno dell'occhio al bordo esterno. Funzionano come visiere per proteggere gli occhi dalla polvere prevalente nelle regioni aride e ventose.[34] Gli emù hanno una sacca tracheale, che diventa più prominente durante la stagione degli amori, lunga più di 30 centimetri, piuttosto spaziosa, dalle pareti sottili e un'apertura lunga 8 centimetri.[34]

Distribuzione e habitat

[modifica | modifica wikitesto]
Impronta di un adulto e un giovane

Un tempo comuni sulla costa orientale australiana, gli emù sono ormai rari nella regione; al contrario, lo sviluppo dell'agricoltura e la fornitura di acqua costante per il bestiame all'interno del continente hanno ampliato l'areale dell'emù nelle regioni aride. Gli emù vivono in vari habitat in tutta l'Australia sia nell'entroterra che vicino alla costa. Sono più comuni nelle aree boschive della savana e delle foreste di sclerofille, e meno comuni nei distretti densamente popolati e nelle aree aride con precipitazioni annuali inferiori a 600 millimetri.[30][33] Gli emù viaggiano prevalentemente in coppia e, sebbene possano formare grandi stormi, questo è un comportamento sociale atipico che nasce dal bisogno comune di spostarsi verso una nuova fonte di cibo.[33] È infatti noto che gli emù possono percorrere lunghe distanze per raggiungere aree ricche di cibo. Nell'Australia occidentale, i movimenti degli emù seguono un andamento stagionale distinto: a nord in estate e a sud in inverno. Sulla costa orientale le loro peregrinazioni sembrano essere più casuali e non sembrano seguire uno schema stabile.[43]

Gli emù furono introdotti su Maria Island[24], al largo della Tasmania, e sull'isola dei Canguri al largo della costa dell'Australia meridionale, nel corso del XX secolo. La popolazione di Maria Island si è estinta a metà degli anni '90, mentre gli uccelli introdotti sull'isola dei Canguri hanno invece stabilito con successo una popolazione riproduttiva.

Una coppia di emù, nel Territorio della Capitale Australiana, Australia

Gli emù sono uccelli diurni, che trascorrono la maggior parte della giornata alla ricerca di cibo, pulendosi il piumaggio con il becco, facendosi bagni di polvere e riposando. Sono uccelli generalmente gregari, che si muovono in coppia o in piccoli gruppi. Quando si riuniscono in grandi stormi, certi individui rimangono vigili e fungono da sentinelle mentre gli altri si nutrono.[44] Nonostante l'aspetto, gli emù amano l'acqua e sono in grado di nuotare egregiamente, spesso immergendosi per ripulire il piumaggio e rinfrescarsi nelle ore più calde della giornata.[36]

Una coppia di emù che fa il bagno in uno stagno poco profondo, al Werribee Open Range Zoo, Victoria

Al calare del sole gli emù si trovano una zona riparata per dormire durante la notte. Il loro sonno non è continuato, svegliandosi più volte durante la notte. Quando si addormentano, gli emù si accovacciano prima sui loro tarsi ed entrano in uno stato di sonnolenza durante il quale sono abbastanza vigili da reagire agli stimoli e tornare rapidamente a uno stato completamente sveglio se disturbati. Quando cadono in un sonno più profondo, il loro collo si ripiega sul dorso e le palpebre iniziano a chiudersi.[45] Se non vengono disturbati, cadono in un sonno più profondo dopo circa venti minuti. Durante questa fase, il corpo si abbassa gradualmente fino a toccare il suolo. Il becco viene rivolto verso il basso in modo che l'intero collo formi una S, piegandosi su se stesso. In caso di pioggia, le piume fanno scivolare le gocce ai lati del corpo verso il suolo. È stato suggerito che questa posizione durante il sonno abbia anche la funzione di camuffare l'animale, imitando un piccolo cespuglio.[45] In genere, si svegliano dal sonno profondo una volta ogni novanta minuti circa, rimanendo in piedi per nutrirsi brevemente o per defecare. Questo periodo di veglia dura dai dieci ai venti minuti, dopodiché tornano a dormire.[45] Nel complesso, un emù dorme per circa sette ore al giorno. I pulcini, di solito, dormono con il collo disteso al suolo.[45]

Un emù che grugnisce e sibila; notare la gola che si gonfia mentre emette i suoni

Le vocalizzazioni degli emù consistono principalmente in vari suoni "rimbombanti", grugniti e sibili. Il boom è creato dalla sacca gonfiabile all'interno della gola; il tono può essere regolato dall'uccello e dipende dalla dilatazione della sacca.[7][33][34] La maggior parte dei richiami "rimbombanti" è emesso dalle femmine, in quanto fanno parte del rituale di corteggiamento, venendo utilizzati per annunciare la presa di possesso di un territorio, e/o per minacciare potenziali rivali. Un boom ad alta intensità è udibile a 2 chilometri di distanza, mentre un richiamo basso e più risonante, prodotto durante la stagione riproduttiva, può inizialmente attirare dei compagni e divenire più acuto mentre il maschio cova le uova.[30] La maggior parte dei grugniti è, invece, emessa dai maschi, venendo utilizzati principalmente durante il periodo riproduttivo per la difesa del territorio, come minaccia per altri maschi, durante il corteggiamento e durante la deposizione delle uova da parte della femmina. Entrambi i sessi, a volte, emettono suoni rimbombanti e grugniti come esibizione di ostilità o quando incontrano strani oggetti.[30]

Nelle giornate più calde, per mantenere stabile la temperatura corporea gli emù ansimano. I loro polmoni funzionano come refrigeratori evaporativi e, a differenza di altre specie, i bassi livelli di anidride carbonica nel sangue non sembrano causare alcalosi.[46] Per la normale respirazione durante le giornate più fresche, hanno passaggi nasali grandi e multipiegati. L'aria fresca si riscalda mentre passa nei polmoni, estraendo calore dalla regione nasale. Durante l'espirazione, i turbinati nasali freddi dell'emù condensano l'umidità dall'aria e la assorbono per il riutilizzo.[47] Come con altri ratiti, l'emù ha una grande capacità omeotermica e può mantenere questo stato da -5 a 45 °C.[48] La zona termoneutra dell'emù si trova tra i 10 e i 30 °C.[48]

Un emù seduto in cattività

Come gli altri ratiti, gli emù hanno un tasso metabolico basale, relativamente basso rispetto ad altri tipi di uccelli. A -5 °C, il tasso metabolico di un emù seduto è circa il 60% di uno in piedi, in parte perché la mancanza di piume sotto lo stomaco porta a un più alto tasso di perdita di calore quando in piedi e con lo stomaco esposto.[48]

Un emù che cerca cibo nell'erba alta

Gli emù si nutrono secondo uno schema diurno e consumano un gran varietà di specie vegetali autoctone e introdotte. La dieta dipende dalla disponibilità stagionale, con una predilezione per piante come l'Acacia, la Casuarina e le graminacee.[30] Si nutrono anche di insetti e altri artropodi, tra cui cavallette e grilli, scarafaggi, scarabei, coccinelle, falene bogong e le sue larve, formiche, ragni e millepiedi,[30][49] che forniscono gran parte del loro fabbisogno proteico.[50] Nell'Australia occidentale, sono state osservate diverse preferenze alimentari negli emù nomadi; questi si nutrono di semi di Acacia aneura fino all'arrivo delle piogge, spostandosi poi su germogli di erba fresca e bruchi; in inverno si nutrono delle foglie e dei baccelli della Cassia e in primavera consumano cavallette e il frutto del Santalum acuminatum, una sorta di quandong.[33][51] Sono anche noti per nutrirsi di grano,[52] e di qualsiasi frutto o altro raccolto a cui possono accedere, scavalcando facilmente anche alte recinzioni se necessario.[50] L'emù rappresenta un importante agente per la dispersione dei semi, che contribuendo alla biodiversità floreale.[51][53] Un effetto indesiderato di ciò si è verificato nel Queensland all'inizio del XX secolo, quando un gruppo di emù cominciò a nutrirsi dei frutti dei fichi d'India nell'entroterra. Gli uccelli dispersero i semi in vari luoghi mentre si spostavano, il che portò a una serie di campagne di caccia all'emù per prevenire la diffusione dei semi del cactus invasivo.[50] I cactus furono infine riportati sotto controllo con l'introduzione della falena dei cactus (Cactoblastis cactorum) le cui larve si nutrivano della pianta, uno dei primi esempi di controllo biologico.[54] Il δ13C della dieta dell'emù si riflette nel δ13C della calcite del guscio delle uova.[55]

