Moby Dick

romanzo di Herman Melville
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Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) è un romanzo del 1851 scritto da Herman Melville. È considerato un capolavoro della letteratura americana della cosiddetta American Renaissance.

Moby Dick
Titolo originaleMoby-Dick; or, The Whale
Altri titoli
  • Moby Dick ovvero la balena
  • Moby Dick o la balena bianca
Frontespizio della prima edizione americana del 1851
AutoreHerman Melville
1ª ed. originale1851
1ª ed. italiana1932
Genereromanzo
Sottogenereavventura
Lingua originaleinglese
AmbientazioneNew Bedford, Nantucket, nave baleniera Pequod, Oceano Atlantico, Oceano Indiano, Oceano Pacifico
ProtagonistiIl capitano Achab, Ishmael
AntagonistiIl capodoglio chiamato Moby Dick
Altri personaggiQueequeg, Starbuck, Padre Mapple, Stubb, Tashtego, Flask

La storia segue il viaggio della baleniera Pequod, comandata dal capitano Achab, a caccia di balene e capodogli, e in particolare dell'enorme balena bianca che dà il titolo al romanzo, verso la quale Achab nutre una smisurata sete di vendetta.

In Italia è stato pubblicato anche con i titoli Moby Dick ovvero la balena e Moby Dick o la balena bianca.

Storia editoriale

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Il libro fu pubblicato in due versioni differenti nel 1851: in ottobre a Londra - dall'editore Bentley - col titolo The Whale ("La balena") con modifiche fatte dall'autore e dall'editore per emendare il testo dalle parti considerate oscene, blasfeme e dalle ironie verso la Corona britannica; in novembre a New York - presso l'Editore Harper & Brothers - col titolo definitivo Moby-Dick, or The Whale ("Moby Dick, ossia la balena"), ma soggetta a vari passaggi di mano ed errori di copiatura.

Il romanzo, scritto in un anno e mezzo, fu dedicato all'amico Nathaniel Hawthorne. Il libro non piacque ai contemporanei e fu un fallimento commerciale.[1] Il fiasco di critica e pubblico - ad eccezione di Hawthorne, che plaudì all'opera - determinò la fine della carriera letteraria di Melville: alla sua morte, nel 1891, l'opera era fuori stampa, e ne erano state vendute circa 3 200 copie.[2] Il romanzo fu riscoperto solo negli anni Venti del Novecento,[3] collocandolo ai vertici della letteratura mondiale. L'opera di rilancio di Moby Dick si deve a D. H. Lawrence, Carl Van Doren e Lewis Mumford (su The New Republic, 1928).[1]

Moby Dick fu tradotto in italiano per la prima volta nel 1930 dallo scrittore Cesare Pavese che non riuscì a farlo pubblicare. Solo nel 1932 l'editore Carlo Frassinelli lo fece stampare nella sua neonata casa editrice[4] come primo titolo della collana Biblioteca europea diretta da Franco Antonicelli. Del 1958 è la traduzione per UTET di Cesarina Minoli poi ripresa nel 1986 dagli Oscar Mondadori. Nel 2010, Giuseppe Natali ha pubblicato una nuova traduzione per UTET avvalendosi della Longman Critical Edition (a cura di John Bryant e Haskell Springer), che mette a confronto le due edizioni del 1851. A fine 2015, per Einaudi, è stata pubblicata la traduzione di Ottavio Fatica. Le versioni italiane hanno cercato di integrare le due differenti edizioni - inglese e statunitense - che differiscono per centinaia di varianti, più o meno importanti.

 
Herman Melville

Tornato a New York nell'autunno del 1844, e determinato ad affermarsi come scrittore, Melville pubblicò due racconti che furono bene accolti: Typee e Omoo, basati sul suo vagabondare sull'Oceano Pacifico che possono considerarsi l'anteprima del romanzo Moby Dick, pubblicato nel 1851, durante il periodo che è stato chiamato il Rinascimento americano, il quale vide la pubblicazione di opere letterarie come La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne (1850), La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe (1852) così come Walden (1854) di Henry David Thoreau e la prima edizione di Foglie d'erba di Walt Whitman (1855).