Per favorire la macinazione e la digestione del materiale vegetale, l'emù ingoia piccole pietre che, singolarmente, possono pesare 45 grammi. Un singolo uccello può avere fino a 745 grammi di pietre nel ventriglio. All'interno del ventriglio, con i movimenti del corpo e del ventriglio stesso, le pietre sminuzzano i cibo che viene poi digerito più facilmente. Alcuni esemplari sono stati osservati ingerire anche carbone, anche se il motivo non è chiaro.[33] Gli individui che vivono nelle aree urbane sono stati osservati ingoiare frammenti di vetro, marmi, chiavi di automobili, gioielli, dadi e bulloni.[50]

Gli emù bevono raramente, ma quando trovano una fonte d'acqua bevono il più possibile. In genere bevono una volta al giorno, prima ispezionando il corpo idrico e l'area circostante in gruppi prima di inginocchiarsi sul bordo per bere. Preferiscono stare su un terreno solido mentre bevono, piuttosto che su rocce o fango, ma se avvertono un pericolo, rimangono vigili e in piedi piuttosto che inginocchiarsi. Se non vengono disturbati, possono bere continuamente anche per dieci minuti. A causa della scarsità di fonti d'acqua, gli emù sono talvolta costretti a rimanere senz'acqua per diversi giorni. In natura, condividono spesso pozze d'acqua con canguri, uccelli e altri animali; sono diffidenti e tendono ad aspettare che gli altri animali se ne vadano prima di bere.[56]

Emu egg
Uovo di emù

Gli emù formano coppie riproduttive durante i mesi estivi, rimanendo insieme per circa cinque mesi, durante i quali pattugliano e proteggono un proprio territorio. Sia i maschi che le femmine aumentano di peso durante la stagione riproduttiva, con le femmine che diventano leggermente più pesanti, tra i 45 e i 58 kg. L'accoppiamento avviene solitamente tra aprile e giugno; il momento esatto è determinato dal clima poiché gli uccelli nidificano durante la parte più fresca dell'anno.[41] Durante la stagione riproduttiva, i maschi sperimentano cambiamenti ormonali, incluso un aumento dei livelli di ormone luteinizzante e testosterone, e i loro testicoli raddoppiano di dimensioni.[57]

Sono i maschi a costruire il nido, generalmente in una depressione semi-riparata nel terreno, usando corteccia, erba, bastoncini e foglie per rivestirlo.[2] Il nido è quasi sempre una superficie piana dai bordi bassi, a meno di temperature particolarmente basse, in quel caso i bordi del nido possono essere alzati fino a 7 centimetri per fornire una ritenzione di calore extra. In caso di mancanza di materiale, gli emù usano i cespugli di triodia come base, nonostante la natura spinosa della pianta.[41] Il nido viene solitamente costruito in un radura, vicino a un arbusto o a una roccia, in un'area in cui il genitore ha una visione chiara dell'ambiente circostante e può avvistare facilmente i predatori in avvicinamento.[58]

Negli emù sono le femmine a corteggiare i maschi; durante la stagione riproduttiva, il piumaggio della femmina si scurisce leggermente e le piccole chiazze di pelle nuda appena sotto gli occhi e vicino al becco diventano blu turchese. Il colore del piumaggio del maschio rimane invariato, mentre le chiazze di pelle nuda su collo e volto diventano azzurre. Quando si corteggiano, le femmine si muovono a grandi passi, tirando indietro il collo mentre gonfiano le piume ed emettendo suoni bassi e monosillabici che sono stati paragonati ai ritmi di batteria. Questi richiami vengono emessi quando i maschi sono al di fuori del campo visivo della femmina o a più di 50 metri di distanza. Una volta ottenuta l'attenzione del maschio, la femmina comincerà a girare intorno al suo potenziale compagno a una distanza compresa tra i 10 e i 40 metri. Mentre lo fa, lo guarda girando il collo, mantenendo allo stesso tempo la parte posteriore rivolta verso di lui. Se il maschio mostra interesse per la femmina in parata, si avvicinerà; di risposta la femmina continuerà il corteggiamento allontanandosi ma continuando a girare intorno al maschio.[41][42]

Se un maschio è interessato, allungherà il collo e gonfierà le piume, quindi si piegherà e beccherà per terra. Girerà in cerchio su stesso e si avvicinerà alla femmina, ondeggiando il corpo e il collo da un lato all'altro e strofinando il ventre contro il dorso del partner. Spesso, in questo stadio, se la femmina non è soddisfatta della performance del maschio può rifiutare le sue avances allontanandolo con aggressività, ma se disponibile, segnala l'accettazione accovacciandosi e sollevando il posteriore.[42][59]

Nido con uova

Durante il periodo del corteggiamento, le femmine sono più aggressive dei maschi e spesso si battono tra loro per l'accesso ai compagni. Questi scontri rappresentano più della metà delle interazioni aggressive di questi uccelli durante il periodo del corteggiamento. Se una femmina prova corteggiare un maschio che ha già un partner, la femmina in questione cercherà di respingere la concorrente, inseguendola e calciandola. Queste interazioni possono durare fino a cinque ore, soprattutto quando il maschio per cui si litiga è single e nessuna delle due femmine ha un vantaggio sull'altra. In questi casi, le femmine in genere intensificano i loro richiami e le loro esibizioni per impressionare il maschio.[42]

Lo sperma usato durante accoppiamento viene immagazzinato dalla femmina e può essere sufficiente per fecondare circa 6 uova.[59] Dopo i corteggiamenti, la nuova coppia si accoppierà ogni giorno o due, e ogni secondo o terzo giorno la femmina deporrà un uovo, fino a comporre una covata composta da cinque a quindici uova verdi molto grandi e dal guscio spesso. Il guscio ha uno spessore di circa 1 millimetro, più sottile all'apice secondo gli indigeni australiani.[2][58] Il guscio è composto da calcite e il suo δ13C dipende dalla dieta dell'animale.[55] Le uova misurano in media 13 centimetri × 9 centimetri, e pesano tra i 450 e i 650 grammi.[60] L'investimento materno nell'uovo è considerevole e la proporzione tra tuorlo e albume, a circa il 50%, è maggiore di quanto ci si aspetterebbe per un uovo precocie di queste dimensioni. Ciò è probabilmente correlato al lungo periodo di incubazione, il che significa che il pulcino in via di sviluppo deve consumare maggiori risorse prima della schiusa.[61] La prima occorrenza verificata di gemelli aviari geneticamente identici è stata dimostrata proprio negli emù.[62] La superficie dell'uovo è granulare e verde chiaro, colorazione data dalla presenza di biliverdina.[63] Durante il periodo di incubazione l'uovo diventa verde scuro, e se non dovesse mai schiudersi, diventerà bianco per l'effetto sbiancante del sole.[64]

Negli emù è il maschio che cova le uova, e può già iniziare ad incubarle ancor prima che la femmina abbia finito di deporre l'intera covata. Da quel momento, il maschio non mangia, non beve o defeca, muovendosi solamente per girare le uova, cosa che fa una decina di volte al giorno.[64] Durante questo periodo, sviluppa una placca da covata, un'area di pelle nuda rugosa che è a stretto contatto con le uova.[65] Nel corso del periodo di incubazione di otto settimane, perderà un terzo del suo peso e sopravviverà solo grazie al grasso corporeo immagazzinato prima della stagione riproduttiva e alla rugiada mattutina che riesce a raggiungere dal nido. Come in molti altri uccelli australiani, come lo scricciolo superbo (Malurus cyaneus), l'infedeltà è la norma negli emù, nonostante il legame di coppia iniziale: una volta che il maschio inizia a covare, la femmina di solito si allontana, e può accoppiarsi con altri maschi e deporre in più nidi; quindi, fino alla metà dei pulcini di una covata potrebbe non essere generata dal maschio in incubazione, o anche da nessuno dei genitori, poiché anche negli emù è stato osservato il parassitismo di cova.[66]

Chicks are camouflaged
I pulcini presentano un piumaggio a strisce longitudinali che forniscono mimetizzazione

Alcune femmine rimangono e difendono il nido fino a quando i pulcini non iniziano a schiudersi, ma la maggior parte lascia completamente l'area di nidificazione per nidificare di nuovo; in una buona stagione, una femmina può nidificare per ben tre volte con tre partener diversi.[43] Se i genitori stanno insieme durante il periodo di incubazione, si alterneranno a fare la guardia alle uova permettendo al partner di bere e nutrirsi nelle vicinanze.[67] Quando percepiscono un pericolo, si accasciano sul nido, cercando di mimetizzarsi con l'ambiente circostante, per poi balzare all'improvviso per affrontare e spaventare l'aggressore.[67]

L'incubazione dura 56 giorni e il maschio smette di incubare le uova poco prima che si schiudano.[43] La temperatura del nido aumenta leggermente durante l'ottava settimana. Sebbene le uova vengano deposte in sequenza, tendono a schiudersi entro due giorni l'una dall'altra, poiché le uova deposte in seguito hanno subito temperature più elevate e si sono sviluppate più rapidamente.[48] Durante il processo, i precoci pulcini di emù devono sviluppare in fretta una capacità di termoregolazione. Durante l'incubazione, gli embrioni vengono mantenuti a una temperatura costante, ma i pulcini dovranno essere in grado di far fronte a temperature esterne variabili prima della schiusa.[48]

I pulcini appena nati sono attivi e possono lasciare il nido entro pochi giorni dalla schiusa. Appena schiusi sono alti circa 12 centimetri, pesano 0,5 kg[33] e presentano delle distintive strisce marroni e crema longitudinali per mimetizzarsi, che svaniscono dopo circa tre mesi. Il maschio si prende cura dei pulcini per un massimo di sette mesi, insegnando loro come trovare il cibo.[33][68] I pulcini crescono molto rapidamente e sono completamente cresciuti in cinque o sei mesi;[33] possono rimanere con il loro gruppo familiare per altri sei mesi circa prima di separarsi per riprodursi nella loro seconda stagione. Durante la loro prima infanzia, i giovani emù sono difesi dal padre, che diventerà estremamente aggressivo verso gli altri emù, compresa la madre, arruffando le piume, emettendo acuti grugniti e scalciando contro chiunque si avvicini troppo. Durante la notte, il maschio e i pulcini dormono insieme sotto le sue piume.[69] Siccome i giovani emù non possono spostarsi per lunghi tratti, i genitori devono scegliere una zona con cibo in abbondanza in cui riprodursi.[52] In cattività, l'emù può vivere fino a dieci anni.[30]

Emu illustration 1848
Emù e pulcini, tavola da The Birds of Australia, John Gould, 1848

Un emù adulto ha ben pochi predatori naturali nativi. In tempi preistorici, la specie aveva a che fare con numerosi predatori terrestri ora estinti, tra cui il megalania, il tilacino e forse altri marsupiali carnivori, il che potrebbe spiegare la loro capacità apparentemente ben sviluppata di difendersi dai predatori terrestri. Il principale predatore degli emù oggi è il dingo, originariamente introdotto dagli aborigeni migliaia di anni fa da uno stock di lupi semi-addomesticati. Quando cacciano, i dingo cercano di uccidere gli emù attaccando la testa. L'emù in genere cerca di respingere il dingo saltando in aria e calciando o pestando il dingo mentre in ricaduta. I dingo sono a malapena in grado di saltare abbastanza in alto da attaccare il collo dell'uccello, quindi un salto al momento giusto in concomitanza con l'affondo del dingo può tenere la testa e il collo fuori pericolo.[70]

Nonostante la potenziale relazione preda-predatore, la presenza dei dingo nel continente australiano non sembra influenzare pesantemente sul numero di emù.[71] Le aquile codacuneata sono l'unico predatore aviario in grado di attaccare un l'emù adulto, anche se solitamente attaccano preferiscono i pulcini e i giovani. Le aquile attaccano gli emù piombando rapidamente dall'alto e ad alta velocità e mirando alla testa e al collo. In questo caso, la tecnica usata contro il dingo è inutile. Le aquile tendono a cacciare gli emù quando questi sono in aree aperte e prive di ostacoli dietro cui possano nascondersi. In tali circostanze, l'emù può solo correre in modo caotico e cambiare frequentemente direzione per cercare di eludere il suo aggressore.[70][72] Altri rapaci, varani, e specie invasive come volpi rosse, cani randagi, maiali e gatti possono rappresentare una minaccia per i pulcini e per le uova.[1]

Gli emù possono soffrire di parassiti sia esterni che interni, ma in ambienti controllati sono meno soggetti ad infezioni rispetto a struzzi e nandù. I parassiti esterni includono il pidocchio Dahlemhornia asymmetrica e vari altri pidocchi, zecche, acari e mosche. I pulcini a volte soffrono di infezioni del tratto intestinale causate da protozoi coccidi e il nematode Trichostrongylus tenuis infetta l'emù e diversi uccelli, causando diarrea emorragica. Altri nematodi si trovano nella trachea e nei bronchi; Syngamus trachea che causa tracheite emorragica e Cyathostoma variegatum che causa gravi problemi respiratori nei giovani.[73]

Conservazione

[modifica | modifica wikitesto]
Ricostruzione di John Gerrard Keulemans (c. 1910) dell'emù della Tasmania, una delle tre sottospecie che furono cacciate fino all'estinzione

In Handbook to the Birds of Australia di John Gould, pubblicato per la prima volta nel 1865, quest'ultimo commentò con amarezza la perdita dell'emù dalla Tasmania, all'epoca divenuto raro sull'isola e da allora estinto; John notò anche come gli emù fossero diventati più rari nei pressi di Sydney e propose di conferire alla specie lo stato di protezione.[13] Negli anni '30, la caccia all'emù nell'Australia occidentale raggiunse il suo picco con 57.000 esemplari abbattuti, con abbattimenti anche nel Queensland a causa dei dilaganti danni alle colture. Negli anni '60, nell'Australia occidentale venivano ancora pagate taglie per ogni emù abbattuto,[74] ma da allora, agli emù selvatici venne concessa una formale protezione ai sensi della Legge 1999 sulla protezione dell'ambiente e sulla conservazione della biodiversità.[1] Il loro intervallo di occorrenza è compreso tra i 4.240.000 e i 6.730.000 km², e un censimento del 1992 suggeriva che la loro popolazione totale fosse compresa tra i 630.000 e i 725.000 esemplari.[23] Si ritiene che la loro tendenza demografica sia stabile e l'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) valuta il loro stato di conservazione come a Rischio minimo.[1] Tuttavia, una popolazione isolata nella bioregione della costa settentrionale del Nuovo Galles del Sud e di Port Stephens è elencata come minacciata dal governo del Nuovo Galles del Sud.[75]

Sebbene si pensi che la popolazione di emù nell'Australia continentale sia più alta ora di quanto non fosse prima dell'insediamento europeo,[7] alcune popolazioni locali sono a rischio di estinzione. Le minacce affrontate dagli emù includono la distruzione e la frammentazione del loro habitat, uccisioni deliberate, collisioni con i veicoli e la predazione delle uova e dei piccoli da parte di specie invasive.[1]

Interazioni con l'uomo

[modifica | modifica wikitesto]
Caccia agli emù, c. 1885, attribuito a Tommy McRae
Richiamo aborigeno per emù, usato per attirare gli emù
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra degli emù.