Due avvenimenti reali costituirono la genesi del racconto di Melville. Il primo è l'affondamento nel 1820 della baleniera Essex di Nantucket, dopo l'urto con un enorme capodoglio 3 200 km dalla costa occidentale del Sud America. Il primo ufficiale Owen Chase, uno degli otto sopravvissuti, riportò l'avvenimento nel suo libro del 1821 Narrazione del naufragio della Baleniera Essex di Nantucket che fu affondata da un grosso capodoglio al largo dell'Oceano Pacifico.[5]

Il secondo evento fu la presunta uccisione, attorno al 1830, del capodoglio albino Mocha Dick nelle acque al largo dell'isola cilena di Mocha. Si raccontava che Mocha Dick avesse venti o più ramponi conficcatigli nel dorso da altri balenieri e che sembrava attaccare le navi con una ferocia premeditata, come raccontò l'esploratore Jeremiah N. Reynolds, nel maggio 1839 sul The Knickerbocker.[6]

Sul modello dell'opera settecentesca Tristram Shandy di Laurence Sterne, demistificatore del romanzo, genere letterario più in voga ai suoi tempi, anche l'opera di Melville vuole essere fuori dagli schemi tradizionali narrativi: il contenuto enciclopedico e allo stesso tempo fortemente digressivo richiede che la lettura sia accompagnata dall'interpretazione, in quanto l'autore utilizza un gran numero di citazioni di storie epiche, shakespeariane, bibliche che rendono Melville quasi un precursore del modernismo, come quello in particolare di James Joyce.

In Moby Dick oltre alle scene di caccia alla balena, si affronta il dilemma dell'ignoto, del senso di speranza, della possibilità di riscattarsi che si può presentare da un momento all'altro. Alla paura e al terrore e alle tenebre, si affiancano lo stupore, la diversità, le emozioni che convivono insieme in questo romanzo di avventure: interiorizzando tutte le questioni, Melville vi profuse riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche - il dibattito sui limiti umani, sulla verità e la giustizia - e artistiche del narratore Ismaele, suo alter ego e una delle voci più grandi della letteratura mondiale, che trasforma il viaggio in un'allegoria della condizione della natura umana e al contempo in una parabola avvincente dell'imprudente espansione della giovane repubblica americana.[7]

Per il puritano Melville la lotta epica tra Achab e la balena rappresenta una sfida tra il Bene e il Male. Moby Dick riassume, inoltre, il Male dell'universo e il demoniaco presente nell'animo umano. Achab ha l'idea fissa di vendicarsi della balena che lo ha mutilato e a ciò si unisce una furia autodistruttiva: «La Balena Bianca gli nuotava davanti come la monomaniaca incarnazione di tutte quelle forze malvagie da cui certi uomini profondi si sentono rodere nell'intimo...» (trad. di Cesare Pavese).

Ma la balena rappresenta anche l'Assoluto che l'uomo insegue e non può conoscere mai:

«Ma non abbiamo ancora risolto l'incantesimo di questa bianchezza né trovato perché abbia un così potente influsso sull'anima; più strano e molto più portentoso, dato che, come abbiamo veduto, essa è il simbolo più significativo di cose spirituali, il velo stesso, anzi, della Divinità Cristiana, e pure è insieme la causa intensificante nelle cose che più atterriscono l'uomo!...[8]»

Quanto alla rappresentazione nel romanzo della natura, essa è un'entità tremenda e fascinosa (il mare, gli abissi) e può essere vista come esempio di Sublime romantico: lo spruzzo intermittente della balena è come un soffio potente per cui i marinai «non avrebbero potuto rabbrividire di più, eppure non provavano terrore, ma piuttosto un piacere....».[8]

In una lettera a Hawthorne, Melville definiva il suo romanzo come il "libro malvagio"[9] poiché il protagonista del racconto era il male, della natura e degli uomini, che egli però voleva descrivere senza rimanerne sentimentalmente o moralmente coinvolto.

Poiché l'edizione inglese mancava dell'Epilogo, che racconta la salvezza di Ishmael, sembrava che la storia fosse raccontata da qualcuno che si supponeva fosse perito. Il fatto fu riconosciuto da molti recensori britannici come una violazione delle regole delle opere di fiction e una seria pecca dell'autore.[10]

(EN)

«There she blows!-there she blows! A hump like a snow-hill! It is Moby Dick!»