Gli emù erano comune fonte di cibo per gli aborigeni australiani e per i primi coloni europei. Gli emù sono uccelli curiosi ed è risaputo che si avvicinano spesso agli umani se vedono un movimento inaspettato di un arto o un curioso capo di abbigliamento, e non è insolito che si avvicinino e seguano le persone per pura curiosità.[56] Gli aborigeni australiani usavano un gran varietà di tecniche per cacciare questi uccelli, tra cui infilzarli mentre bevevano alle pozze d'acqua, intrappolarli in reti e attirarli imitando i loro richiami o suscitando la loro curiosità con un gomitolo di piume e stracci penzolanti da un albero.[68] La mela spinosa di pitchuri (Duboisia hopwoodii), o qualche altra pianta velenosa simile, potrebbe essere stata usata per contaminare le pozze d'acqua da cui questi uccelli si abbeveravano, dopo di che l'emù disorientato diveniva una facile preda per i cacciatori. Un altro stratagemma prevedeva che il cacciatore indossasse una pelliccia per avvicinarsi agli uccelli, attirandoli in una trappola mimetizzata usando stracci o imitando i loro richiami. Gli aborigeni australiani uccidevano gli emù solo per necessità e disapprovavano chiunque li cacciasse per qualsiasi altro motivo. Ogni parte del loro corpo aveva una qualche utilità; il grasso veniva raccolto per il suo prezioso olio multiuso, le ossa venivano modellate in coltelli e strumenti, le piume venivano usate per ornamenti e i tendini venivano impiegati come spago.[74]

I primi coloni europei cacciavano gli emù per nutrirsene e usavano il loro grasso per alimentare le lampade.[74] Gli europei, inoltre, cercarono di impedire agli animali di devastare i loro raccolti o di invadere gli insediamenti in cerca di acqua durante la siccità. Un esempio estremo di ciò fu la guerra degli emù, nell'Australia occidentale del 1932. Gli emù si riversarono nell'area di Chandler e Walgoolan durante un periodo di siccità, danneggiando le recinzioni dei conigli e devastando i raccolti. L'esercito tentò di organizzare un'offensiva per sterminare gli uccelli con l'uso di mitragliatrici, ma senza successo, per via dei mezzi inadeguati e della sorprendente resistenza degli uccelli ai colpi di proiettile.[74][76] Gli emù sono uccelli grandi e potenti e le loro gambe sono tra le più forti del regno animale, abbastanza potenti da abbattere le recinzioni di metallo.[36] I maschi, inoltre, sono molto protettivi nei confronti dei loro piccoli e sono stati documentati almeno due casi di esseri umani attaccati da emù.[77][78]

Valore economico

[modifica | modifica wikitesto]

Nelle aree in cui era endemico, l'emù era un'importante fonte di carne per gli aborigeni australiani. Prezioso era anche il suo grasso, che veniva usato dagli aborigeni sia come medicina tradizionale, strofinandoselo sulla pelle, sia come lubrificante per oliare strumenti e utensili di legno come il coolamon, ed era mescolato con l'ocra per creare la tradizionale pittura per l'ornamento cerimoniale del corpo.[79] Anche le loro uova venivano raccolte come fonte di cibo.[80]

Un esempio di come veniva cucinato l'emù viene dai racconti degli Aranda dell'Australia centrale, che chiamavano l'emù Kere ankerre:

«Gli emù sono sempre in giro, nei tempi verdi e nei tempi asciutti. Prima togli le piume, poi estrai il contenuto dallo stomaco e metti le piume al suo interno, e poi cuoci sul fuoco. Avvolgi le interiora che hai estratto in qualcosa [come] foglie di gomma e le cuoci. Quando hai tolto il grasso, tagli la carne e la cuoci sul fuoco fatto con legno dell'albero della gomma rossa di fiume.[81]»

Farmed emu
Emù da allevamento che vengono nutriti con cereali

Gli emù erano una fonte di cibo e carburante anche per i primi coloni europei e oggigiorno vengono allevati, in Australia e in tutto il mondo, per carne, olio e cuoio. L'allevamento commerciale degli emù iniziò nell'Australia occidentale intorno al 1970.[82] L'industria commerciale del paese si basa su bestiame allevato in cattività e tutti gli stati, tranne la Tasmania, hanno requisiti di licenza per proteggere l'emù selvatico. Al di fuori dell'Australia, gli emù sono allevati su larga scala in Nord America, con circa 1 milione di uccelli negli Stati Uniti,[83] Perù e Cina e, in misura minore, in altri paesi compresa l'Italia. Gli emù si riproducono bene in cattività e vengono tenuti in grandi recinti aperti per evitare problemi alle gambe e digestivi derivanti dall'inattività. In genere vengono nutriti con grano integrato dal pascolo e vengono macellati tra i 15 e i 18 mesi.[84]

Tuttavia, nel 2012, l'amministrazione del Distretto di Salem in India consigliò agli agricoltori di non investire nel business degli emù che all'epoca era fortemente promosso; furono necessarie ulteriori indagini per valutare la redditività dell'allevamento di questi uccelli in India.[85] Negli Stati Uniti, nel 2013 fu riferito che molti allevatori avevano lasciato l'attività; si stima che il numero di allevatori sia sceso da oltre 5.000 nel 1998, a 1.000 o 2.000 nel 2013. I restanti allevatori fanno sempre più affidamento sulla vendita di olio per il proprio profitto, sebbene vengano vendute anche pelle, uova e carne.[86]

Tavola del 1807 che mostra ormai estinto emù insulare, portato in Francia a scopo riproduttivo nel 1804

Gli emù vengono allevati principalmente per la loro carne, cuoio, piume e olio, utilizzando il 95% della loro carcassa.[83] La carne di emù è un prodotto a basso contenuto di grassi (meno dell'1,5% di grassi) ed è paragonabile ad altre carni magre. La maggior parte delle porzioni utilizzabili (i tagli migliori provengono dalla coscia e dai muscoli più grossi del tamburo o della parte inferiore della coscia) sono, come gli altri volatili, carne scura; la carne di emù è considerata una carne rossa dalla Food and Drug Administration, per il suo colore rosso e il valore del pH si avvicinano a quelli della carne bovina,[83] ma ai fini dell'ispezione è considerata pollame. Il grasso dell'emù è usato per produrre olio per cosmetici, integratori alimentari e prodotti terapeutici.[87] L'olio è ottenuto dal grasso sottocutaneo e retroperitoneale; il tessuto adiposo macerato viene riscaldato e il grasso liquefatto viene filtrato per ottenere un olio limpido.[87] È costituito principalmente da acidi grassi di cui acido oleico (42%), acido linoleico e acido palmitico (21% ciascuno).[84] Contiene anche vari antiossidanti, in particolare carotenoidi e flavoni.[87]

Uovo di emù inciso

Ci sarebbero prove che l'olio di emù abbia proprietà antinfiammatorie;[88] tuttavia, non sono stati condotti test approfonditi,[87] e l'USDA considera l'olio di emù puro come un farmaco non approvato e lo ha evidenziato in un articolo del 2009 intitolato "Come individuare la frode sanitaria".[89] Tuttavia, l'olio è stato collegato all'attenuazione dell'infiammazione gastrointestinale e test sui ratti hanno dimostrato che ha un effetto significativo nel trattamento dell'artrite e dei dolori articolari, più degli oli d'oliva o di pesce.[90] È stato scientificamente dimostrato che migliora il tasso di guarigione delle ferite, ma non è chiaro il meccanismo responsabile di questo effetto.[90] Uno studio del 2008 ha affermato che l'olio di emù ha un potenziale antiossidante e antinfiammatorio migliore rispetto all'olio di struzzo e lo ha collegato alla percentuale più elevata dell'olio di emù di acidi grassi insaturi e saturi.[88][90][91] Sebbene non ci siano studi scientifici che dimostrino che l'olio di emù sia efficace negli esseri umani, è commercializzato e promosso come integratore alimentare con un'ampia varietà di benefici per la salute dichiarati. Gli integratori di olio di emù in commercio sono scarsamente standardizzati.[92]

La pelle di emù ha una superficie a motivi distintivi, dovuta a un'area rialzata attorno ai follicoli delle piume nella pelle; la pelle è usata in articoli come portafogli, borse, scarpe e vestiti,[86] spesso in combinazione con altri pellami. Le piume e le uova venivano utilizzate nelle arti decorative e nell'artigenato. In particolare, le uova di emù svuotate vengono incise con ritratti, simili a cammei, e scene di animali nativi australiani.[93] Nella seconda metà dell'Ottocento, le uova degli emù venivano usate come ninnoli, soprammobili, calici, calamai e vasi, il tutto riccamente abbellito con immagini di flora, fauna e popolazioni indigene australiane da argentieri itineranti, fondatori di una 'nuova grammatica australiana dell'ornamento'.[94][95] Questa moda sembra riprendere quella tradizionale sull'uso delle uova di struzzo nell'Europa del XIII secolo, al simbolismo cristiano e alle nozioni di verginità, fertilità, fede e forza. Per una società di orgogliosi coloni che cercavano di portare cultura e civiltà nel loro nuovo mondo, il tradizionale calice con uova di struzzo, liberato dalle sue radici in una società dominata dalla cultura di corte,[96] è stato reinventato in modo creativo nelle colonie australiane quando sono state inventate forme e funzioni per rendere gli oggetti attraenti per un pubblico nuovo e più ampio.[97] Progettisti significativi, come Adolphus Blau, Julius Hogarth, Ernest Leviny, Julius Schomburgk, Johann Heinrich Steiner, Christian Quist, Joachim Matthias Wendt, William Edwards e altri[98][99] avevano la formazione tecnica su cui costruire fiorenti attività in un paese ricco di materie prime e una clientela affamata di accessori del Vecchio Mondo.[100] Ancora oggi, le piume e le uova degli emù vengono venduti ai turisti.

Nella cultura

[modifica | modifica wikitesto]
L'" Emù nel cielo ". In termini di astronomia occidentale, la Croce del Sud è sulla destra; lo Scorpione a sinistra; e la testa dell'emù è il Sacco di Carbone.

L'emù ha un posto di rilievo nella mitologia aborigena australiana, incluso un mito sulla creazione degli Yuwaalaraay e altri gruppi nel Nuovo Galles del Sud che affermano che il sole sia stato creato lanciando un uovo di emù nel cielo; l'uccello compare in numerose storie eziologiche raccontate in numerosi gruppi aborigeni.[101] Una storia dell'Australia occidentale sostiene che un uomo una volta abbia infastidito un uccellino, che di risposta lanciò un boomerang all'uomo, recidendogli entrambe le braccia e trasformandolo in un emù incapace di volare.[102] Nell'Australia centrale si dice che gli sciamani Kurdaitcha indossino sandali fatti di piume di emù per mascherare le loro impronte. Molti gruppi linguistici aborigeni in tutta l'Australia hanno una tradizione secondo cui le oscure corsie di polvere nella Via Lattea rappresentino un gigantesco emù nel cielo.[103][104] Molte delle incisioni rupestri di Sydney raffigurano emù,[105] e gli uccelli sono imitati nelle danze indigene.[106] La caccia agli emù, nota come kari nella lingua Kaurna, è presente nella principale storia dei sogni del popolo Kaurna della regione di Adelaide sull'eroe antenato Tjilbruke.

Lo Stemma dell'Australia

L'emù è popolarmente ma ufficiosamente considerato un emblema faunistico: l'uccello nazionale dell'Australia.[107][108] Appare come uno dei portatori dello scudo sullo stemma dell'Australia, insieme al canguro rosso, e come parte dello stemma compare anche sulla moneta australiana da 50 centesimi.[108][109] Appare anche su numerosi francobolli australiani, tra cui un'emissione pre-federazione del 100º anniversario del Nuovo Galles del Sud del 1888, che presentava un francobollo con un emù blu da 2 penny, un francobollo da 36 centesimi rilasciato nel 1986 e un francobollo da 1,35 $ rilasciato nel 1994.[110] I cappelli degli Australian Light Horse sono decorati con piume di emù.[111][112]

I marchi delle prime aziende australiane utilizzavano spesso l'emù come simbolo, come la Webbenderfer Bros (1891), Mac Robertson Chocolate and Cocoa (1893), Dyason and Son Emu Brand Cordial Sauce (1894), James Allard Pottery Wares (1906) e i produttori di corde G. Kinnear and Sons Pty. Ltd. che lo usano ancora su alcuni dei loro prodotti.[113]

Ci sono circa seicento luoghi ufficializzati in Australia con "emù" nel titolo, comprese montagne, laghi, colline, pianure, insenature e pozze d'acqua.[114] Durante il XIX e il XX secolo, molte aziende e prodotti per la casa australiani presero il nome dell'uccello. Nell'Australia occidentale, la birra Emu è stata prodotta dall'inizio del XX secolo e la Swan Brewery continua a produrre una gamma di birre marchiate "Emu".[115] La rivista trimestrale peer-reviewed della Royal Australasian Ornithologists Union, nota anche come Birds Australia, si intitola Emu: Austral Ornithology.[116]

Il comico Rod Hull ha interpretato per molti anni un emù burattino ribelle nei suoi spettacoli e l'uccello è tornato sul piccolo schermo nelle mani di suo figlio dopo la morte del burattinaio, nel 1999.[117] Nel 2019 la compagnia di assicurazioni americana Liberty Mutual ha lanciato una campagna pubblicitaria che presenta LiMu Emu, un emu con rendering in CGI.[118]