(IT)

«Laggiù soffia! Laggiù soffia! La gobba come una montagna di neve! È Moby Dick!»

Il narratore, Ismaele, è un marinaio in procinto di partire da Manhattan. Nonostante «sia oramai piuttosto vecchio del mestiere» per le esperienze vissute nella marina mercantile, questa volta ha deciso che per il suo prossimo viaggio s'imbarcherà su una baleniera. In una notte di dicembre giunge così alla Locanda dello Sfiatatoio, presso New Bedford, accettando di dividere un letto con uno sconosciuto al momento assente. Quando il suo compagno di branda, un tatuatissimo ramponiere polinesiano chiamato Queequeg, fa ritorno a ora tarda e scopre Ismaele sotto le sue coperte, i due uomini si spaventano reciprocamente. Diventati presto amici, i due decideranno di imbarcarsi assieme dall'isola di Nantucket sulla Pequod, «...bastimento vecchio e inusitato... una nave della vecchia scuola, piuttosto piccola... Stagionata e tinta dalle intemperie di tutti e quattro gli oceani. Un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei suoi nemici» con le quali è stata adornata. La nave è equipaggiata da 30 marinai di ogni razza e provenienti da ogni angolo del pianeta.

È comandata da un inflessibile capitano quacchero, chiamato Achab, che sembra non essere sulla nave, descritto da uno degli armatori come «un grand'uomo, senza religione, simile a un dio», il quale «è stato all'università e insieme ai cannibali». Poco dopo, sul molo, i due amici s'imbattono in un misterioso uomo dal nome biblico di Elia che allude a future disgrazie che colpiranno Achab. Il clima di mistero cresce la mattina di Natale quando Ismaele vede delle oscure figure nella nebbia vicine al Pequod, che proprio quel giorno spiega le vele.

 
Moby Dick

All'inizio sono gli ufficiali della nave a dirigere la rotta, mentre Achab se ne sta rinchiuso nella sua cabina. Il primo ufficiale è Starbuck, anch'egli quacchero come Achab, che si dimostra serio e sincero oltre che un abile comandante; in seconda c'è Stubb, spensierato e allegro, sempre con la sua pipa in bocca; il terzo ufficiale è Flask, tozzo e di bassa statura e del tutto affidabile. Ciascun ufficiale è responsabile di una lancia con il proprio ramponiere.

Una mattina, qualche tempo dopo la partenza, finalmente Achab compare sul cassero della nave. La sua è una figura imponente e impressionante con una gamba che gli manca dal ginocchio in giù, rimpiazzata da una protesi realizzata con la mascella di un capodoglio. Achab svela all'equipaggio che il vero obiettivo della caccia è Moby Dick, un vecchio ed enorme capodoglio, dalla pelle chiazzata e con una gobba pallida come la neve, che lo ha menomato durante il suo ultimo viaggio a caccia di balene. Egli non si fermerà davanti a niente nel suo tentativo di uccidere la balena bianca. Il primo ufficiale Starbuck, che vorrebbe invece cacciare le balene e ritornarsene tranquillamente a casa, rifuggendo dall'odio e dalla vendetta, alla fine obbedirà al suo capitano.

Melville, intervenendo in prima persona, prova a dare una prima classificazione enciclopedica delle balene, dividendole in balene In-Folio, balene In-Ottavo e balene In-dodicesimo; si noti che l'autore definisce la balena come "un pesce che sfiata e con pinna orizzontale".

Durante la prima calata della lance per inseguire un gruppo di balene, Ismaele riconosce gli uomini intravisti nella foschia prima che il Pequod salpasse. Achab aveva in segreto portato con sé il proprio equipaggio, incluso un ramponiere chiamato Fedallah (a cui si fa anche riferimento come 'il Parsi'), un enigmatico personaggio che esercita una sinistra influenza su Achab al quale profeterà che la morte li colpirà assieme.

Il romanzo descrive numerosi "gam", incontri fra due navi in mare aperto[11] durante i quali per Achab c'è un'unica domanda che sempre pone all'equipaggio delle altre navi: «Avete visto la Balena Bianca?»

 
Queequeg

Quando il Pequod entra nell'Oceano Pacifico, Queequeg si ammala mortalmente e chiede al carpentiere della nave che gli venga costruita una bara, ma poi decide di continuare a vivere, e la bara diviene così la sua cassa portaoggetti che poi verrà calafatata e adattata per rimpiazzare il gavitello del Pequod.

 
Achab rampona Moby Dick

Da equipaggi di altre baleniere giungono notizie su Moby Dick. Il capitano Boomer del Samuel Enderby, che ha perso un braccio proprio a causa della balena, si stupisce di fronte al bruciante bisogno di vendetta di Achab. Dalla nave Rachele arriva una richiesta di aiuto per ricercare il figlio più giovane del capitano andato disperso con la sua barca durante un recente scontro con la balena bianca. Ma il Pequod adesso è davvero vicino a Moby Dick e Achab non si fermerà di certo per soccorrerli. Infine viene incrociata la Letizia mentre il suo capitano sta facendo gettare a mare un marinaio ucciso da Moby Dick. Starbuck, sentendo vicino il disastro, implora vanamente Achab per l'ultima volta di riconsiderare la sua sete di vendetta.

Il giorno dopo, il Pequod avvista Moby Dick. Per due giorni l'equipaggio insegue la balena, che infligge loro numerosi danni, compresa la scomparsa in mare del ramponiere Fedallah che al terzo giorno Moby Dick, riemergendo, mostra ormai morto avviluppato dalle corde dei ramponi. Conscio che il capodoglio che nuota lontano dal Pequod non cerca la morte dei balenieri, e che Achab è ossessionato dalla sua vendetta, Starbuck esorta un'ultima volta Achab a desistere, osservando che:

«Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu che insensato cerchi lei!»

Achab ignora per l'ennesima volta la voce della ragione e continua con la sua caccia sventurata. Poiché Moby Dick aveva danneggiato due delle tre lance che erano salpate per cacciarlo, l'imbarcazione di Achab è l'unica rimasta intatta. Achab rampona la balena, ma la corda del rampone si rompe. Moby Dick si scaglia allora contro il Pequod stesso, il quale, danneggiato gravemente, comincia ad affondare. Il capitano Achab rampona nuovamente la balena ma questa volta il cavo gli si impiglia al collo e, quando Moby Dick si immerge, viene trascinato negli abissi oceanici. Anche in punto di morte egli inveisce contro Moby Dick: «in nome dell'odio che provo, sputo su di te il mio ultimo respiro». La lancia viene quindi inghiottita dal vortice generato dall'affondamento della nave, nel quale quasi tutti i membri dell'equipaggio trovano la morte. Soltanto Ismaele riesce a salvarsi, aggrappandosi alla bara-gavitello di Queequeg, e dopo un intero giorno e un'intera notte viene fortunosamente recuperato dalla Rachele.

Personaggi

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Il Pequod e il suo equipaggio

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La nave con il suo equipaggio, destinati profeticamente alla morte, non solo è la protagonista del racconto di tutta la navigazione diretta alla caccia della balena, sia quando si ferma immobile, priva di vita, per l'assenza dei venti sia quando è squassata in tutte le sue strutture dalla tempesta, ma essa è anche il simbolo di un'avventurosa società americana multirazziale fiduciosa della forza che le proviene dalla comune volontà di vincere il male e progredire: «È la propaggine di una civiltà americana affascinata dalle proprie potenzialità di crescita e potenza. Dall’osservazione della vita sul Pequod Ismaele trae un’immensa varietà di significati: ... le ragioni e i limiti del vivere sociale; la possibilità di una comunione che travalichi le barriere religiose, razziali, sessuali; infine, i processi che determinano l’ascesa di un capo politico.»[12]

Il capitano Achab

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Capitano Achab.

Il capitano Achab è il protagonista assoluto della storia. La sua figura titanica ha un nome biblico: Ahab, nel Primo Libro dei Re (21: 26), è colui che «commise molti abomini, seguendo gli idoli». Egli guida l'equipaggio del Pequod nella folle impresa di caccia, ai quattro angoli dell'oceano, del bianco capodoglio, che ai suoi occhi ha le sembianze del biblico Leviatano. «Roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un'idea incurabile», Achab deve vendicarsi di Moby Dick che, aggredito, aveva reagito e gli aveva tranciato e divorato una gamba quando «.. venne allora che il corpo straziato e l'anima ferita sanguinarono l'uno nell'altra [e] ... Achab e l'angoscia giacquero coricati insieme nella stessa branda». Ai suoi occhi, il capodoglio è l'incarnazione del male, che egli insegue e persegue fino alla catastrofe.