  1. ^ a b c d e (EN) Dromaius novaehollandiae, vol. 2018, 2018, pp. e.T22678117A131902466, DOI:10.2305/IUCN.UK.2018-2.RLTS.T22678117A131902466.en. URL consultato il 19 novembre 2021.
  2. ^ a b c d e (EN) S.J.J.F. Davies, Emus, in Hutchins, Michael (a cura di), Grzimek's Animal Life Encyclopedia, 8 Birds I Tinamous and Ratites to Hoatzins, 2nd, Farmington Hills, Michigan, Gale Group, 2003, pp. 83–87, ISBN 978-0-7876-5784-0.
  3. ^ a b (EN) Sheila Brands, Systema Naturae 2000 / Classification, Dromaius novaehollandiae, in Project: The Taxonomicon, 14 agosto 2008. URL consultato il 14 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 10 marzo 2016).
  4. ^ a b c (EN) Names List for Dromaius novaehollandiae (Latham, 1790), su environment.gov.au, Department of the Environment, Water, Heritage and the Arts. URL consultato il 14 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2015).
  5. ^ (EN) S.J.J.F. Davies, Emus, in Hutchins, Michael (a cura di), Grzimek's Animal Life Encyclopedia, 8 Birds I Tinamous and Ratites to Hoatzins, 2nd, Farmington Hills, Michigan, Gale Group, 2003, pp. 83–87, ISBN 978-0-7876-5784-0.
  6. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Dromaiidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 5 maggio 2014.
  7. ^ a b c d e (EN) Boles, Walter, Emu, su australian.museum, Australian Museum, 6 aprile 2010. URL consultato il 18 luglio 2015.
  8. ^ a b c d Eastman, p. 5.
  9. ^ (EN) McClymont, James R., The etymology of the name 'emu', su readbookonline.net, readbookonline.net.. URL consultato il 5 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2015).
  10. ^ (EN) Mathew, John, Eaglehawk and crow a study of the Australian aborigines including an inquiry into their origin and a survey of Australian languages, Рипол Классик, 1899, pp. 159, ISBN 978-5-87986-358-1.
  11. ^ (EN) Troy, Jakelin, The Sydney language, Canberra, Jakelin Troy, 1993, pp. 54, ISBN 978-0-646-11015-8.
  12. ^ (EN) Robert, Willem Carel Hendrik, The explorations, 1696–1697, of Australia by Willem De Vlamingh, Philo Press, 1972, pp. 140, ISBN 978-90-6022-501-1.
  13. ^ a b (EN) Gould, John, Handbook to the Birds of Australia, vol. 2, Londra, 1865, pp. 200–203.
  14. ^ (EN) Arthur Philip, The voyage of Governor Phillip to Botany Bay, Londra, Printed by John Stockdale, 1789, pp. 271–272.
  15. ^ (LA) John Latham, Index Ornithologicus, Sive Systema Ornithologiae: Complectens Avium Divisionem in Classes, Ordines, Genera, Species, Ipsarumque Varietates (Volume 2), Londra, Leigh & Sotheby, 1790, pp. 665.
  16. ^ (EN) A.F. Gotch, 16, in Latin Names Explained. A Guide to the Scientific Classifications of Reptiles, Birds & Mammals, Facts on File, 1979, pp. 179, ISBN 978-0-8160-3377-5.
  17. ^ (EN) Vieillot, Louis Jean Pierre, Analyse d'une nouvelle ornithologie élémentaire, par L.P. Vieillot, Deteville, libraire, rue Hautefeuille, 1816, pp. 54, 70.
  18. ^ (EN) Alexander, W.B., Generic name of the Emu, in Auk, vol. 44, n. 4, 1927, pp. 592–593, DOI:10.2307/4074902, JSTOR 4074902.
  19. ^ (EN) Christidis, Les e Boles, Walter, Systematics and Taxonomy of Australian Birds, Csiro Publishing, 2008, pp. 57, ISBN 978-0-643-06511-6.
  20. ^ (EN) Tudge, Colin, The Bird: A Natural History of Who Birds Are, Where They Came From, and How They Live, Random House Digital, 2009, pp. 116, ISBN 978-0-307-34204-1.
  21. ^ (EN) Mitchell, K.J., Llamas, B., Soubrier, J., Rawlence, N.J., Worthy, T.H., Wood, J., Lee, M.S.Y. e Cooper, A., Ancient DNA reveals elephant birds and kiwi are sister taxa and clarifies ratite bird evolution (PDF), in Science, vol. 344, n. 6186, 2014, pp. 898–900, Bibcode:2014Sci...344..898M, DOI:10.1126/Science.1251981, PMID 24855267.
  22. ^ a b (EN) Heupink, Tim H., Huynen, Leon e Lambert, David M., Ancient DNA suggests dwarf and 'giant' emu are conspecific, in PLOS ONE, vol. 6, n. 4, 2011, pp. e18728, Bibcode:2011PLoSO...618728H, DOI:10.1371/journal.pone.0018728, PMC 3073985, PMID 21494561.
  23. ^ a b (EN) Emu Dromaius novaehollandiae, su birdlife.org, BirdLife International. URL consultato il 26 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2020).
  24. ^ a b (EN) Williams, W.D., Biogeography and Ecology in Tasmania, Springer Science & Business Media, 2012, pp. 450, ISBN 978-94-010-2337-5.
  25. ^ (EN) Frith, Harold James, Wildlife conservation, Angus and Robertson, 1973, pp. 308, ISBN 9780207126888.
  26. ^ (EN) Mathews, Gregory M., Class: Aves; Genus Dromiceius, in Novitates Zoologicae, XVIII, n. 3, 1912, pp. 175–176.
  27. ^ (EN) Emu (South Eastern): Dromaius novaehollandiae [novaehollandiae or rothschildi] (= Dromaius novaehollandiae novaehollandiae) (Latham, 1790), in Avibase. URL consultato il 5 settembre 2015.
  28. ^ (EN) Emu (Northern): Dromaius novaehollandiae novaehollandiae (woodwardi) (= Dromaius novaehollandiae woodwardi) Mathews, 1912, in Avibase. URL consultato il 5 settembre 2015.
  29. ^ (EN) Emu (South Western): Dromaius novaehollandiae rothschildi Mathews, 1912, in Avibase. URL consultato il 5 settembre 2015.
  30. ^ a b c d e f g h (EN) M.D. Bruce, Common emu (Dromaius novaehollandiae), in J. del Hoyo, A. Elliott e J. Sargatal (a cura di), Handbook of the Birds of the World Alive, Lynx Edicions, 1999, ISBN 978-84-87334-25-2.
  31. ^ (EN) Gill, Frank e Donsker, David (a cura di), Subspecies Updates, in IOC World Bird List, v 5.2. URL consultato il 14 luglio 2015.
  32. ^ (EN) Gillespie, James e Flanders, Frank, Modern Livestock & Poultry Production, Cengage Learning, 2009, pp. 908, ISBN 978-1-4283-1808-3.
  33. ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Stephen Davies, Ratites and Tinamous, 2002, ISBN 978-0-19-854996-3.
  34. ^ a b c d e f Eastman, p. 6.
  35. ^ (EN) Patak, A.E. e Baldwin, J., <23::AID-JMOR2>3.0.CO;2-O Pelvic limb musculature in the emu Dromaius novaehollandiae (Aves : Struthioniformes: Dromaiidae): Adaptations to high-speed running, in Journal of Morphology, vol. 238, n. 1, 1998, pp. 23–37, DOI:10.1002/(SICI)1097-4687(199810)238:1<23::AID-JMOR2>3.0.CO;2-O, PMID 9768501.
  36. ^ a b c d e Eastman, p. 9.
  37. ^ Eastman, p. 7.
  38. ^ (EN) Emus vs. Ostriches, su wildlifeextra.com, Wildlife Extra. URL consultato il 19 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2015).
  39. ^ (EN) Maloney, S.K. e Dawson, T.J., The heat load from solar radiation on a large, diurnally active bird, the emu (Dromaius novaehollandiae), in Journal of Thermal Biology, vol. 20, n. 5, 1995, pp. 381–387, DOI:10.1016/0306-4565(94)00073-R.
  40. ^ Eastman, p. 5-6.
  41. ^ a b c d Eastman, p. 23.