Ismaele

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(EN)

«Call me Ishmael.»

(IT)

«Chiamatemi Ishmael.»

Ismaele è il narratore, unico sopravvissuto, ma non il protagonista dell'epico racconto, e così si presenta ai lettori: «Chiamatemi Ismaele» (Call me Ishmael). Il nome ha origine biblica, nella Genesi infatti Ismaele è il figlio ripudiato di Abramo e della schiava Agar, entrambi cacciati nel deserto dopo la nascita di Isacco. Sicché "Chiamatemi Ismaele" è come dire "Chiamatemi esule, vagabondo". Egli riassume in sé la voce di tutti gli orfani, i diseredati della terra, ossia la condizione creaturale di tutti gli uomini e le donne del mondo. Descrive poco di sé stesso: solo che ha le spalle larghe e che è newyorkese.

Moby Dick

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Moby Dick è descritta nel libro come una balena bianca con uno sfiatatoio enorme, la mandibola storta, i fianchi flagellati da ramponi e «tre buchi alla pinna di tribordo». L'animale è il punto di riferimento per ogni personaggio; la sua insolita bianchezza - ovvero assenza di connotazioni etiche - simboleggia l'inaccettabile indifferenza della natura nei confronti dell'uomo.[1] Una stranezza: il titolo del libro in lingua originale è Moby-Dick, ma poi in tutto il testo la balena è sempre chiamata Moby Dick, senza trattino. Sebbene la bestia sia distruttiva, potente e selvaggia, sono sorte più interpretazioni del personaggio di Moby Dick; alcuni credono che sia semplicemente un animale che agisce per puro istinto, ma il capitano Achab e molti balenieri lo considerano un'entità soprannaturale sapiente, pericolosa e malevola.[senza fonte]

Altri personaggi

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  • Queequeg è un gigante, nativo di una fittizia isola polinesiana chiamata Kokovoko o Rokovoko. Suo padre era un Gran Capo, un Re; suo zio un Gran Sacerdote. È il primo personaggio importante incontrato da Ismaele nella Locanda dello Sfiatatoio. Sul Pequod sarà il primo ramponiere. Descritto con curiosità e rispetto da Ismaele, non si separa mai da Yojo, il suo piccolo idolo che egli venera come una divinità. È protagonista di alcuni atti eroici tra cui il salvataggio di Tashtego che stava per morire dopo essere precipitato nella testa di un capodoglio morto dal quale si stava estraendo lo spermaceti.
  • Starbuck è il primo ufficiale del "Pequod", nativo di Nantucket. Quacchero, viene descritto fisicamente come alto e magro, e di carattere severo e coscienzioso. Egli è «l'uomo più cauto che si possa trovare nella baleneria», prudente ma non codardo, sarà uno dei più riluttanti ad assecondare il folle piano di Achab. Come tutto l'equipaggio perisce in mare dopo un ennesimo tentativo di uccidere la balena bianca.
  • Stubb è il secondo ufficiale, nativo di Capo Cod, descritto come un uomo allegro e spensierato, apparentemente indifferente ad ogni pericolo e minaccia, collezionista e fumatore di pipe.
  • Flask è il terzo ufficiale, nativo di Tisbury, un giovane tozzo e rubicondo, baleniere intrepido benché poco sensibile al fascino del mare.
  • Tashtego è il secondo ramponiere, un risoluto guerriero indiano nativo del "Capo Allegro", originariamente terra di guerrieri-cacciatori, che ora forniva a Nantucket molti dei suoi più audaci ramponieri.
  • Daggoo è il terzo ramponiere, «un gigantesco negro selvaggio», imbarcatosi spontaneamente da giovane su una nave baleniera dal suo villaggio nativo in Africa.[13]
  • Pip, abbreviazione di Pippin, un nero di piccola statura, suonatore di tamburello: è un ragazzo schiavo latitante, marinaio un po' stralunato e goffo; durante gli inseguimenti alle balene inevitabilmente finisce in mare e quando per la seconda volta accade viene abbandonato nell'oceano e ripescato solo molte ore dopo, completamente impazzito. Emarginato dall'intero equipaggio, viene invece accolto da Achab, che lo sente suo simile nella follia.
  • Fedallah è un misterioso asiatico (Parsi) dai capelli a turbante, che sembra legato come un'ombra ad Achab da un influsso quasi telepatico: sarà lui a predire con una strana profezia la fine di entrambi.
  • Lana Caprina è il cuoco di bordo che viene schernito da Stubb durante la cena a base di pinna di balena.