  42. ^ a b c d (EN) Coddington, Catherine L. e Cockburn, Andrew, The mating system of free-living emus, in Australian Journal of Zoology, vol. 43, n. 4, 1995, pp. 365–372, DOI:10.1071/ZO9950365.
  43. ^ a b c (EN) Davies, S.J.J.F., The natural history of the emu in comparison with that of other ratites, in Firth, H.J. e Calaby, J.H. (a cura di), Proceedings of the 16th international ornithological congress, Australian Academy of Science, 1976, pp. 109–120, ISBN 978-0-85847-038-5.
  44. ^ (EN) Ekesbo, Ingvar, Farm Animal Behaviour: Characteristics for Assessment of Health and Welfare, CABI, 2011, pp. 174–190, ISBN 978-1-84593-770-6.
  45. ^ a b c d (EN) Immelmann, K., The sleep of the emu, in Emu, vol. 60, n. 3, 1960, pp. 193–195, DOI:10.1071/MU960193.
  46. ^ (EN) Maloney, S.K. e Dawson, T.J., Thermoregulation in a large bird, the emu (Dromaius novaehollandiae), in Comparative Biochemistry and Physiology B, vol. 164, n. 6, 1994, pp. 464–472, DOI:10.1007/BF00714584.
  47. ^ (EN) Maloney, S.K. e Dawson, T.J., Ventilatory accommodation of oxygen demand and respiratory water loss in a large bird, the emu (Dromaius novaehollandiae), and a re-examination of ventilatory allometry for birds, in Physiological Zoology, vol. 71, n. 6, 1998, pp. 712–719, DOI:10.1086/515997, PMID 9798259.
  48. ^ a b c d e (EN) Maloney, Shane K., Thermoregulation in ratites: a review, in Australian Journal of Experimental Agriculture, vol. 48, n. 10, 2008, pp. 1293–1301, DOI:10.1071/EA08142.
  49. ^ (EN) Barker, R.D. e Vertjens, W.J.M., The Food of Australian Birds: 1 Non-Passerines, CSIRO Australia, 1989, ISBN 978-0-643-05007-5.
  50. ^ a b c d Eastman, p. 44.
  51. ^ a b (EN) Powell, Robert, Leaf and branch: Trees and tall shrubs of Perth, Department of Conservation and Land Management, 1990, pp. 197, ISBN 978-0-7309-3916-0.
  52. ^ a b Eastman, p. 31.
  53. ^ (EN) McGrath, R.J. e Bass, D., Seed dispersal by emus on the New South Wales north-east coast, in Emu, vol. 99, n. 4, 1999, pp. 248–252, DOI:10.1071/MU99030.
  54. ^ (EN) The prickly pear story (PDF), su daf.qld.gov.au, Department of Employment, Economic Development and Innovation, State of Queensland, 2015. URL consultato il 21 luglio 2015.
  55. ^ a b (EN) Amanda H. Lynch, Jason Beringer, Peter Kershaw, Andrew Marshall, Scott Mooney, Nigel Tapper, Chris Turney e Sander Van Der Kaars, Using the Paleorecord to Evaluate Climate and Fire Interactions in Australia, in Annual Review of Earth and Planetary Sciences, vol. 35, n. 1, Annual Reviews, 2007, pp. 215–239, Bibcode:2007AREPS..35..215L, DOI:10.1146/annurev.earth.35.092006.145055, ISSN 0084-6597 (WC · ACNP).
  56. ^ a b Eastman, p. 15.
  57. ^ (EN) Malecki, I.A., Martin, G.B., O'Malley, P.J., Meyer, G.T., Talbot, R.T. e Sharp, P.J., Endocrine and testicular changes in a short-day seasonally breeding bird, the emu (Dromaius novaehollandiae), in southwestern Australia, in Animal Reproduction Science, vol. 53, 1–4, 1998, pp. 143–155, DOI:10.1016/S0378-4320(98)00110-9, PMID 9835373.
  58. ^ a b Eastman, p. 24.
  59. ^ a b (EN) Patodkar, V.R., Rahane, S.D., Shejal, M.A. e Belhekar, D.R., Behavior of emu bird (Dromaius novaehollandiae), in Veterinary World, vol. 2, n. 11, 2011, pp. 439–440.
  60. ^ (EN) Campbell, Bruce e Lack, Elizabeth, A Dictionary of Birds, Bloomsbury Publishing, 2013, pp. 179, ISBN 978-1-4081-3839-7.
  61. ^ (EN) Dzialowski, Edward M. e Sotherland, Paul R., Maternal effects of egg size on emu Dromaius novaehollandiae egg composition and hatchling phenotype, in Journal of Experimental Biology, vol. 207, n. 4, 2004, pp. 597–606, DOI:10.1242/jeb.00792, PMID 14718503.
  62. ^ (EN) Bassett, S.M., Potter, M.A., Fordham, R.A. e Johnston, E.V., Genetically identical avian twins, in Journal of Zoology, vol. 247, n. 4, 1999, pp. 475–478, DOI:10.1111/j.1469-7998.1999.tb01010.x.
  63. ^ (EN) Steven Halepas, Randy Hamchand e Samuel E. D. Lindeyer, Isolation of Biliverdin IXα, as its Dimethyl Ester, from Emu Eggshells, in Journal of Chemical Education, vol. 94, n. 10, 10 ottobre 2017, pp. 1533–1537, DOI:10.1021/acs.jchemed.7b00449. URL consultato il 22 ottobre 2017.
  64. ^ a b Eastman, p. 25.
  65. ^ (EN) Royal Australasian Ornithologists' Union, The Emu, The Union, 1956, pp. 408.
  66. ^ (EN) Taylor, Emma L., Blache, Dominique, Groth, David, Wetherall, John D. e Martin, Graeme B., Genetic evidence for mixed parentage in nests of the emu (Dromaius novaehollandiae), in Behavioral Ecology and Sociobiology, vol. 47, n. 5, 2000, pp. 359–364, DOI:10.1007/s002650050677, JSTOR 4601755.
  67. ^ a b Eastman, p. 26.
  68. ^ a b (EN) Reader's Digest Complete Book of Australian Birds, Reader's Digest Services, 1978, ISBN 978-0-909486-63-1.
  69. ^ Eastman, p. 27.
  70. ^ a b Eastman, p. 29.
  71. ^ (EN) Caughley, G., Grigg, G.C., Caughley, J. e Hill, G.J.E., Does dingo predation control the densities of kangaroos and emus?, in Australian Wildlife Research, vol. 7, 1980, pp. 1–12, DOI:10.1071/WR9800001.
  72. ^ (EN) Wedge-tailed eagle (Australian Natural History Series) by Peggy Olsen. CSIRO Publishing (2005), ISBN 978-0-643-09165-8
  73. ^ (EN) Nemejc, Karel e Lukešová, Daniela, The parasite fauna of ostriches, emu and rheas, in Agricultura Tropica et Subtropica, vol. 54, n. 1, 2012, pp. 45–50, DOI:10.2478/v10295-012-0007-6.
  74. ^ a b c d Eastman, p. 63.
  75. ^ Emu population in the NSW North Coast Bioregion and Port Stephens LGA, su environment.nsw.gov.au, New South Wales: Office of Environment and Heritage, 22 ottobre 2012. URL consultato il 15 luglio 2015.
  76. ^ "Emu War" defended, in The Argus, 19 novembre 1932, pp. 22. URL consultato il 19 luglio 2015.
  77. ^ Attacked by an emu, in The Argus, 10 agosto 1904, p. 8. URL consultato il 15 luglio 2015.
  78. ^ Victoria, in The Mercury, 24 marzo 1873, p. 2. URL consultato il 15 luglio 2015.
  79. ^ Eastman, pp. 62–64.
  80. ^ Clarke, P. A. (2018). Aboriginal foraging practices and crafts involving birds in the post-European period of the Lower Murray, South Australia. Transactions of the Royal Society of South Australia, 142(1), 1–26.
  81. ^ Turner, Margaret–Mary, Arrernte Foods: Foods from Central Australia, Alice Springs, Northern Territory, IAD Press, 1994, pp. 47, ISBN 978-0-949659-76-7.
  82. ^ Jason Nicholls, Commercial emu raising : using cool climate forage based production systems : a report for the Rural Industries Research and Development Corporation, Barton, A.C.T. : Rural Industries Research and Development Corp., 1998, ISBN 978-0-642-57869-3. URL consultato il 15 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 15 luglio 2015).
  83. ^ a b c Ratites (Emu, Ostrich, and Rhea), su fsis.usda.gov, United States Department of Agriculture, 2 agosto 2013. URL consultato il 15 luglio 2015.
  84. ^ Davis, Gary S., Commercial Emu Production, su ces.ncsu.edu, North Carolina Cooperative Extension Service, 29 maggio 2007. URL consultato il 30 luglio 2015.
  85. ^ Saravanan, L., Don't invest in Emu farms, say Salem authorities, in The Times of India, 21 aprile 2012.
  86. ^ a b Robbins, Jim, Ranchers find hope in flightless bird's fat, in The New York Times, 7 febbraio 2013. URL consultato l'8 febbraio 2013.
  87. ^ a b c d Howarth, Gordon S., Lindsay, Ruth J., Butler, Ross N. e Geier, Mark S., Can emu oil ameliorate inflammatory disorders affecting the gastrointestinal system?, in Australian Journal of Experimental Agriculture, vol. 48, n. 10, 2008, pp. 1276–1279, DOI:10.1071/EA08139.
  88. ^ a b S. Yoganathan, R. Nicolosi, T. Wilson, G. Handelman, P. Scollin, R. Tao, P. Binford e F. Orthoefer, Antagonism of croton oil inflammation by topical emu oil in CD-1 mice, in Lipids, vol. 38, n. 6, 2003, pp. 603–607, DOI:10.1007/s11745-003-1104-y, PMID 12934669.
  89. ^ Kurtzweil, Paula, How to Spot Health Fraud, in Drugs, vol. 33, n. 6, U.S. Food and Drug Administration, 25 febbraio 2010, pp. 22–6, PMID 10628313. URL consultato il 15 luglio 2015.
  90. ^ a b c Bennett, Darin C., Code, William E., Godin, David V. e Cheng, Kimberly M., Comparison of the antioxidant properties of emu oil with other avian oils, in Australian Journal of Experimental Agriculture, vol. 48, n. 10, 2008, pp. 1345–1350, DOI:10.1071/EA08134.
  91. ^ Politis, M.J. e Dmytrowich, A., Promotion of second intention wound healing by emu oil lotion: comparative results with furasin, polysporin, and cortisone, in Plastic and Reconstructive Surgery, vol. 102, n. 7, 1998, pp. 2404–2407, DOI:10.1097/00006534-199812000-00020, PMID 9858176.
  92. ^ Whitehouse, M.W., Turner, A.G., Davis, C.K. e Roberts, M.S., Emu oil(s): A source of non-toxic transdermal anti-inflammatory agents in aboriginal medicine, in Inflammopharmacology, vol. 6, n. 1, 1998, pp. 1–8, DOI:10.1007/s10787-998-0001-9, PMID 17638122.
  93. ^ Kalti Paarti – Carved emu eggs, su australian.museum, National Museum of Australia. URL consultato il 15 luglio 2015.
  94. ^ Jonathan Sweet, 'Belonging before Federation: Design and Identity in Colonial Australian Gold and Silver', in Brian Hubber (ed.), All that Glitters: Australian Colonial Gold and Silver from the Vizard Foundation, exhibition catalogue, Geelong Regional Art Gallery, Geelong, 2001, p. 15.
  95. ^ John B Hawkins, 19th Century Australian Silver, Antique Collectors' Club, Woodbridge, UK, 1990, vol. 1, p. 22–6; Eva Czernis-Ryl (ed.), Australian Gold & Silver, 1851–1900, exhibition catalogue, Powerhouse Museum, Sydney, 1995.
  96. ^ Dirk Syndram & Antje Scherner (ed.), Princely Splendor: The Dresden Court 1580–1620, exhibition catalogue, Metropolitan Museum of Art, New York, 2006, pp. 87–9.
  97. ^ Joylon Warwick James, 'A European Heritage: Nineteenth-Century Silver in Australia', The Silver Society Journal, 2003, pp. 133–7
  98. ^ Terence Lane, 'Australian Silver in the National Gallery of Victoria', Art Bulletin, vol. 18, 1980–81, pp. 379–85
  99. ^ Judith O’Callaghan (ed.), The J. and J. Altmann Collection of Australian Silver, exhibition catalogue, National Gallery of Victoria, Melbourne, 1981.
  100. ^ Eichberger, D. (1988). Patterns of Domestication.
  101. ^ Dixon, Roland B., Australia, in Oceanic Mythology, Bibliobazaar, 1916, pp. 270–275, ISBN 978-0-8154-0059-2.
  102. ^ Eastman, p. 60.
  103. ^ Norris, R. P., & Hamacher, D. W. (2010). Astronomical symbolism in Australian Aboriginal rock art. arXiv preprint arXiv:1009.4753.
  104. ^ Norris, R. (2008). Emu Dreaming:[The Milky Way and other heavenly bodies have been inspiration for a rich Aboriginal culture.]. Australasian Science, 29(4), 16.
  105. ^ Ray P. Norris e Duane W. Hamacher, Astronomical Symbolism in Australian Aboriginal Rock Art, in Rock Art Research, vol. 28, n. 1, 2010, pp. 99, Bibcode:2011RArtR..28...99N, arXiv:1009.4753.
  106. ^ Eastman, p. 62.
  107. ^ Robin, Libby, 1956–, Joseph, Leo, Heinsohn, Robert e ProQuest (Firm), Boom & bust : bird stories for a dry country, CSIRO Pub, 2009, ISBN 978-0-643-09709-4.
  108. ^ a b Australia's National Symbols, su dfat.gov.au, Department of Foreign Affairs and Trade. URL consultato il 15 luglio 2015.
  109. ^ Fifty cents, su ramint.gov.au, Royal Australian Mint, 2010. URL consultato il 18 luglio 2015.
  110. ^ Emu Stamps, in Bird stamps, Birdlife International. URL consultato il 18 luglio 2015.
  111. ^ Tabulam and the Light Horse Tradition, su lighthorse.org.au, Australian Light Horse Association, 2011. URL consultato il 18 luglio 2015.
  112. ^ Marti, S. (2018). "The Symbol of Our Nation": The Slouch Hat, the First World War, and Australian Identity. Journal of Australian Studies, 42(1), 3–18.
  113. ^ Cozzolino, Mimmo e Rutherford, G. Fysh (Graeme Fysh), 1947–, Symbols of Australia, 20th anniversary, Mimmo Cozzolino, 2000, pp. 62, ISBN 978-0-646-40309-0.
  114. ^ Place Names Search Result, su ga.gov.au, Geoscience Australia, 2004. URL consultato il 18 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2012).
  115. ^ Spiller, Geoff e Norton, Suzanna, Micro-Breweries to Monopolies and Back: Swan River Colony Breweries 1829–2002, Western Australian Museum, 2003, ISBN 978-1-920843-01-4.
  116. ^ Emu: Austral Ornithology, su publish.csiro.au, Royal Australasian Ornithologists' Union, 2011. URL consultato il 18 luglio 2015.
  117. ^ Emu set for television comeback, in BBC News, 8 giugno 2006. URL consultato il 18 luglio 2015.
  118. ^ Introducing LiMu Emu and Doug, the Dynamic Duo of the Insurance World Starring in New Liberty Mutual Ad Campaign, su libertymutualgroup.com, Liberty Mutual Insurance, 25 febbraio 2019. URL consultato l'11 luglio 2019.
  • P. M. Beutel, S. J. J. F. Davies, W. C. Packer "Physical and physiological measurements of Emu" (1984)
  • L. Brasil "The Emu of King Island" (1914)
  • P. J. Curry "The young emu and its family life in captivity" (1979)
  • (EN) Maxine Eastman, The Life of the Emu, Sydney, Angus & Robertson, 1969, ISBN 978-0-207-95120-6, LCCN 72594212, OCLC 164534.
  • Emu. Husbandry of captive-bred Emus. Collingwood (1999) 12 pp.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàThesaurus BNCF 52874 · LCCN (ENsh85042952 · GND (DE4587619-8 · BNF (FRcb135406436 (data) · J9U (ENHE987007543353005171
  Portale Uccelli: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di uccelli