Il viaggio del Pequod

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«Ora, il Pequod era salpato da Nantucket proprio all'inizio della Stagione Equatoriale. Nessuna impresa al mondo avrebbe pertanto consentito al suo capitano di compiere la grande traversata verso sud, di doppiare Capo Horn, e poi, risalendo a nord per sessanta gradi di latitudine, di giungere in tempo nel Pacifico equatoriale per battere le sue acque. Egli avrebbe dunque dovuto attendere la stagione successiva. Nondimeno, la partenza prematura del Pequod forse era stata scelta segretamente da Achab proprio in considerazione di questo insieme di cose. Infatti, egli aveva innanzi a sé un'attesa di trecentosessantacinque giorni e altrettante notti, e invece di passarla a terra soffrendo impaziente, avrebbe impiegato quel lasso di tempo in una caccia mista, nel caso in cui la Balena Bianca, trascorrendo le vacanze in mari molto lontani dai suoi periodici siti di alimentazione, avesse mostrato la sua fronte rugosa al largo del Golfo Persico, o nella Baia del Bengala, o nei Mari della Cina, o nelle altre acque frequentate dalla sua specie. E così i monsoni, i pamperi, i maestrali, gli harmattan, gli alisei, tutti i venti, insomma, tranne il levante e il simun, avrebbero potuto sospingere Moby Dick entro il cerchio tracciato dalla scia del Pequod, nel suo tortuoso zigzagare per il mondo.»

Dunque il capitano Achab non doppia Capo Horn, ma il Capo di Buona Speranza: si dirige dunque a Sud, poi a Est, raggiungendo l'Oceano Pacifico attraverso l'Oceano Indiano.

Filmografia

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Riferimenti nella cultura di massa

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Il romanzo di Melville ha notevolmente influenzato gli autori successivi e ha generato innumerevoli citazioni in opere successive.

Fumetti e animazione

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  • Moby Duck è un personaggio della Disney ispirato al romanzo; appare in Paperino con Moby Duck (sulla scia d'una balena).
  • Nella serie a fumetti Bone di Jeff Smith sono presenti vari riferimenti (spesso parodistici) al romanzo.
  • Nel manga e anime One Piece la Moby Dick è il nome della più grande nave della flotta di Barbabianca, uno dei più forti pirati di tutto il manga.
  • Nel 2013 viene pubblicata sul settimanale Topolino una parodia in due puntate scritta da Francesco Artibani e disegnata da Paolo Mottura in cui Paperino e Paperon de Paperoni vestono i panni di Ismaele e del capitano Achab.
  • Nell'anime Sampei vi è un riferimento al romanzo quando il protagonista s'imbatte in un pescatore che si fa chiamare, appunto, Capitano Achab, e il cui obiettivo è catturare Spada del Diavolo, un pesce spada (o marlin) che gli ha portato via una gamba (e che nell'anime prende il posto del cetaceo).
  • Il videogioco Metal Gear Solid V: The Phantom Pain contiene numerosi riferimenti nella trama e nei personaggi al romanzo di Meville. Nelle prime fasi del gioco viene assegnato lo pseudonimo di Ahab (refrain di Achab) al protagonista che viene soccorso da un personaggio che vuole farsi chiamare Ishmael e che durante le missioni usa un elicottero da estrazione chiamato Pequod.
  • Nell’undicesimo capitolo della serie di libri per ragazzi Una serie di sfortunati eventi di Lemony Snicket, i protagonisti vestono con delle tute da palombaro con il ritratto di Herman Melville stampato sopra. Queeqeg è anche il nome del sottomarino dentro il quale si svolgono la maggior parte delle vicende narrate e che viene successivamente citato da vari protagonisti nel corso della storia.
  • Nella Lectio magistralis per il Nobel Letteratura 2016, Bob Dylan ha ampiamente citato "Moby Dick" come uno dei suoi capisaldi di formazione e riferimento.[15]
  • Il racconto Achab e Ismaele di Sergio Calzone (96, Rue de-La-Fontaine Edizioni, Torino 2017) costruisce un'ideale continuazione del romanzo di Melville.
  • La catena Starbucks prende il nome dal primo ufficiale di coperta del Pequod; i fondatori avevano preso in considerazione anche di utilizzare il nome della nave.[16]
  • Nel film The Whale (2022) di Darren Aronofsky, tratto dall'omonima opera teatrale di Samuel D. Hunter è citato più volte il romanzo.[17]

Edizioni italiane

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  • Moby Dick ovvero la Balena, versione integrale a cura di Cesare Pavese, Collana Biblioteca europea n.2, Torino, Frassinelli, 1932, pp. 884 (2 volumi), ISBN non esistente.
  • Moby Dick ovvero la Balena, traduzione di Cesare Pavese riveduta e migliorata, Torino, Frassinelli, 1941, pp. 892 (2 volumi). - Milano, Adelphi, 1987-2023.
  • Moby Dick o la balena bianca (2 voll.), introduzione, trad. e note a cura di Cesarina Melandri Minoli, Collezione I Grandi Scrittori Stranieri n.230, Torino, UTET, 1958. - Introduzione di Ruggero Bianchi, UTET, Torino, 1982.
  • Moby Dick (2 voll.), traduzione di e introduzione di Nemi D'Agostino, Collana Garzanti per tutti: I grandi libri, Milano, Garzanti, 1966.
  • Moby Dick, traduzione di Renato Ferrari, Introduzione di Clavio Ascari, Collana dei grandi narratori n.XLIX, Novara, Club del Libro, 1969. - Introduzione di Claudio Gorlier, Collana Tesori della Narrativa Universale, De Agostini, Novara, 1982, 2 voll., pp. 619.
  • Moby Dick (2 voll.), traduzione di Pina Sergi, Firenze, Sansoni, 1972. - Con un saggio di Harold Bloom, BUR, Milano, 2004; Con le illustrazioni di Rockwell Kent, Collana Classici deluxe, BUR, 2015, ISBN 978-88-17-08090-3.
  • Moby Dick ovvero La balena, traduzione di Cesarina [Melandri] Minoli, revisione della traduzione e note di Massimo Bacigalupo, Introduzione di Fernanda Pivano, Collana Oscar Classici n.86, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1986, p. 723, ISBN 88-04-28372-6. - Con un saggio di Harold Bloom, Collana Grandi Classici, Mondadori, Milano, 2004-2017, ISBN 978-88-04-52516-5.
  • Moby Dick, traduzione di Ruggero Bianchi, cura e saggio introduttivo di Ruggero Bianchi, Collana Grande Universale. Letture, Milano, Mursia, 1996, pp. 532, ISBN 978-88-42-51916-4. - Con illustrazioni di Paul Durand, Mursia, 2007, ISBN 978-88-42-53869-1.
  • Moby Dick, traduzione di Lucilio Santoni, Collana Ennesima, Rimini, Guaraldi, 1995. ISBN 978-88-80-49046-3. - Collana Stelle dell'Orsa Maggiore, Torriana, Orsa Maggiore, 1995; Collana I Grandi, Santarcangelo di Romagna, Rusconi, 2004, ISBN 978-88-18-01694-9 - Rusconi, 2021, ISBN 978-88-18-03656-5; Collana I grandi classici, Liberamente, 2019, ISBN 978-88-631-1437-9.
  • Moby Dick, ovvero la Balena, traduzione e cura di Pietro Meneghelli, Roma, Newton Compton, 1995-2017.
  • Moby Dick o la balena, traduzione di Bernardo Draghi, Collana I Classici Classici, Milano, Frassinelli, 2001.
  • Moby Dick, traduzione di Lara Fantoni, Introduzione di Vito Amoruso, Collana I Grandi Romanzi dell'800. La Biblioteca di Repubblica, Roma, Gruppo L'Espresso, 2004.
  • Moby Dick, traduzione e cura di Alessandro Ceni, Collana UEF. I Classici n.2194, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 689, ISBN 978-88-07-82194-3.
  • Moby-Dick o La Balena, traduzione e cura di Giuseppe Natale, Collana Letterature, Torino, UTET, 2010, pp. L-938, ISBN 978-88-02-08159-5.
  • Moby Dick, traduzione di Bianca Gioni, Collana Classici tascabili n.65, Milano, Dalai Editore, 2011, ISBN 978-88-6073-974-2.
  • Moby Dick, traduzione di Alberto Rossatti, Il Narratore, 2013, ISBN 978-88-681-6057-9.
  • Moby Dick, traduzione di Ottavio Fatica, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, 2015, ISBN 978-88-06-21186-8. - Con uno scritto di Mario Vargas Llosa e un saggio di D. H. Lawrence, Collana ET Classici, Einaudi, 2016, ISBN 978-88-062-3009-8.
  1. ^ a b c https://www.ilsole24ore.com/art/la-sensibilita-balena-AC7jNMa?refresh_ce=1
  2. ^ Cristina Taglietti, «Non chiamatelo Ismaele. Trasposizioni. I segreti e le soluzioni della nuova versione del capolavoro di Melville pubblicato da Einaudi», domenica 8 novembre 2015, «La Lettura, Corriere della Sera», p.16
  3. ^ Luigi Sampietro, «Reinventare Moby Dick», Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2016
  4. ^ "Frassinelli", a cura di Antonella Fiori, in Storia dell'editoria d'Europa, Shakespeare & Company Futura, Firenze, 1995
  5. ^ Nathaniel Philbrick, In the Heart of the Sea: The tragedy of the whaleship Essex, 2005.
  6. ^ D. Graham Burnett, Trying Leviathan: The Nineteenth-Century New York Court Case That Put the Whale on Trial and Challenged the Order of Nature, Princeton University Press, 2010 p.130, nota 66
  7. ^ Il Pequod rappresenta l'America così come i 30 membri dell'equipaggio - una mistura di razze e fedi - rappresentano i 30 stati facenti parte all'epoca dell'Unione: «la nave e il suo equipaggio diventano un microcosmo della società americana» (in BIBLIOTECA MULTIMEDIALE "GIUSEPPE LESCA")
  8. ^ a b Op. cit.
  9. ^ «Ho scritto un libro malvagio e mi sento innocente come un agnello;» (Lettera a Nathaniel Hawthorne, 17 novembre 1851, in The Portable Melville, a cura di J. Leyda, Penguin, Harmondsworth 1978, p. 453.)
  10. ^ David Herbert Lawrence, «Classici americani», Adelphi, 2009, Cap.XI nota 5
  11. ^ «GAM. Sostantivo. Un incontro amichevole di due (o più) baleniere, di solito in zona ... lance: mentre, nel frattempo, i due capitani restano a bordo di una delle navi,» Gli equipaggi di norma si fanno visita reciprocamente. Avvengono spesso scambi di lettere, nel caso una nave abbia della corrispondenza per qualche membro dell'altra imbarcazione, e gli uomini possono inoltre parlare di avvistamenti di balene o di altre notizie. (Herman Melville, Moby Dick, Adelphi)
  12. ^ Riccardo Capoferro, Enciclopedia dei ragazzi Treccani alla voce "Melville, Herman"
  13. ^ In alcuni testi anche "Deggu" (Enciclopedia dei ragazzi, Volume 11, Arnoldo Mondadori Editore, 1968, p.472) o "Dagoo" (Paolo Gulisano, Fino all'abisso. Il mito moderno di Moby Dick, Ancora editrice, 2013
  14. ^ Roberto Vecchioni, Canzone per Sergio
  15. ^ Bob Dylan - Lectio magistralis
  16. ^ Shmoop, su shmoop.com. URL consultato il 13 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2019).
  17. ^ Davide "Shea" Mancini, The Whale - La recensione, su IGN Italia, 22 settembre 2022. URL consultato il 29 settembre 2022.

Bibliografia

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  • Rotte di lettura attorno a "Moby Dick", Genova, Marietti-Teatro di Genova, 1992.
  • Bianchi, Ruggero, Invito alla lettura di Melville, Milano, Mursia, 1997.
  • Perosa, Sergio (a cura di), Le traduzioni italiane di Herman Melville e Gertrude Stein, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, 1997.
  • Stella, Maria, Cesare Pavese traduttore, Roma, Bulzoni, 1977.

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